Sette anni in Tibet, quando Brad Pitt divenne "persona non grata" in Cina

Sette anni in Tibet, quando Brad Pitt divenne 'persona non grata' in Cina
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Questa sera su La7 torna in onda Sette anni in Tibet, pellicola del 1997 diretta da Jean-Jacques Annaud che racconta il viaggio spirituale dello scalatore austriaco Heinrich Harrer sullo sfondo di un affresco storico-culturale del Tibet, prima dell'invasione della Cina avvenuta negli anni '50.

Basato su una storia vera, il film termina con una serie di postille che hanno mandato su tutte le furie il governo della Repubblica Popolare Cinese. "Un milione di tibetani sono morti a causa dell'occupazione cinese del Tibet. Sei mila monasteri furono distrutti" si legge in uno di questi. Oppure un altro recita: "Nel 1959, il Dalai Lama fu costretto a fuggire in India, dove viva ancora oggi cercando di promuovere una risoluzione pacifica con i cinesi. Nel 1989 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Pace."

Con l'accusa di rappresentare intenzionalmente i militari cinesi come rudi e violenti nei confronti dei tibetani, il Partito Comunista decise non solo di bandire Sette anni in tibet dalla distribuzione nelle sale, ma dichiarò il regista, Brad Pitt (interprete del protagonista) e la co-star David Thewlis (Peter Aufschnaiter) "persone non grate" e li invitò a non mettere più piede nel paese.

Con grande sorpresa, tuttavia, passati diversi anni ad Annaud è stato permesso rientrare in Cina per realizzare il suo ultimo film, L'ultimo lupo, basato sul romanzo autobiografico Il totem del lupo di Jiang Rong, mentre l'ostracismo nei confronti di Pitt è terminata nel 2014, quando la star è sbarcata a Shanghai in compagnia della moglie Angelina Jolie, mantenendo però un basso profilo.

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