Recensione Thirst

Park Chan-wook rivoluziona i vampire-movie con un'opera cruda e potente

Recensione Thirst
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E' arrivato al successo internazionale con Old Boy, secondo capitolo della sua Trilogia della vendetta (assieme a Mr. Vendetta e Lady Vendetta). Park Chan-Wook, regista coreano attivo dal 1992 quando esordì con The Moon is...the sun's dream, è una delle anime più disturbanti e geniali dell'odierno Cinema orientale. Il suo è uno stile senza compromessi, che lascia poco spazio all'immaginazione: estremizza le pulsioni umane fino al limite, con risvolti spesso tragici che vanno a destabilizzare le coscienze dei protagonisti e, di conseguenza, degli spettatori empaticamente entrati in comunione con essi. Un mondo fatto di tanti grigi, più o meno scuri, ma che non lascia scampo a figure bianche o nere. Nessuno è perfetto, e chiunque voglia ottenere qualcosa dovrà togliere ad altri. Significativo in questo senso l'epilogo del corto Judgement, misconosciuto, ma emblema perfetto del suo cinema condensato in pochi minuti. Chan-wook spacca le convenzioni del film di genere, e trasporta temi fin troppo abusati come quelli della vendetta e della colpa in contesti crudi e macchiavellici, dove il male inesorabilmente consuma tutto e tutti. Molta curiosità ha destato perciò la scelta, dopo un film di transizione come I'm a Cyborg, But That's OK, di dedicarsi a una pellicola sui vampiri. Immaginare un autore così 'depravato' intento a narrare storie di bramosi succhiasangue ha messo l'acqualina in bocca agli addetti del settore, e non solo. In più, il fatto che proprio il dissanguatore sarebbe stato un prete, ha garantito pubblicità da una parte, e ostracismo dall'altra. Lo scalpore suscitato dalle prime locandine, in cui si intravedeva il sant'uomo avvinghiato in un'ambigua posizione a una ragazza, ha portato alla censura della cover originale in molti Paesi. La data d'uscita italiana è ancora sconosciuta (i diritti sono in mano a Bim), ma intanto andiamo ad osservare da vicino questa nuova, diabolica creatura di celluloide firmata Park Chan-Wook.

Sangue e Fede

Sang-hyeon (Kang-ho Song) è un giovane prete di una piccola cittadina coreana, amato e benvoluto da tutta la comunità. Insoddisfatto dalle sue attuali mansioni, e con il desiderio di aiutare gli altri nel miglior modo possibile, decide di recarsi in Africa offrendosi volontario per testare il vaccino per il terribile virus Emmanuel. Contratta la malattia, Sang-hyeon vede il suo corpo straziato da orribili piaghe, e dopo qualche mese, stremato, muore. Ma solo per pochi secondi, infatti l'uomo riprende ben presto conoscenza e tornato a casa, diventa una sorta di Santo a cui si attribuiscono miracoli. Ritrova così il vecchio compagno di scuola Kang-woo (Sin Ha-gyoo), malato in ospedale. Dopo la sua visita, Kang-woo guarisce e torna a casa, dove Sang-hyeon viene ripetutamente invitato come ospite. In questo modo conosce la moglie dell'amico, la bella Tae-ju (Kim Ok-bin), ragazza orfana adottata anni prima dalla donna che sarebbe divenuta sua suocera. La giovane viene sfruttata dalla famiglia acquisita, schiava in un mondo che lei non ha scelto, e diventa ben presto amica del prete. Ma questi scopre un terribile segreto su di sè: la sua sopravvivenza dopo l'apparente dipartita in Africa, è dovuta a una trasfusione di sangue che l'ha trasformato in un vampiro. Venuto a conoscenza della sua nuova condizione, Sang-hyeon ora deve combattere tra la devozione al suo credo e gli istinti che cominciano a pervadere il suo animo, dalla sete di sangue con la quale placa la sua fame e guarisce le orribili piaghe, a un'incessante lussuria che lo proietta tra le braccia di Tae-ju, che non sembra rifiutare le sue morbose attenzioni. Tra fede e dannazione, l'uomo dovrà scegliere cosa fare del proprio, ormai immortale, destino.

Dov'è il mostro?

