Robert Yeoman parla del suo lavoro come direttore della fotografia per Wes Anderson

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In un’intervista pubblicata recentemente sul Telegraph, Robert Yeoman, lo storico direttore della fotografia di Wes Anderson, ha avuto modo di parlare della lunga collaborazione con il regista texano, dai tempi di Bottle Rocket fino a Grand Budapest Hotel.

La parte più bella del lavorare con lui – ha esordito Yeoman – è il fatto di riuscire sempre ad arrivare dove vogliamo, di ottenere questa o quella inquadratura”. Prima dell’incontro con Anderson, Yeoman si era fatto notare per il suo lavoro in Drugstore Cowboy di Gus Van Sant e in Vivere e morire a Los Angeles di William Friedkin, non certo due registi qualunque.

Il regista texano ha raccontato di aver scritto personalmente una lettera a Yeoman per chiedergli se avesse voluto lavorare con lui al suo primo film, Bottle Rocket. Yeoman allora guardò il corto su cui il film era basato e lesse lo script; si convinse subito ad accettare il lavoro. “Non avendo mai grato un film, sia Anderson che Owen e Luke Wilson erano di sicuro una sorpresa, ma avevano un’idea precisa in mente del film che volevano realizzare e io ero lì ad aiutarli a facilitare il compito”.

Nel corso dell’intervista, Yeoman passa in rassegna alcune curiosità del suo lavoro anche sugli altri cinque film in cui ha collaborato con Wes Anderson. Su Rushmore: “Avevamo Bill Murray, che era un bel colpo di casting per lui. Penso che la tela fosse un po’ troppo grande per noi, in molti modi, e credo che la comprensione del mezzo da parte di Wes fosse già balzata a un altro livello. È lì che ho sentito che Wes aveva raggiunto un luogo tutto suo”. Su I Tenenbaum: “Abbiamo abbracciato l’idea di girare per la città senza mostrare tutti i suoi luoghi più famosi o riferirci ad essa come New York City. Tant’è che dopo che il film uscì nelle sale molta gente ci chiedeva dove avessimo girato”.

Su Le avventure acquatiche di Steve Zissou: “Le cose ti sfuggono spesso di mano quando devi girare in mare, il ché corrisponde a molta frustrazione da parte mia, perché devi ottenere certe inquadrature mentre sei su una barca e devi tenerti in una determinata posizione con la luce al punto giusto o che speri sia in quel punto e poi durante le riprese la barca fa un sobbalzo e la luce improvvisamente non è più dove speravi fosse”. Su Il treno per il Darjeling: “A Wes piace allontanarti dalla tua comfort zone, e qualche volta sei messo in situazioni molto difficili. Quando abbiamo girato il film, eravamo su un treno e lui insisteva sul fatto che il treno avesse sempre dovuto essere in movimento. Abbiamo dovuto girare su un vero treno e non su un set, così questo comportava una serie di problemi logistici”.

Su Grand Budapest Hotel: “C’era un vecchio edificio vuoto a Gorlitz, in Germania, di cui nessuno si occupava all’epoca, così andammo a visitarlo ed era composto da cinque piani e c’era un bellissimo panorama dal tetto. Era il posto perfetto, perché vi piazzammo anche gli uffici della produzione e gli addetti ai costumi e le camere ai due piani superiori, gli altri piani in pratica divennero il nostro hotel”.

Wes Anderson tornerà sugli schermi il 23 marzo con L’isola dei cani, che verrà presentato in anteprima a Berlino, e la cui fotografia sarà curata da Tristan Oliver, il quale si era già occupato del precedente film in stop-motion del regista, Fantastic Mr. Fox.