Ralph Spaccatutto, la recensione: la Disney ci regala un film colorato e nostalgico

Rich Moore spacca tutto con un film divertentissimo e ispirato targato Disney: la recensione di Ralph Spaccatutto.

Ralph Spaccatutto, la recensione: la Disney ci regala un film colorato e nostalgico
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“Io non sono cattiva: è che mi disegnano così”. Questa storica citazione di Jessica Rabbit è quantomai appropriata per cominciare la nostra recensione di uno dei film più attesi e amati dell'anno, ormai entrato di diritto nell'elenco dei Classici Disney.
La citazione è perfetta per due motivi: in primis, Ralph Spaccatutto è un po' la versione a tema videoludico del film di Zemeckis, pur con qualche immancabile influenza da Toy Story. Una volta chiusa la sala giochi, infatti, i personaggi che abitano nei vari cabinati vivono una vita propria, si conoscono tra loro e, spesso, sono un po' diversi da come li vediamo agire sullo schermo (o meglio, da come sono programmati per agire).
“Tu fai il cattivo, ma non vuol dire che tu sia veramente cattivo” è quello che il protagonista Ralph si sente dire dal 'terribile' Zangief in risposta ai suoi dilemmi esistenziali.
Non è la prima volta, in questi anni, che ritroviamo sullo schermo un 'villain' che non sente, in fondo, di esserlo: la tematica, per certi versi, è stata trattata anche in Megamind e Cattivissimo Me, ma Ralph Spaccatutto possiede una marcia in più rispetto ai già validissimi film DreamWorks e Illumination. Il perché lo scopriremo insieme: intanto godiamoci questa featurette, che vi offriamo in esclusiva italiana.

Paperman

Come da ritrovata tradizione Disney, anche Ralph Spaccatutto viene introdotto da un inedito corto animato. Trattasi questa volta di Paperman di John Kahrs, poetica e sognante storia d'amore raccontata, in pochi minuti di rara bellezza, tramite un'animazione computerizzata straordinariamente simile, per effetto, al disegno a mano. Altra particolarità è che il corto è in bianco e nero e con l'unico accompagnamento di una colonna sonora assolutamente perfetta: si potrebbe pensare a un incrocio tra un The Artist e il classico Fantasia, per dare una vaga idea. Ad ogni modo, una delle cose più belle in assoluto viste in sala durante il 2012.

In una grande sala giochi americana (di quelle che, ahinoi, in Italia sono solo un ricordo) convivono decine di videogiochi diversi: per genere, pubblico, periodo di uscita sul mercato. Accanto ai cabinati più moderni abbiamo un reparto vintage di tutto rispetto, in cui fa bella mostra di se Felix Aggiustatutto Felix (Fix-it Felix, Jr.) un tipico arcade dei primi anni '80 in cui il giocatore, nei panni del buffo e solerte Felix, deve riparare i danni arrecati al palazzo in cui vive dal rozzo omaccione Ralph, che sfrattato dai costruttori del condominio di Belposto nella vicina discarica, sfoga rabbia e frustrazione sugli infissi dello stabile, puntualmente riparati dal simpatico protagonista del gioco.
Gloria, onore e torte fatte in casa per Felix, fango e un letto di mattoni scartati per Ralph, sia nel gioco che nella sua “vita reale” di ogni giorno, quando si spengono le luci in sala e i personaggi dei videogiochi sono liberi di vivere come vogliono... o possono. Ogni sera, da trent'anni, Ralph è costretto, dopo un giorno di faticosa e reiterata distruzione, ad invidiare la bella vita di Felix. Ogni giorno per il carpentiere dotato di martello magico c'è una medaglia, perché è bravo ad aggiustare le cose. Ma per chi è programmato per spaccarle, le cose, anche se “a regola d'arte”, non è previsto nessun riconoscimento. Anzi: il suo status sociale di cattivo “sfigato” lo costringe ad essere ostracizzato a priori dai cosiddetti “buoni” ed essere relegato in basso alla scala sociale. Come se il ruolo di “cattivo” se lo fosse scelto da solo. Nonostante il conforto del suo “gruppo d'ascolto per cattivi dei videogiochi” (che comprende gente del calibro di Bowser, M. Bison e il Dr. Eggman) Ralph sente che gli manca qualcosa, e si imbarca in un periglioso viaggio alla ricerca del riscatto che crede di meritare, per tardivo che sia.

