Aborto USA: Disney, Warner, Netflix e molti altri copriranno il viaggio per gli interventi
Sgomento e disgusto alla notizia di ieri che uno dei diritti più basilari delle moderne democrazie venga messo a rischio in un Paese, gli Stati Uniti, che si considerano la più grande democrazia al mondo. Dopo la sentenza della Corte Suprema, l'aborto diventerà illegale in moltissimi Stati. Ma le media company si offrono di pagare i viaggi.
Reazioni da tutto il mondo di fronte a uno dei più terribili passi indietro in merito di diritti nella sfera occidentale. Qualcosa che quasi non si riteneva possibile: da ieri, l’aborto negli Stati Uniti non sarà più un diritto. Non nel senso che sarà automaticamente illegale, ma poco importa: non sarà più garantito. Questo perché la Corte Suprema, facendo gioco su una maggioranza di giudici conservatori (sui nove che compongono l’organo) eletti in parte sotto l’Amministrazione Trump, ha abolito la sentenza nota come Roe v. Wade. La sentenza in questione, risalente al 1973, aveva garantito negli ultimi 50 anni che l’aborto rimanesse argomento di interesse federale.
Questo vuol dire che gli Stati, molti dei quali a maggioranza estremamente conservatrice, non potevano decidere autonomamente in materia, ma solo sottostare a un diritto garantito su tutto il territorio statunitense. Da ieri non è più così: molti Stati ovviamente lo manterranno, ma molti altri invece si stanno già attivando per renderlo illegale o pressoché tale, si calcola almeno 21 (quasi il 50%) nell’immediato. Questo, evidenziano i benpensanti, permetterà comunque alle donne benestanti di recarsi in altri Stati nel caso in cui il proprio renda illegali gli interventi, ma renderà la fascia più povera, invece, anche la più inerme.
Per questo, mentre Hollywood tutta si schiera contro la Corte Suprema e anche diverse note compagnie videoludiche sostengono il diritto all’aborto, diverse media company hanno fatto sapere ai loro dipendenti, tramite comunicazione pressoché immediata a poche ore dalla decisione della Corte Suprema, che le spese di viaggio alle dipendenti residenti in Stati illiberali saranno garantite dalle compagnie. Non si tratta propriamente di una protesta a viso aperto, ma piuttosto di un’estensione di polizze assicurative – negli Stati Uniti sono i posti di lavoro a garantire determinate fasce di copertura – che già prevedono (per esempio) spese di viaggio nel caso di interventi oncologici effettuati solo in determinate località.
A bordo, con comunicati diversi e fasce di rimborso differenti, ci sono Disney, Warner, Comcast (Universal), Netflix, Sony. Ma anche Meta (Facebook) e il Sundance Festival, oltre a diverse compagnie d’informazione e case editrici. Ovviamente, purtroppo, si tratterà di un palliativo per pochissimi fortunati, a fronte dei danni che la sentenza provocherà a livello nazionale. Ma chi potrebbe tacciare la misura come inutile, considerando i dipendenti di queste realtà come già abbastanza benestanti da potersi permettere le spese di viaggio, si ricordi che questa si applica a tutti i dipendenti. Non ultimi ai numerosissimi (e alquanto sottopagati) impiegati della cintura di parchi a tema di Orlando, Florida, che sta già prendendo misure preventive per limitare l’accesso all’aborto.
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