Steven Spielberg: i migliori film per capire il suo cinema, da Lo squalo a The Post

Steven Spielberg: i migliori film per capire il suo cinema, da Lo squalo a The Post
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Steven Spielberg nasce, cinematograficamente parlando, nel pieno della cosiddetta generazione dei 'movie brats', i nuovi 'ragazzacci del cinema americano', formatisi nelle prime università di cinema, appassionati di film ed esperti delle correnti internazionali, prima fra tutte la Nouvelle Vague.

A differenza dei colleghi contemporanei come Francis Ford Coppola, Michael Cimino e Martin Scorsese, ma anche Brian De Palma e Terence Malick - tutti autori dei quali parleremo prossimamente, non temete - Spielberg fin a subito arriva ad Hollywood con un'idea di cinema di grande spettacolo, un cinema dello sguardo tanto costoso quanto coinvolgente. Soprattutto grazie ai suoi film la crisi degli incassi che aveva spaventato Hollywood tra la fine degli anni '60 e gli anni '70 venne letteralmente spazzata via dalla nascita del blockbuster, la cui stagione venne inaugurata da Lo squalo, il primo capolavoro di Spielberg dopo l'esordio tv con Duel. A questi seguì il fantascientifico Incontri ravvicinati del terzo tipo e immediatamente dopo Indiana Jones e i predatori dell'arca perduta (ribattezzato così solo successivamente), un trittico di film imprescindibili oggi considerati superficialmente dei cult ma già allora categorici nella formazione di uno stile personalissimo e destinato a fare la storia.

A partire da questi film e lungo tutta la sua carriera, Steven Spielberg si è dimostrato il fautore di un nuovo immaginario hollywoodiano, fondato sul cinema classico e sulle mega-produzioni della prima Hollywood, per tutta la famiglia e trasversale nell'industria cinematografica (in qualità di produttore e fondatore di Amblin e DreamWorks, l'attenzione a trasformare i suoi film in 'opere-evento' che fossero anche redditizi a livello commerciali era altissima) ma sempre interessate alla forza dello sguardo e al piacere di guardare, di scoprire, di esplorare con gli occhi: un'estasi del vedere che viene prolungato dai leggeri movimenti di macchina che sottolineano i momenti salienti dei suoi film e stuzzicano l'attesa della meraviglia prima di manifestarsi ed esplodere letteralmente nel cosiddetto 'primo piano alla Spielberg-face', ovvero quell'espressione di stupore nella quale Spielberg coglie sempre i suoi protagonisti e che riflette quella del pubblico dei suoi film (titoli fondati su questo 'sentimento' sono anche Jurassic Park e Minority Report, un'opera nella quale gli occhi sono ovunque e il vedere si spinge addirittura oltre il tempo).

La spettacolarità spielberghiana non retrocede neanche di fronte alla Storia, e al fianco della produzione più ricercatamente fantasy l'autore, a partire dagli anni '80, si appassiona anche alla messa in scena di avvenimenti più o meno noti e/o importanti della storia americana: film come Schindler's List e il più recente The Post, ma anche lo spy-movie Il ponte delle spie, sembrano voler mettere in risalto la ciclicità della Storia proponendo all'attualità fatti di ieri che possano rispecchiarsi nell'oggi, non necessariamente per uno scopo didattico ma quasi 'esorcizzante' nei confronti della contemporaneità.

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