Due ore e venti di grande cinema, un'opera che non lascia indifferenti e che colpisce come un pugno nello stomaco, duro, che toglie il fiato. Park Chan-wook si trasforma in un bardo maledetto e racconta una poesia dannata, straziante e crudele nelle sue vertiginose esplosioni di violenza, fisica ma soprattutto psicologica. Toglietevi dalla mente qualsiasi film di vampiri abbiate visto, poichè con questi Thirst non ha nulla in comune (qualcuno potrà notare una certa "somiglianza" con The addiction di Ferrara, ma è solo un'impressione superficiale che ben presto svanisce). La spettacolarizzazione del personaggio tanto caro a Bram Stoker è qui lontana anni luce, in favore di una dimensione umana del disumano, dove i mostri peggiori sono quelli della mente e non quelli dell'immaginazione. La scelta apparentemente paradossale, seppur furba nel suo contraddittorio fautore di facili polemiche (la religione porta sempre con sè questo arduo fardello), di osservare la realtà di vampiro con gli occhi di un uomo di Chiesa, devoto al suo Dio, è assolutamente geniale nello svolgimento, ponendo dubbi etici e morali che attanagliano il protagonista per buona parte del film, fino alla presa di coscienza di un binomio impossibile da portare avanti. Di contraltare a questa diversità sfortuita, vi è il degrado di una famiglia normale all'apparenza, che ben presto si rivela però più spietata dei mostri reali, assumendo a ruolo di co-villain della vicenda. Infatti non esistono, qualità tipica del suo cinema, buoni, ma solo crudeli e meno crudeli, ed ecco che così anche il più piccolo gesto di bontà appare come un vero e proprio miracolo in mezzo all'arido deserto. Il dolore sembra essere l'unica costante, laddove la via d'uscita è obbligata o forzata dai rimorsi. Rimorsi bruciati dalla violenza che esplode sovrana in più scene, quasi in una sorta di porno sadico e doloroso, dove il corpo diventa un macabro feretro dal quale spillare un sorso di piacere necessario per la gioia del sopravvivere. Il sangue scorre copioso, e spesso arti umani diventano una sorta di inquietanti contenitori nei quali cibarsi. Le liberatorie svolazzate dei due protagonisti, avvinti in un amore tragico quanto impossibile, non sono altro che fughe e rincorse di un rapporto instabile e dettato solo dalla comune condizione, realizzate con una grazia magica e dovizia di sopraffini, e sobri, effetti speciali. Tutto è accompagnato da un'incantevole, e mai invasiva, colonna sonora, degna di una favola moderna così dark e struggente.  Gli interpreti di questa novella tragedia del dolore sono di livello eccelso, dai principali sino ai semplici comprimari. Sang-hyeon ha il volto di Kang-ho Song, grande attore del panorama coreano (tra gli altri, Memories of murder e The host) già al lavoro con Park Chan-Wook in Mr. Vendetta e Lady Vendetta, che dona al prete vampiro una doppia personalità, tratteggiando il personaggio con sottili cambi di umore che lentamente lo trasformano. Sullo stesso livello l'ottima performance di Kim Ok-bin, la cui Tae-ju ricorda a tratti le più spietate dark lady del cinema noir d'un tempo, splendida vittima che si trasforma in carnefice. Thirst è una pellicola dal grande contenuto, stilisticamente perfetta e capace di infondere un'inquitudine che aleggierà parecchio nei ricordi. Ribaltando, o meglio plasmando a suo piacimento i canoni del genere "vampiresco" Chan-wook sfodera un'opera potente, sontuosa nel suo spinto minimalismo, intensamente profonda da avvinghiare con la sua efferata Arte.

Thirst Solo un talento crudo e ossessionato come Park Chan-wook poteva aggiungere qualcosa di nuovo all'abusato filone dei vampire-movie. Il regista di Old Boy sforna un'opera difficile e aspra, non adatta ai cuori deboli sia per le tematiche morali che per la disturbante violenza, più morale che fisica. Chi già conosce il suo Cinema non potrà che rimanere estasiato da quest'ennesima opera che si erge a oscura fiaba delle paure e delle ossessioni dell'umano essere. Il vampirismo è l'altro volto di una decadenza dei valori, quando anche nella normalità si viene a contatto con la crudeltà più pura. Mostro o uomo non ha più importanza, quanto è la bramosia a rendere bestiale uno o l'altro, e il combattimento interiore tra la Fede e la fame, tra il presunto bene assoluto e il male all'apparenza più puro, è solo l'eterno conflitto che vive ogni giorno all'interno di tutti. Chan-wook racconta un'altra, splendida pagina, della degradazione attuale ma della speranza che ancora vive in essa, sopita in attesa che arrivi il momento. Il momento della scelta, tra il vivere come una bestia o morire come un uomo.

8.5

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