Speciale Transformers 3: 3D preview

Michael Bay e James Cameron ci mostrano il 3D del nuovo Transformers

Speciale Transformers 3: 3D preview
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Cosa succede quando due guru dei blockbuster cinematografici collaborano?
La risposta potrebbe essere Transformers 3, sicuro campione d’incassi della stagione estiva 2011.
Michael Bay, per la terza volta alle prese coi robottoni Hasbro, è noto per il suo cinema ipercinetico e scoppiettante, e coi primi due titoli della serie ha goduto di un successo di pubblico notevole, creando da una serie di giocattoli apparentemente caduta nell’oblio un franchise multimilionario. Al contempo, però, ha incontrato l’astio generalizzato di buona parte della critica, che visto in questi film solo dei giocattoloni rutilanti ed esagerati. Umorismo puerile, risoluzione semplicistica delle situazioni e montaggio talmente frenetico da essere a tratti insostenibile durante le numerose scene d’azione: queste le critiche più comuni mosse al primo, ma soprattutto al secondo, episodio di Transformers.
Per questa terza avventura (che si dice sarà anche l’ultima, ma è sinceramente difficile credere che Paramount rinunci a una simile gallina dalle uova d’oro) Bay promette invece scene strabilianti e mozzafiato ma al contempo chiare e semplici da seguire, oltre che una storia matura ed interessante lontana dalle trovate goliardiche viste in passato.

3D: Un’arte visiva in movimento

Il 18 maggio scorso, al Paramount Theatre di Los Angeles, Michael Bay, in compagnia di James Cameron (da sempre pioniere delle innovazioni tecnologiche nel cinema), ha mostrato i primi cinque minuti, oltre ad alcune scene selezionate, al pubblico di giornalisti convenuto. Scene che noi di Movieye abbiamo ora potuto visionare in anteprima, rimanendo letteralmente sbalorditi.
La mano di Cameron e della sua crew sull’impatto grafico del film è difatti evidente: il 3D, realizzato con riprese native in stereoscopia tramite le più avanzate apparecchiature disponibili al momento, non è utilizzato come semplice espediente per un ottenere un effetto pop-up di oggetti che vengono verso lo schermo, quanto per ottenere effettiva profondità di scena. Un po’ per ovviare alle polemiche relative al caos su schermo dei precedenti capitoli, un po’ per limite tecnico del 3D (che impone stacchi di montaggio meno repentini) lo stile di Bay appare meno frammentario e confusionale, ma certamente non meno spettacolare.
Per una descrizione più specifica delle scene in questione, vi rimandiamo allo speciale in merito dei nostri amici di Silenzio in sala .

Cameron X Bay: visioni a confronto

Veniamo, ora, all’interessante dibattito che è seguito all’anteprima, moderato da Jay Fernandez di Hollywood Reporter, tradotto per voi in esclusiva.
Jay Fernandez: È un piacere per me presentarvi due titani del cinema: Jim Cameron e Michael Bay.
James Cameron: Io penso che tutti i film possano beneficiare, in modi diversi, del 3D. Quando ho sentito che stavi considerando l’idea, Michael, ho pensato “devo parlarne con Mike per bene, in qualche modo”.
Michael Bay: Mi ha invitato sul set di Avatar, lui è un idolo per me. Una volta mi fa: “Michael, abbiamo fatto di tutto, eh?” ed io “Be’, tu hai affondato il Titanic, io no, quindi di cose da fare io ne ho ancora un mucchio!” [ride]. Ma lui mi risponde “Dai, devi pensare a questa cosa come ad un giocattolo, uno strumento divertente che aiuta a generare emozioni, personaggi, esperienze”. Ed io cerco sempre di fornire grandi esperienze ai miei spettatori.
J.C. :Ho appena visto il film completo ed è davvero fantastico. Mi piace la sua profondità. Cioè, amo il modo in cui usi il 3D così aggressivamente, sfruttandolo in toto. Come ti sei trovato a girare in 3D, da un punto di vista prettamente estetico?
M.B. : È stato bellissimo, già dal primo giorno. Giravamo le scene lunari ed era, semplicemente...bello. Perché basilarmente io uso molto i tre piani di profondità, è una vita che lo faccio. È stato per me molto naturale. È stato come scolpire lo spazio, grandioso. Quindi, ho finito per amare questa tecnica.
J.F. : C’è stata qualche scena, qualche movimento di camera mai provato prima?
M.B. : Decisamente un sacco. Cineprese 3D appese su funi in movimento, per non parlare di quelle attaccate alle tute dei paracadutisti lanciati a 150 miglia all’ora tra gli edifici di Chicago.
J.C. : Roba forte.
J.F. : E come funzionavano questi elmetti-camera?
M.B. : Più o meno avevano la funzione di un occhio umano. Ma dallo sguardo fisso.
J.F. : Sono cineprese SI-2K?
M.B. - J.C. : Già.
M.B. : Non è stato per niente facile trovare un modo per fissarle! Abbiamo usato anche la F-35.
J. C. : Sì, penso che tu abbia usato anche le F-23 e le F35, se non mi sbaglio.
M.B. : Il peso, gli specchi...il cavo alla fine era grosso così! [ride] È stata una vera sfida. A volte hai un problema con una lente e devi riconvertire l’immagine per apparare l’effetto. Non è una scienza esatta, in effetti. Ci sono un sacco di problemi tecini da fronteggiare. E fortunata che posso contare sul suo supporto!
J.C. : Eh, sì, ho un bel vantaggio! Eheh, posso farmi costruire le cose esattamente come le desidero.
M.B. : Già, a differenza mia, lui possiede una compagnia che le produce!
J.C. : Penso che la cosa particolare è che ogni regista finisce per usare il mezzo in modo differente. Ho cominciato a lavorare su queste tecnologie nel ’95, e anche dopo sette anni di prove su Avatar, dal 2000 al 2007, eravamo ancora in fase sperimentale. Davvero, una specie di esperimento scientifico! La prima settimana è stato complicato: poi però è diventato un impegno come un altro.
J.F. : Potresti essere più specifico su qualche scene ce è risultata particolarmente difficile da girare?
M.B. : Be’, col 3D bisogna fare attenzione ai movimenti bruschi. Certe volte bisogna creare scene più ampie e calibrate. Il 3D, come già detto da Jim in altre interviste, è un po’ come la musica.
J.C. : Già. Glielo dissi fin dall’inizio. È come il volume della musica, che va aumentato o diminuito a seconda della ripresa. A volte gli effetti sonori devono essere più alti della musica...e la musica va in sottofondo. Lo stesso vale per il 3D. Se vuoi una scena dal montaggio ipercinetico, setti il 3D al minimo per quella ripresa.
M.B. : Il lavoro del regista in fondo è questo, ti siedi, ti concentri sulla musica e visualizzi le scene nel modo in cui vuoi che escano fuori. O almeno è quello che faccio io, tenendo sempre in mente l’obbiettivo principale: intrattenere lo spettatore tenendolo incollato alla poltrona.
J.C. : Già.
M.B. : E tu che fai, Jim? Qual è il tuo segreto?
J.C. : Quando penso a una scena d’azione alzo il volume così a palla che riesco a malapena a pensare. E lascio andare il flusso di pensieri.
M.B. : In questo modo si giunge alle soluzioni più fantasiose, come quella scena del palazzo che abbiamo appena visto.

