Recensione Unfriended

Una conversazione in multi chat con qualcuno che potrebbe rivelare brutte sorprese rappresenta la nuova frontiera dell'horror in salsa found footage sotto la regia del russo Leo Gabriadze.

Recensione Unfriended
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È la stessa Blumhouse Productions cui dobbiamo i fortunati franchise Paranormal activity e Insidious a sfornare Cybernatural, che, prodotto dal russo Timur Bekmambetov - autore di Wanted - Scegli il tuo destino (2008) e La leggenda del cacciatore di vampiri (2012) - e diretto dal connazionale Leo Gabriadze, regista della commedia Lucky trouble (2011), interpretata da Milla Jovovich, approda in Italia con il titolo Unfriended.
Titolo volto a richiamare in maniera evidente l'universo dei "giri di amicizie" all'interno dei social network divenuti autentici punti di ritrovo e discussione nell'era di Internet, in quanto è proprio su essi che si concentra la oltre ora e venti di visione, comprendente nel cast la Renne Olstead di 30 anni in 1 secondo (2004), Will"In time"Peltz, Jacob"Voices"Wysocki, Courtney Halverson, la Shelley Hennig di Ouija (2014) e i televisivi Moses Storm e Matthew Bohrer.
Perché tutto prende il via dal suicidio della giovane Laura Barns alias Heather Sossaman mostrato in un video pubblicato su YouTube; tragedia avvenuta un anno prima che, durante una conversazione notturna in chat, sei amici del liceo comincino a ricevere messaggi su Skype inizialmente accomunabili ad uno scherzo, ma che sembrerebbero essere inviati, a lungo andare, proprio dalla defunta.

Parasocial activity


E, tra videochiamate e messaggi scritti, non mancano neppure notifiche e post su Facebook man mano che, quello che non può fare a meno di ricordare, inizialmente, l'idea alla base di Pulse (2001) di Kiyoshi Kurosawa, intraprende il suo originalissimo percorso nel rivelarsi interamente raccontato dal desktop di un computer.
Desktop la cui inquadratura fissa, destinata ad occupare l'intera pellicola, spinge sicuramente a storcere il naso coloro che sono in cerca di un film dell'orrore ordinario, ma che, in fatto di tecnica di narrazione su schermo, finisce per rappresentare uno stratagemma decisamente innovativo.
Del resto, ridefinendo il concetto di soggettiva da found footage attraverso il ricorso alle diverse finestre della chat aperte e volte, in un certo senso, ad incarnare una sorta di evoluzione dell'utilizzo dello split screen, non si contribuisce altro che ad attualizzare, nell'epoca delle immagini digitali e dei possibili ritocchi in CGI, il procedimento che, agli albori della Settima arte, consentiva il cinema solo come unica ripresa dello svolgimento di un evento (ricordate L'arrivée d'un train en gare de La Ciotat di Auguste e Louis Lumière ?).
Con la fondamentale differenza che, mentre in quei casi si trattava di brevi filmati costituiti da situazioni reali, qui siamo nell'ambito di un lungometraggio caratterizzato dal gettonatissimo look di finto documentario che ha provveduto a fare la fortuna di The Blair witch project - Il mistero della strega di Blair (1999) e derivati.
Lungometraggio che, con le uccisioni dei vari protagonisti poste nella sua seconda parte, rischia di annoiare lo spettatore desideroso di facili brividi a buon mercato, rivelandosi, invece, non poco interessante per quanto riguarda il forte (retro)gusto di esperimento psico-sociale d'inizio terzo millennio.
Infatti, non solo la tensione sale contemporaneamente all'emersione di ciò che lega i diversi naviganti in scena alla morte della ragazza di cui sopra, ma, in mezzo a segreti e bugie, prende forma una vera e propria analisi dei comportamenti (dis)umani nel sempre più cinico periodo storico della rete telematica.
Un aspetto profondamente legato alla realtà e che, di conseguenza, può rendere maggiormente innocuo, al confronto, un qualsiasi Freddy Krueger o Jason Voorhees... tanto più che è l'isterismo trapelante dalle stressanti multi chat ad essere trasmesso efficacemente dall'insieme.

Unfriended Con attori decisamente convincenti e l’unica ripresa del desktop di un computer in cui avviene una conversazione in multi chat, attraverso Unfriended di Leo Gabriadze la Blumhouse Productions rinnova in maniera originale il concetto di found footage che ha fatto la fortuna di Paranormal activity (2007) e derivati. Chi si aspetta il classico horror per teen-ager rischia di annoiarsi e rimanere deluso, mentre ci troviamo dinanzi ad un innovativo esperimento psico-sociologico da grande schermo che, capace di regalare tensione e spaventi narrando il tutto attraverso le finestre della chat, difficilmente potrebbe avere eguali.

6.5

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