I videogiochi, al cinema, hanno sempre avuto una storia travagliata. Non pochi sono i film tratti o ispirati da giochi di successo, ma la maggior parte di loro ha sempre fallito nel riproporre feeling e tematiche dell'universo videoludico. Tanto che, spesso, i migliori film tratti dai videogiochi sono stati quelli senza riferimenti univoci, come il sottovalutatissimo Scott Pilgrim vs. The World di Edgar Wright. E anche in questo caso, il nuovo film Disney compie un passo in avanti rispetto al predecessore, trasformando citazioni e cameo (e addirittura il product placement) in qualcosa di più di un divertissement: fanno parte integrante della trama e rendono funzionali molte scelte di sceneggiatura e regia. Ralph si muove tra la Central Station (efficace snodo fra tutti i mondi dei videogiochi), e altri universi narrativi e ludici con scioltezza, grazie alle intuizioni geniali del regista Rich Moore e del suo staff, assolutamente in forma sia da un punto di vista creativo che squisitamente tecnico.

Ogni cosa è al suo posto, e se per cogliere tutte le citazioni non basta una sola visione (ce ne sono per tutti i livelli di 'nerdaggine', e alcune denotano un'attenzione alla tematica tutt'altro che superficiale) quello che arriva subito agli occhi e al cuore dello spettatore sono le risate, la meraviglia e l'umanità della vicenda, nonostante si parli di una storia ambientata, in realtà, all'interno di un mondo informatico. Niente bit o codice binario, né sconfinati paesaggi minimalisti con luci al neon alla Tron (e guarda caso il film di Lisberger, che era sempre targato Disney, ha compiuto trent'anni proprio da pochi mesi): il mondo di Ralph è coloratissimo e variegato come solo gli universi videoludici sanno essere.
I mondi di Hero's Duty e Sugar Rush, ovvero quelli in cui Ralph andrà a caccia di guai, sono vividi e reali nella mente dello spettatore, ma quello che stupisce è l'intuizione, e la successiva realizzazione, di come sono stati “portati alla vita” tutti i vari personaggi presenti nel film. Ogni “finto-sprite” o modello poligonale ha un pattern di movimenti ispirato a quello che ha nell'universo di riferimento: i personaggi a 8 bit si muovono (ad arte) a scatti, mentre quelli tratti dai giochi anni '90 hanno movenze realistiche ma limitate (l'entrata in scena del soldato d'assalto dentro al saloon è memorabile per ideazione e lungimiranza).

Il tutto contornato, chiaramente, da una realizzazione tecnica globale e una supervisione artistica che ha dell'incredibile. Riuscire a far coesistere così tanti stili grafici diversi in un unico universo (Disneyano, per giunta, e quindi soggetto ad alcuni stilemi e ad altissimi standard qualitativi) non dev'esser stato per niente facile, eppure... la missione è stata compiuta. L'achievement “direzione artistica coi fiocchi” è stato decisamente sbloccato.
Laddove c'era bisogno di pixel art, si è abbondato con quella. Laddove c'era da disegnare un mondo zuccherosissimo e pastelloso, si è ricorso alla miglior palette possibile. Ma quando il gioco si fa duro, e ci si ritrova catapultati nell'incubo insettoide di Hero's Duty, gli effetti particellari si fanno straordinari.
L'attenzione al dettaglio si nota, inoltre, anche nella colonna sonora, con l'utilizzo di un mix di effetti sonori ad hoc, musiche originali e temi ben noti. Per quel che è stato possibile, anche i personaggi dei cameo sono doppiati dai voice actor originali delle versioni americane dei giochi!
E, sempre parlando di doppiaggio, un plauso va sicuramente all'eccellente cast di voci italiane, tra cui campeggia Massimo Rossi, perfetto nella parte di Ralph. Meno convincente, a tratti, l'adattamento di un paio di dialoghi, ma nel complesso l'edizione italiana è veramente ben curata e non fa rimpiangere la versione in lingua originale.

Ralph Spaccatutto Ci aspettavamo un simpatico coacervo di citazioni e riferimenti nerdofili, ad adornare un film per famiglie pieno di azione e personaggi buffi. E in verità ci sarebbe anche bastato. Rich Moore e Disney, però, ci offrono di più: un film che ha un cuore pulsante, artistico ed umano. I videogiochi non sono un pretesto, in questo caso, ma un setting vincente che, però, non ruba la scena: buona parte di quel che accade in Sugar Rush ha poco a che fare coi videogiochi e molto con la buona animazione e l'ottimo storytelling. La sceneggiatura, difatti, non ha una singola sbavatura, e non abusa mai del videogioco per “vincere facile”, riuscendo, oltre a divertire tantissimo un pubblico il più variegato possibile, anche a farlo commuovere a più riprese, soprattutto nel finale, con una morale tutt'altro che scontata. Nota a margine: non osate uscire dalla sala prima della fine dei titoli di coda, alcune delle citazioni più gustose e divertenti le troverete in quei minuti!

9

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