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The past, the future

J.F. : C’è qualcosa, guardando al futuro, non ancora fatta ma che vorreste provare a fare in futuro?
J.C. : Non c’è nulla che puoi immaginare che poi non puoi realizzare con gli effetti speciali.
M.B. : Decisamente.
J.C. : È solo questione di tempo e di soldi. La cosa meravigliosa del digitale p che apre infinite porte. Sempre...
M.B. : Sempre nuove, migliori possibilità.
J.C. : Esatto, migliora costantemente. Lavoriamo giornalmente, per creare cineprese più piccole e maneggevoli, più facili da usare e performanti. È solo questione di tempo. Diciamo che siamo come l’industria dell’automobile nel 1905.
J.F. : Quanto ha influito il 3D sul budget del film?
M.B. : Difficile rispondere. Innanzitutto, è chiaro che se vuoi un 3D di qualità, costa, sotto diversi punti di vista. Le cineprese sono costosissime, e non bastano certo. C’è tutto il resto dell’attrezzatura. E la mano d’opera. Specializzata. Che, rispetto alle riprese non in 3D, deve fare circa 1/3 del lavoro in più, per pareggiare le riprese per il 3D. Quindi ogni ripresa costa di più rispetto alle riprese classiche. Non è facile e immediato, c’è parecchio lavoro, prima, durante e dopo. Poi il più piccolo imprevisto ad una lente può bloccare scene complicatissime magari già in corso. Una lente va fuori uso mentre hai centinaia di auto in fiamme? Immagina che problema! Io sono solo un piccolo regista che vuole domare una poderosa, nuova bestia...
J.F. : Quindi avete subito ritardi per questo?
M.B. : Non propriamente, non l’avrei permesso. Mi sono organizzato per tempo e con largo anticipo, cercando di procedere il più speditamente possibile, seguito da una troupe incredibilmente abile, quella che ha già realizzato Avatar. Una delle migliori in assoluto, per quanto riguarda il 3D. Una preparazione di nove, dieci mesi, che è stata utilissima per assicurare la massima qualità.
J.F. : Si è convertito al 3D, insomma? Girerebbe altri film in 3D? Pain and gain sfrutterà questa tecnologia?
M.B. : non penso che il 3D sia adatto ad ogni film. Però, ad esempio, per Transformers 3 si è rivelato perfetto per dare il feeling giusto dei robot su schermo.
J.C. : Abbiamo trovato un modo per restituire al pubblico una vera, grande esperienza sul grande schermo, come piace a noi.
J.F. : Qual è l’elemento più eccitante del girare in 3D?
M.B. : Come ha detto Jim, è il divertimento. È come un giocattolo, e io mi ci sono divertito.
J.C. : Io penso sia sentire l’applauso del pubblico quando vedono qualcosa che li galvanizza. Ti entusiasmi quando sai di averli conquistati. Quando li trasporti di peso da un’altra parte.
M.B. : Cosa aggiungere ad un’affermazione simile? [ride]

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