James Gunn rompe il silenzio sul licenziamento e successivo reintegro alla Disney

James Gunn rompe il silenzio sul licenziamento e successivo reintegro alla Disney
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I latini ci hanno insegnato che ripetere non fa mai male. La scorsa estate, dopo alcuni spiacevoli ma ironici tweet riportati alla luce da diversi esponenti dell'altright americano, James Gunn è stato licenziato dal Presidente della Disney, Alan Horn, per poi essere reintegrato pochi mesi dopo.

Questa la storia davvero in breve, ma quello che ha scatenato nel corso di tutto il mese estivo e poi autunnale del 2018 è ben lungi da essere breve, visto che ha creato un polverone mediatico legato essenzialmente alla mossa politica dell'altright contro Gunn, detrattore di Trump, e al diritto di cambiare o ironizzare su argomenti per molti ancora oggi taboo.

Fortunatamente, dopo alcuni incontri e parole di scusa, Alan Horn ha scelto di fare marcia indietro e reintegrare James Gunn alla regia di Guardiani della Galassia Vol. 3, anche se l'autore dovrà prima concludere il lavoro con l'annunciato e atteso The Suicide Squad. Parlando ora con Deadline, proprio James Gunn ha voluto rompere il silenzio su tutta questa situazione, parlando anche delle lezioni imparate.

Ve la riporteremo integralmente, vista l'importanza della storia e l'affetto nei confronti del regista, e vi invitiamo a leggerla perché piena di aneddoti interessanti e pensieri condivisibili, in una posizione matura e intelligente di Gunn, che non incolpa nessuno se non se stesso. Eccola.

DOMANDA: Come hai reagito quando Alan Horn ti ha richiamato per dirigere Guardiani della Galassia Vol. 3?

JAMES GUNN: "Stavo per sedermi e parlare dello sviluppo di The Suicide Squad con la DC ed ero entusiasta. Alan mi ha chiesto di incontrarci e parlare. Lo reputo un brav'uomo e penso che mi abbia reintegrato alla regia del film perché era la cosa più giusta da fare. Lo conoscevo già un po', tornando con la mente ai film di Scooby-Doo, e l'ho sempre ammirato. Sono stato toccato dalla sua compassione. Si dice che ad Hollywood siano tutti spietati: è vero per una parte del settore, ma esistono anche persone realmente molto buone. Mi ha sempre affascinato riuscire a trovare questa bontà in posti inaspettati, a volte anche in alcuni personaggi dei miei film. Ho anche versato qualche lacrima, nel suo ufficio. Dovevo anche andare da Kevin Feige per riferirgli che avevo deciso di dirigere The Suicide Squad, quindi ero abbastanza nervoso".

D: Nè Horn né Feige hanno incontrato altri registi per il film, ma la tua uscita di scena è stata molto enfatica. Hai mai pensato di abbandonare definitivamente il franchise che tu stesso hai portato con successo sul grande schermo?

JG: "Sì, onestamente. Mentre scrivevo The Suicide Squad pensavo a come i tempi dei Guardiani della Galassia fossero ormai finiti. Immagino di averlo pensato per un po', ma le conversazioni iniziali con Horn erano 'capiamo se un tuo ritorno è possibile' o 'parliamo di questo'. Era davvero la fine del mio matrimonio. Ho divorziato e poi ho avuto queste conversazioni pacate con la mia ex-moglie, del tipo 'proviamo ad andare d'accordo ed essere gentili l'uno con l'altra, perché siamo entrambi parte importante delle nostre vite. Odierei riguardare i sei anni del matrimonio con mia moglie e pensare 'oh, che spreco di tempo'. Penso invece sia stato un periodo in cui sono molto cresciuto e in cui siamo stati bene. C'erano problemi e forse non dovevamo sposarci, ma vivere sei anni con la mia ex non è stata una perdita di tempo. Volevo sentirmi così, con la Disney. Non volevo guardare indietro e provare amarezza, rabbia o delusione. Ovviamente ogni tipo di emozione era legata al licenziamento, però volevo essere a mio agio nel salutare alcuni grandi compagni di viaggio, e la mia testa pensava solo a questo, anche nei primissimi incontri, una o due settimane dopo il licenziamento".

