2017: le donne nel campo televisivo e cinematografico sono ancora fortemente penalizzate

di

La disparità di trattamento di genere è un tema abbastanza caldo in questo periodo ad Hollywood e i recenti studi emersi da un gruppo di ricercatori della California puntano i riflettori su un cambiamento che da circa vent’anni stenta a decollare. Quali sono i dati che fotografano questa verità amara?

Nelle ultime due decadi il numero di donne che svolgono un lavoro dietro le scene, siano esse registe, produttrici, sceneggiatrici o direttrici della fotografia, non ha subito alcun progresso virtuale secondo le analisi pubblicate dal Center for the Study of Women in Television and Film dell’Università statale di San Diego. La ricerca effettuata dalla dottoressa Martha Lauzen si è focalizzata infatti su un arco temporale abbastanza ampio, dal 1998 al 2017. Quello che se ne desume è la presa di consapevolezza di un’industria televisiva e cinematografica che sul tema è rimasta in sostanza bloccata nelle sabbie mobili di una immotivata disparità di trattamento.

Stando alle scoperte di questo report, prendendo in considerazione solamente il 2017, le donne avrebbero realizzato una mole di lavoro dietro le quinte pari al 18% nella lista dei 250 film di maggiore incasso dell’anno appena trascorso, l’1% in più se comparato con il 2016. Tra questi lungometraggi, il 30% di essi non aveva nel proprio cast tecnico una donna o se ciò accadeva non è avvenuto per un numero superiore ad uno. In confronto nessuna delle seguenti pellicole è stata prodotta da un indice inferiore di uomini pari ad uno. Il settore in cui maggiormente le donne sono rappresentate nella fabbrica dell’intrattenimento riguarda la produzione (25%), il 19% in qualità di produttrici esecutive, il 16% per la sceneggiatura, l’11% come registe ed uno scarso 4% in veste di direttrici della fotografia.

La ricercatrice, infine, ha riscontrato che i film con firma femminile hanno aumentato le opportunità di impiego per altre donne. Per citare un esempio, prodotti in cui la regia è stata affidata ad una di esse hanno visto un risultato del 68% di assunzioni di donne per la stesura dello script. Laddove, invece, la cabina di regia è stata occupata da un uomo questa percentuale scende drasticamente all’8%.

Queste le parole dell’autrice della ricerca:

Se guardate al passato dell’industria cinematografica, questa cambia solamente quando è assolutamente costretta a farlo. La vera domanda è: si sentono abbastanza sotto pressione da cambiare le strutture del business del mondo del cinema per accogliere più diversità? Abbiamo scoperto che anno dopo anno quando un film ha perlomeno una regista donna, la percentuale delle protagoniste femminili sale. La gente tende a dar vita a personaggi che essi conoscono […] e questo comporta la visione di soggetti femminili più di spessore”.

Chiudiamo l’articolo rinviando ad uno spezzone degli ultimi Golden Globe in cui Natalie Portman, nell’annunciare le nomination assieme a Ron Howard per la categoria Miglior regia, afferma sarcasticamente:

Ed ecco le candidature tutte al maschile”.

Di certo questa è una battaglia che a seguito dello scandalo di ottobre dell'ex mogul Harvey Weinstein potrebbe portare a compimento l’auspicio della dottoressa Martha Lauzen. Il tempo, dunque, è scaduto e non si fa più marcia indietro.