Holy Spider vietato in Russia. Ali Abbasi è diretto: "Per noi è un complimento"

Holy Spider vietato in Russia. Ali Abbasi è diretto: 'Per noi è un complimento'
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Ali Abbasi ha reagito in maniera critica e ironica alla censura di Holy Spider in Russia, con il film ritirato dalle sale pochi giorni dopo la sua uscita. Il regista è sicuro (e non si è fatto problemi a dirlo) che la scelta del ban sia direttamente correlata alla nuova intesa politica e militare che lega l’Iran allo stato guidato da Putin.

Ali Abbasi ci ha abituato a film di altissimo livello come Shelley e Border, di cui vi lasciamo la recensione, e si è fatto notare dalla critica grazie al suo ultimo film, Holy Spider (nominato per la Palma d’Oro a Cannes) e per aver diretto due episodi della serie già di culto della HBO The Last of Us.
Il riconoscimento internazionale, però, aldilà dei numeri e delle copertine, si può scovare anche in situazioni a prima vista poco edificanti per una carriera o commercialmente negative.

Dopo i problemi di permessi che hanno costretto la produzione a spostare le riprese dalla Turchia alla Giordania, è infatti arrivato il divieto di proiezione nei cinema russi proprio per il thriller Holy Spider, che mette in luce la misoginia e le ingiustizie sociali che pervadono l’Iran, ripercorrendo la storia di un serial killer che nei primi anni 2000 ha ucciso 16 donne nella città di Mashhad.

Il divieto è stato spiegato dal ministero russo adducendo, senza giri di parole, come motivazione il fatto che il film “Contiene informazioni la cui diffusione è vietata dalla legislazione della Federazione Russa”. Abbasi ha spiegato la cosa a modo suo: “Bannando Holy Spider il governo russo sta ripagando il favore della Repubblica Islamica, sua alleata, che ha armato l’esercito russo per uccidere civili innocenti in Ucraina. Non so quali tipo di legge proibisca Holy Spider in Russia ma, a giudicare da come la stampa indipendente e i dissidenti vengano trattati lì, è sicuramente un complimento, per noi, essere vietati dai servitori di Putin”.

Stesso registro per le parole del produttore Sol Bondy, che difende l’opera e attacca la decisione di censura: “Ora la Russia sta bloccando la distribuzione. Tutti quelli che hanno visto il film sono d’accordo sul fatto che non mostri niente di straordinario rispetto a qualsiasi thriller Europeo o di Hollywood e che la realtà della gente in Iran, oggi, sia molto peggiore. È triste che un paese dalla storia cinematografica ricca come la Russia sia giunta a questo punto”.

Politica e cultura che si intrecciano e che si contrappongono, come abbiamo riportato anche di recente a proposito di Jafar Panahi che si è mostrato pronto a lasciare l’Iran per la prima volta dopo 14 anni.