D: Per essere un cineasta con la reputazione di essere schietto sui social, la tua risposta a tutto questo è stata decisamente muta. Non hai incolpato nessuno se non te stesso, il che ha chiaramente influenzato la decisione di Alan Horn nel tuo reintegro. Cosa hai pensato in quei momenti?

JG: "È così, non incolpo nessuno. Ho provato molta tristezza, compatendomi, per alcune mie uscite pubbliche; alcune delle battute che ho fatto, alcuni degli obiettivi del mio umorismo: tutte conseguenze non intenzionali del mio non mettere più compassione nei miei reali atteggiamenti. Le cose che ho scritto hanno ferito diverse persone, ed è una mia responsabilità, perché non sono stato compassionevole come avrei dovuto in quelle dichiarazioni o battute. La Disney ha avuto ragione nel licenziarmi: non si è trattato di un problema di libertà di espressione. Ho detto qualcosa che non gli è piaciuto e hanno scelto di allontanarmi. Non c'è stata alcuna argomentazione in merito, era tutto molto chiaro e giusto.

Quel primo giorno... penso sia stato il più intenso di tutta la mia vita. Ho affrontato altri giorni difficili, dall'uscita dall'alcolismo alla mia sobrietà quando ero più giovane fino alla morte di amici che si sono suicidati, ma questo è stato incredibilmente intenso. È successo e improvvisamente tutto sembrava finito. Sapevo solo che, di punto in bianco, ero stato licenziato. Pensavo che la mia carriera fosse finita. Da quel giorno, la cosa più importante per me è stata una sola. Non sono una di quelle persone che vengono qui per essere ricche e famose, essere amate dalla gente. Prima di tutto e soprattutto sono un artista; adoro raccontare storie, interagire con i miei personaggi, il momento della progettazione nel set. Sono però anche un ragazzo che ha trovato quello che ha sempre ritenuto amore, attraverso l'affetto sincero delle persone e con il duro lavoro.

Essere amato per me significa essere apprezzato per il mio lavoro, diventare famoso per questo. Non avevo mai sperimentato prima la sensazione di essere amato così profondamente, in questo senso. In passato è stato un problema per me, nelle relazioni, nelle amicizie. Posso provare amore per un'altra persona, ma per me è davvero difficile sperimentare la sensazione di essere amato. In quel momento, quello del licenziamento, l'unico apparato in grado di farmi percepire realmente l'amore mi è stato tolto e non avevo assolutamente più nulla. Non avevo idea di cosa avrei dovuto o potuto fare. Sarei stato chiuso fuori per sempre?

Poi è arrivata questa effusione di vero amore. Dalla mia fidanzata Jen; dal mio produttore e dai miei agenti, Chris Pratt che mi chiama e dà di matto; Zoe Saldana e Karen Gillan che mi chiamano in lacrime; Sylvester Stallone che mi fa una videochiamata. E naturalmente Dave Bautista, che ha avuto le uscite più forti su questa storia. Tutto questo ammontare d'amore da parte dei miei amici, della mia famiglia e delle persone della comunità online è stato assolutamente travolgente. A quanto pare, per sentire questo amore realmente per la prima volta, l'apparato attraverso cui lo fruivo doveva essermi completamente strappato via. Quindi sì, da una parte è stato il giorno peggiore della mia vita, ma dall'altra anche uno dei più emblematici e migliori. Nei mesi a venire non sono stato sempre perfetto nel mio viaggio spirituale, ma migliore sicuramente sì. Quelle prime settimane mi sono allontanato completamente dai social, disconnettendomi da tutto. È stato difficile e ho vissuto tutta la situazione minuto per minuto, ma è stato anche gratificante, poter vedere la vita da una prospettiva diversa
".

D: Cosa mi dici invece sull'aver realizzato: è colpa mia, questa ferita è auto-inflitta?

