Up, la recensione del film capolavoro della Pixar

Il nuovo capolavoro made in Pixar su grande schermo: la recensione di Up firmato Pete Docter e Bob Peterson.

Up, la recensione del film capolavoro della Pixar
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L'infanzia è fatta di piccole cose. Il sorriso della propria mamma, un gelato in compagnia dei nonni, i giochi nei cortili, i palloncini; ognuno di noi conserva un ricordo prezioso, dove la spensieratezza cede il passo alla malinconia dei sogni del bambino trasformatisi nei rimpianti di un vecchio troppo grinzoso per alzarsi dalla sua poltrona. Così, mentre il paesaggio intorno a noi cambia, al posto delle villette si innalzano palazzi e nuove certezze vanno a sostituire le tradizioni, le persone finiscono per accettare una lenta e inesorabile fine, magari nascosta fra le pagine di un album di fotografie mai completato. Carl Fredericksen non è un eroe, forse da bambino avrebbe voluto esserlo, insieme alla sua bella moglie Ellie, ma spesso la vita ci accade mentre avremmo voluto dedicarci ad altro, e le piccole incombenze quotidiane, diventano troppo presto una routine che soffoca l'ambizione. Ma qualcosa può sempre accadere. Una vecchia casa di periferia può nascondere migliaia di palloncini in grado di farla volare, un ragazzino può bussare alla porta giusta al momento giusto, e in men che non si dica i grandi cieli del sud si spandono sotto i nostri occhi. Sempre più in alto, verso le Cascate Paradiso, oppure sulla strada di un destino mai compiuto. Up.

Su, fra le nuvole

Il decimo film Pixar (per la prima volta presentato in Disney Digital 3D) sconvolge fin dai primi minuti, non paghi di aver regalato al mondo le immaginifiche vedute del mondo dei giocattoli, delle profondità marine e spaziali, e di tanti altri universi, i geniacci di Pixar, capitanati da Peter Docter e Bob Peterson, hanno scomodato addirittura Orson Wells, citando il suo celeberrimo Quarto Potere, iniziando Up con un cinegiornale che racconta le gesta di un borioso esploratore degli anni '30, scomparso mentre inseguiva un mitico uccello che vive solo fra le montagne di una non meglio specificata zona del Venezuela. Da qui in poi è tutta poesia, una musica visiva che si spande per un'ora e mezza con un'armonia e un'eleganza forse paragonabile solo a quella dei primi Classici diretti da Walt Disney in persona. In meno di mezz'ora Up riesce a raccontarci la storia di una vita, dall'infanzia fino alla senilità, non glissando su nessun particolare, neppure su quelli più dolorosi. In nessun film dello studio di Burbank la morte aveva mai avuto un ruolo così ampio ed era stata mostrata in modo così diretto, senza voler rovinare la sorpresa a nessuno, ci limitiamo a dire che nell'arco di tre scene si assiste a due lutti tanto commoventi quanto inattesi, fondamentali nel dare a tutto il film uno sfondo malinconico irraggiungibile da cartoon molto più caciaroni e semplicistici. Ma, naturalmente, Pixar non vuole (e non ha mai voluto) fare cartoni animati "maturi", anzi, Lasseter in persona ha più volte respinto questa definizione, ribattendo che le belle storie e i grandi personaggi sono universali, indipendentemente dall'età media del pubblico.

Con Up Docter ha colpito nel segno, trovando il perfetto equilibrio fra il sotteso adulto e la fiaba che fa sognare a occhi aperti. Carl e Russel, i due protagonisti, sono una coppia comica calibrata al millimetro e le gag, soprattutto quelle mute che coinvolgono anche l'uccello Kevin e il cane parlante Doug, entreranno negli annali del cinema, insieme alla scelta delle musiche, che vanno dalla Chanson du Toreador della Tosca a un tema quasi da filastrocca composto dal sempre bravissimo Gioacchino. Si ride molto, ma si riflette ancor di più, con ogni suo film Pixar cerca di indagare un aspetto particolare dell'animo umano, in Toy Story era l'egoismo, negli Incredibili l'ambizione, in Monster & Co. l'accettazione del diverso, in Up il tema portante è il sottile confine che separa le occasioni perdute e quelle conquistate; Carl potrebbe quasi sembrare un vecchio fallito, chiuso nella sua misantropia e pieno di sensi di colpa per non aver saputo dare a sua moglie l'avventura che aveva sempre desiderato, in realtà il film ci suggerisce il contrario: non conta la meta, è il viaggio che deve essere davvero vissuto. In fondo, ed è un punto che il film centra con precisione quasi crudele, l'unico traguardo che tutti condividiamo è la morte, ha davvero senso sprecare l'esistenza crogiolandosi nelle scelte non fatte?

Un inno alla vita

Up vuole dirci di no. Up è un inno alla gioia di vivere che non tenta, in maniera ipocrita, di nascondere le asperità degli anni che passano e nel suo protagonista ottuagenario, trova uno slancio irresistibile come quello di chi, dopo una grande delusione, trova la forza per andare avanti. Ci piace pensare che Steve Jobs, John Lasseter e Docter abbiano messo in Up un po' di loro stessi, la rinascita dopo un periodo di crisi nera (che per Jobs fu la cacciata da Apple, mentre per Lasseter e Docter gli anni bui del dopo - Lucas). In ogni caso, sia che lo vediate con lo spirito malinconico dei vecchi cinefili o con l'occhio spalancato sul mondo dei bambini, Up è un grande film, di quelli che si ricordano dopo anni e anni e che rimangono lì, incastrati fra le pieghe della memoria, a ricordarci che non si è mai troppo vecchi per sognare, magari osservando un palloncino che vola via.

Up Up è un capolavoro. Pixar deve aver stretto un patto con qualche divinità innominabile perché, pur sfornando in media un film ogni anno e mezzo, migliora costantemente, non solo dal punto di vista tecnico (ineccepibile da sempre) ma anche da quello artistico, riempiendo le sue opere di una carica poetica che non ha eguali nel cinema d’animazione occidentale moderno. Forse solo Miyazaki può competere. Chiaramente non perdetevi per nessun motivo Parzialmente Nuovolo, il corto diretto da Peter Sohn che precede Up, in quei dieci minuti c’è condensato un trattato sulla fiaba che nessun accademico sarebbe in grado di esplicare con la stessa grazia.

9

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