Recensione Tutti al Mare

L'esordio registico del figlio d'arte Matteo Cerami

Recensione Tutti al Mare
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Nell'ormai lontano 1977, il compianto Sergio Citti diresse quel Casotto che, co-sceneggiato da Vincenzo Cerami e annoverando nel cast perfino una giovanissima Jodie Foster, si svolgeva interamente all'interno di una cabina sulla spiaggia libera di Ostia, dove, per spogliarsi, si avvicendavano una ventina di persone nel corso di una calda domenica d'agosto.
A quasi trentacinque anni di distanza, lo stesso Cerami sfodera un'idea simile per porla al servizio dell'esordio registico del figlio Matteo, il quale, anche autore dello script insieme al padre, preferisce, però, l'agorafobia di uno chiosco balneare alla claustrofobia della cabina.
Chiosco balneare il cui proprietario è Maurizio alias Marco Giallini, impegnato non solo ad accudire la madre su sedia a rotelle, interpretata dalla Ilaria Occhini di Mine vaganti, ma anche a vedersela con la bizzarra e variegata clientela pronta ad invadere il posto per godersi il meritato riposo settimanale tra ombrelloni, sdraio e mangiate di pesce fresco in realtà di dubbia provenienza.

Casotto sotto un tetto

Pesce opportunamente procurato dal Ninetto Davoli già interprete della pellicola del 1977, come pure Gigi Proietti che, mattatore indiscusso, veste i panni dell'esilarante cognato di Maurizio, sofferente di amnesia e cleptomania.
Del resto, fin dalla sua entrata in scena, lo spettatore non può fare a meno di sprofondare in sane risate, mentre lo schermo si popola in maniera progressiva di personaggi che vanno dalla coppia lesbica formata da Ambra Angiolini e la Claudia Zanella di Amore che vieni, amore che vai alla diva dello spettacolo con il volto di Anna Bonaiuto; passando per gli amici con le fattezze di Libero"Fortapàsc"De Rienzo e il Francesco Montanari della serie tv Romanzo criminale, il primo improvvisamente mollato dalla moglie straniera, il secondo in cerca del proprio portafoglio smarrito.
Senza contare lo stesso Vincenzo Cerami nel ruolo di Gianni, Ennio Fantastichini in quello di un aspirante suicida e il Franco Pistoni di Si può fare impegnato a fare da iettatore, tutti al servizio di un cast ben assortito e in ottima forma comprendente, in brevi apparizioni, Rodolfo Laganà, Valerio Mastandrea e il Raffaele Vannoli di Zora la vampira.
Però, tra Citti verbalmente omaggiato e una citazione da Cosa sono le nuvole, episodio pasoliniano incluso nel collettivo Capriccio all'italiana, se la prima parte risulta ritmata a dovere, la seconda, quasi priva della presenza di Proietti, appare evidentemente più fiacca e tirata via con meno verve, oltre che caratterizzata da uno script destinato a riservare poche sorprese.
Seppur al servizio di un'operazione nel complesso gradevole e che, come vuole una delle principali regole della commedia nostrana, lascia anche intravedere un certo velo d'amarezza nel corso della sua parte finale.

Tutti al Mare Matteo Cerami, figlio del noto sceneggiatore Vincenzo, esordisce dietro la macchina da presa con un lungometraggio che va ad aggiungersi alla schiera di film i cui titoli provengono direttamente da quelli di noti hit musicali, comprendente Il cielo in una stanza (1999) di Carlo Vanzina, Ricordati di me (2003) di Gabriele Muccino e Figli delle stelle (2010) di Lucio Pellegrini. Un lungometraggio che riprende un po’ lo schema che fu alla base di Casotto (1977) di Sergio Citti, dal quale recupera anche Ninetto Davoli e Gigi Proietti, sostituendo però la cabina con un chiosco sulla spiaggia come ideale “teatrino” in cui far esibire la variegata fauna attoriale. Fauna attoriale che, con Proietti in stato di grazia, rappresenta il maggiore pregio dell’operazione, discontinua dal punto di vista ritmico ma, tutto sommato, capace di divertire lontano dalle volgarità e di risultare senza infamia e senza lode.

6

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