JG: "La verità è che ho provato molta rabbia verso me stesso ma ho cercato anche di metterla da parte. Perché proprio come sapevo di aver sbagliato, sapevo anche di aver fatto molte cose ingiuste nella mia vita, che hanno poi portato a quel momento. Ho dovuto cercare di capire come migliorare alcuni aspetti della mia vita, del mio carattere. È stata una parte molto importante di tutta questa storia. Allo stesso modo, non dovevo andare contro chi mi aveva licenziato, chi ha diffuso i vecchi link e tweet. Ho dovuto espellere molta rabbia, altrimenti non ce l'avrei davvero fatta".

D: Sei approdato a The Suicide Squad subito dopo esserti riappacificato con la Disney. In che modo la reazione dello studio rivale ha sedato le tue paure di non riuscire a ottenere un nuovo lavoro?

JG: "Tecnicamente, le mie paure sono state dissipate nell'immediato; Jason Blum stava organizzando il panel al San Diego Comic-Con quando è uscita la notizie del mio licenziamento. Ha solo detto 'assumerei James Gunn all'istante'. Al contempo, non sapevo a cosa credere. La notizia della mia riassunzione è stata una grande notizia per 24 ore, poi ha scemato. Quando è successo tutto quanto, invece, è durato per giorni e giorni e giorni. Per quanto mi fossi disconnesso dai social e non leggevo le notizie, sentivo le schegge della deflagrazione della mia carriera attraversarmi il corpo da ogni chiamata che ricevevo o i messaggi che mi scrivevamo amici e familiari, tutti arrabbiati per questo o per quello. Alla fine ho dovuto dire 'ragazzi, non posso concentrarmi sulle cose negative adesso, mi fa solo stare male'.

Certo sì, gli studios per la maggior parte hanno detto 'ci piacerebbe averti'. Hanno chiamato entro i primi due giorni dal mio licenziamento. Però non ci credevo. Su questo devo essere sincero. A livello teorico pensavo 'beh, forse ho ancora un futuro'. Sono una persona abbastanza orientata alla logica e questo mi ha aiutato, ma a livello emotivo non c'era proprio niente da fare. In un certo senso, è stato un bene per me, perché dovevo smettere di innalzare la mia carriera a unico strumento di felicità e benessere, iniziando a sentirmi realmente bene con me stesso. Mi sono concentrato su questo. Mi sono focalizzato sul divertimento. The Suicide Squad ha cominciato subito a fluire nella mia testa: non penso seriamente di essermi divertito tanto a scrivere una sceneggiatura sin dai tempi de L'alba dei morti viventi. Ecco come è stato scrivere questo film, per me".

D: Data questa seconda possibilità con Guardiani della Galassia Vol. 3, quali personaggi o tematiche sei più entusiasta di inserire e vedere nel film?

JG: "Quando mi hai chiesto quale fosse la cosa più triste, per me, una volta capito che tutto era andato - e alla Marvel possono dirtelo tutti - è stata questa strana relazione e questo particolare attaccamento a Rocket. Rocket sono io, seriamente, anche se sembra un po' narcisistico. Groot è come il mio cane e lo adoro in modo completamente diverso. Con Rocket provo però empatia, mi ci identifico, lo compatisco, sentendo che la sua storia non è ancora finita. Ha un arco narrativo iniziato nel primo film, proseguito nel secondo e poi attraverso Infinity War ed Endgame, e poi c'è Guardiani della Galassia Vol. 3. Nel momento del mio licenziamento, ho sentito questa grande perdita, il non essere in grado di finire la storia di Rocket, anche se ero confortato dal fatto che stavano progettando di utilizzare comunque la mia sceneggiatura".

D: Per concludere, dal punto di vista di qualcuno che ne è uscito fuori, cosa pensi dell'attuale clima nel settore, dove alcuni comportamenti sono esposti pubblicamente e le persone spesso bandite?

JG: "A dire il vero, credo ci siano molti aspetti positivi che stanno venendo fuori da tutto questo: il più importante è stata la possibilità di apprendere dai miei errori. Le persone devono essere in grado di imparare dai propri sbagli. Se togliamo a qualcuno la possibilità di imparare a divenire una persona migliore, non sono sicuro di ciò con cui rimarremmo. Ho imparato ogni tipo di cose su me stesso e i miei comportamenti attraverso tutto questo processo".