Vince Gilligan sulle origini di El Camino e il debito nei confronti di Stephen King

Vince Gilligan sulle origini di El Camino e il debito nei confronti di Stephen King
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Nella stessa intervista in cui ha definito El Camino un film non necessario, il regista e sceneggiatore Vince Gilligan ha parlato anche di tanti altri argomenti, dal debito nei confronti di Stephen King alle origini del film per Netflix.

A proposito della relazione tra Breaking Bad, Better Call Saul e El Camino, l'autore ha dichiarato:

"El Camino esiste nel grande universo di Breaking Bad allo stesso modo di Better Call Saul, perché tutto si adatta molto bene. Ma non è necessario, così come Better Call Saul non è necessario per Breaking Bad, Breaking Bad non è necessario per Better Call Saul, e questo film non è necessario per nessuno dei due. Esistono tutti insieme in un quadro molto più ampio. Possono essere gustati separatamente, ma probabilmente in quel modo non otterrai l'esperienza completa. Hanno un effetto cumulativo se visti tutti insieme. Questo film forse in misura minore rispetto agli altri due funziona, ma funziona da solo. Eppure, penso che puoi guardarlo anche se non hai mai visto nessuno dei programmi televisivi. Alla fine, non c'è molto da capire: si parla di un ragazzo che è stato prigioniero e ora è in fuga, sia fisicamente che dal proprio passato. Come farà? Riuscirà a non farsi beccare? Detto questo, non avendo visto Breaking Bad rischi di perdere molti dettagli: perché è in quella fossa? Chi è questo pazzo ragazzo biondo che sembra trattarlo in modo molto educato e tuttavia lo sta tenendo prigioniero? È sicuramente un'esperienza più profonda e ricca se accompagnata con Breaking Bad."

Sulle origini di El Camino, ha aggiunto:

"Avevo avuto l'idea già parecchio tempo fa. Mentre stavo scrivendo l'episodio finale di Breaking Bad, non ho potuto fare a meno di chiedermi: dove sta andando Jesse? A quel tempo, ho pensato: 'Non importa davvero. Voglio credere che andrà in un posto migliore. Se ne andrà e basta.' Ma man mano che i mesi e gli anni passavano, mi ritrovai a sognare ad occhi aperti: 'Beh, come ha fatto ad andarsene esattamente?' È un ragazzo di strada piuttosto esperto, ma non è Walter White. Non è Gustavo Fring. Non è un genio criminale. Come farà? Volevo che la sua storia restasse un mistero, che fosse lo spettatore ad immaginarla, ma col passare del tempo mi è tornata la voglia di rivisitare quel modo. In secondo luogo, cerco sempre una scusa per lavorare con Aaron. Ci siamo sentiti per sei anni. È un piacere lavorare con un attore così meraviglioso. Quando è arrivato il decimo anniversario dello show l'anno scorso, ho iniziato a pensare: 'Forse otteniamo un po' di soldi dalla Sony e facciamo un mini-episodio. Lo chiameremo 63, come fosse il 63esimo episodio. All'inizio era lungo qualcosa come 15 o 20 minuti, poi si è trasformato rapidamente in un episodio da un'ora, e infine in un film da due ore. Non conviene granché riunire un'intera troupe per raccontare un'ora di storia."

Gilligan ha anche spiegato perché si sente in debito con Stephen King:

"Il mio processo creativo, per quanto riguarda la scrittura di una sceneggiatura, deriva molto dal lavoro di Stephen King. Non l'ho mai incontrato, ma sono un fan dei suoi romanzi da sempre e ho letto anche quel suo ottimo manuale sulla scrittura [On Writing, ndr], e se non ricordo male in un passaggio diceva che le persone amano leggere di altre persone che fanno il proprio lavoro. Mi è sempre rimasta dentro quella frase: se stai leggendo un libro su uno scienziato forense, vuoi vedere il personaggio sul posto di lavoro, vuoi vederlo fare quello che fa e hai una sorta di rilevatore di cazzate incorporato. Se stai leggendo di un pilota di linea aerea o di un Navy SEAL o del Presidente degli Stati Uniti, puoi capire se le cose che stai leggendo e che quel personaggi fa sono state inventate o meno. Ma se la persona che scrive di quel personaggio ha fatto i compiti a casa e ha raggiunto un livello abbastanza preciso, allora sarà interessante scoprire come il protagonista svolge il suo lavoro. Forse sono andato un po' oltre quello che diceva Mr. King nel suo libro, ma sono sempre rimasto fedele a questo concetto: l'idea che puoi mostrare agli spettatori il processo lavorativo dei tuoi personaggi, passare dalla A alla B e infine alla Z, fino al più infinitesimale dei dettagli. Penso che tendiamo a dimenticarlo come narratori. 'Oh, dobbiamo arrivare alla prossima esplosione', oppure, come amano dire i dirigenti dei network, 'Devi tagliare tutte le piccole cose noiose e mostrare solo le fasi salienti.' Ma non puoi avere un sovraccarico di climax, quindi le piccole cose mantengono alto l'interesse per le grandi cose. Nel caso di El Camino, se sei Jesse Pinkman, come farai ad uscire da una Dodge con gli sbirri e tutti gli altri che ti cercano? Avrai bisogno di soldi per farlo, e come otterrai quei soldi? Per me quel puzzle che lui deve risolvere in brevissimo tempo è la cosa più interessante."

Infine, la sua passione per i western esplicitata nel duello mostrato nel film:

"Non posso farci niente, io adoro i western. Ho pensato, perché no? Facciamo un duello vecchio stile. Sembrava che fosse il momento giusto. Il personaggio di Neil, il cattivo, si è sentito contestare il proprio orgoglio e la propria virilità dal suo amico Casey. Ha il naso pieno di coca ed è incazzato nero. Quindi vuole dimostrare a tutti di essere un duro. Ed è l'ultimo errore che commetterà."

Per altri approfondimenti vi rimandiamo alla recensione di El Camino.