Recensione Louis - Michel

Louis ingaggia il goffo killer Michel, dando inizio ad una geniale disavventura

Recensione Louis - Michel
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Un colpo alla testa

Ventimila euro

Il cinismo è un ingrediente salutare. Troppo spesso, però, la politica buonista e culturalmente lesiva della stragrande maggioranza delle produzioni attuali decide di farne a meno. Indi per cui, se pilastri dello humor nero, come i fratelli Cohen o Frank Oz, hanno fondato su una buona dose di cinico intelletto la loro carriera, questo dovrebbe risultare rilevante per chiunque voglia accingersi a girare pellicole di questo tipo, sfidando le barriere del politically correct.
Benoit Delèpine e Gustave Kervern hanno già dato il loro contributo alla settima arte in più di un'occasione, sfornando film brillanti che la stessa critica ha faticato ad apprezzare, non riuscendo mai a far gridare a gran voce il loro nome nell'ambiente cinematografico.
Dopo Avida ed Aaltra, la coppia di registi torna all'attacco con qualcosa di geniale tra le mani, una voce fuori dal coro rispetto al ridondante sistema di canoni estetici e concettuali che, da sempre, caratterizzano gran parte del cinema. Louis-Michel è un'avventura surreale, perfida ed intelligente, fatta di equivoci e profonde tematiche sociali, una pistola carica e pronta a colpire.

Il viaggio..

Louis è una donna burbera e goffa, reduce da quindici anni al fresco e con un omicidio sulla sua muta coscienza. Convinta, così come le sue colleghe, che la camiceria presso cui presta servizio sia tornata perfettamente operativa in seguito ad un periodo di forte crisi scopre, con amara delusione, che tutto è stato improvvisamente portato via in seguito alla chiusura della fabbrica.
Con in tasca solo duemila euro di liquidazione, le dieci donne decidono di farsi giustizia ingaggiando un killer disposto a porre fine ai giorni del responsabile della loro neodisoccupazione. Casualmente Louise (Yolande Moreau) fa la conoscenza di un grottesco personaggio, Michel (Bouli Lanners), un impacciato omone di mezza età possessore di un arsenale intero di armi illegali, complessato, senza un soldo ed incapace anche di fare del male ad una mosca. I due iniziano, per conto di tutte le altre mandanti, un viaggio alla ricerca del crudele industriale, ficcandosi continuamente in situazioni imbarazzanti, evidenziando ad ogni occasione la loro limitatezza, a discapito di se stessi e di chi sta loro attorno.

Quando il cinema ritorna arte

Louise - Michel incarna tutta l'essenza del buon cinema, un mix di brillante passione ed estetica, un quadro nitido e definito della perfidia sociale ed umana, la rappresentazione formato 16:9 dello stato delle cose, come direbbe il buon Wenders.
Il film, fortunatamente pubblicizzato a dovere, porta agli occhi degli spettatori un'immagine chiara della situazione dei lavoratori, dell'ambiguità e della complessità antropica. Ogni personaggio, vive in una condizione particolare: che sia disoccupato o ricchissimo, buono o cattivo, illuso o realista poco importa, basta che l'individualità riesca ad emergere. Michel è molto complesso, chiaramente disturbato, a partire dal malato rapporto che vive con la propria sessualità, tema approfonditissimo nel corso del film, metafora diretta dell'umano combattuto, pieno di tabù e vittima delle proprie debolezze. Louis è invece burbera, totalmente succube di un'esistenza che non le ha procurato altro che disavventure, addebitandole il peso di un malessere generato dalla sua incapacità di esprimersi come vorrebbe. Entrambi vivono in una sorta di malattia, altro aspetto chiave nell'intepretazione del film: Jennifer, ad esempio, è una malata terminale di cancro. Nonostante ciò Michel non sarà frenato dal chiederle di commettere un omicidio che egli, a causa della sua totale inettitudine, non ha il coraggio di fare. La cosa geniale dello sketch è il come lil frangente, nel suo essere tragico, riesca a risultare grottesco in maniera dosatissima, lasciando in chi guarda un cinico conflitto morale. Il punto chiave invece, è proprio la lotta sociale che, per certi aspetti, lascia trasparire una connotazione sociopolitica di appartenza dei due registi: la continua ricerca del responsabile della chiusura della fabbrica è una corsa infinita ed estenuante, che vede perenni colpevoli ogni volta che uno viene fatto fuori, un po' come se gli autori volessero colpevolizzare l'intera classe dirigente, spietata ed interessata solo ed esclusivamente ai propri affari mentre declina ogni responsabilità sociale.
A sostegno di tutto ciò c'è un comparto tecnico che, seppure scarno, colpisce al centro l'obiettivo alla perfezione.
Insomma, Kervern e Delèpine non saranno due prodigi della tecnica cinematografica, ma, perfettamente consci di ogni loro limite, si divertono a giocare intelligentemente sulla deliziosa staticità dell'inquadratura fissa, rendendo ancora più pittorica/pittoresca l'avventura dei due bizzarri protagonisti, dando il giusto peso ad ogni singolo fotogramma.
Memorabili le interpretazioni dei due, sempre eccezionali e dotati di una vastissima esperienza (qualcuno ricorda il meraviglioso Eldorado road, scritto, diretto ed interpretato proprio da Lanners?) che non può che giovare all'eccellente caratura della pellicola. Unico neo, forse, il finale un po' sbrigativo, ma nel complesso il film è così piacevole da farsi perdonare tutto. Memorabile il cameo del grande Mathieu Kassovitz nei panni di un triste e logorroico ristoratore.

Louis - Michel Un film brillante, pieno di idee. Una vera e propria ventata di aria fresca in un panorama cinematografico dove queste sembrano scarseggiare e gli spettatori, di conseguenza, stancarsi. Un prodotto piacevolissimo, merito di chi ha saputo investire in un progetto di questo tipo, che sicuramente non avrebbe potuto riuscire nell'intento se fosse mancato anche solo una delle eccezionali pedine presenti sulla scacchiera.

8

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