Recensione La fisica dell'acqua

Recensione del film con Claudio Amendola e Paola Cortellesi

Recensione La fisica dell'acqua
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Mentre ci viene ricordato che gli animali fanno qualsiasi cosa per sopravvivere, perché non sanno cosa sia il bene e cosa sia il male, vediamo il bambino di sette anni Alessandro, con le fattezze dell'esordiente Lorenzo Vavassori, manipolare i freni dell'automobile su cui salgono poi Claudio e Giulia, rispettivamente interpretati da Claudio Amendola e Paola Cortellesi.
Ed è ricorrendo ad una struttura narrativa tutt'altro che classica che il regista romano Felice Farina - autore di Condominio, Ultimo respiro e Bidoni- ci porta a conoscenza dei vari protagonisti del suo lungometraggio, nato con il titolo Senza freni e finito di girare nel lontano 2004.
Man mano che i fotogrammi avanzano, infatti, scopriamo che Giulia è la mamma di Alessandro, rimasto orfano di padre quando cominciava a muovere i primi passi, mentre Claudio è suo zio, uomo inafferrabile e testardo che, ricomparso dopo molti anni, è deciso a vendere la villetta sul lago in cui il ragazzino vive con la genitrice.
Chiaro, quindi, che sia il rancore incomprensibile e violento provato nei confronti dell'uomo a spingere Alessandro a mettere in pratica il folle gesto, mentre facciamo anche conoscenza con il commissario di polizia che, con il volto di Stefano Dionisi, si prende cura di lui alla ricerca della verità sull'accaduto.
Una verità nascosta nel buio dei ricordi, tra incubi e visioni surreali.

Parola del regista

“Facendo tesoro di molta passione ed esperienza nel campo, ho realizzato personalmente i visual effects in 2k assieme a Matteo Marson, con un’esperienza di controllo diretto e completo dell’immagine che mi ha riavvicinato all’essenza del cinema; che continua, credo, oltre la morte della pellicola, oltre i rivolgimenti di mezzi e sistemi”.

Le verità nascoste

In un piccolo ruolo, è coinvolto anche il Fabio Ferrari de I ragazzi della 3ª C nei non troppi minuti di visione (siamo sui 76 circa) che, puntando principalmente sul conflitto tra Alessandro e Claudio, pongono in scena soprattutto la contrapposizione dell'innocenza dei bambini al cinismo degli adulti, confermando l'osservazione del regista: "A un certo punto della mia vita ho cominciato ad essere molto sensibile alla sottrazione della verità che gli adulti fanno ai bambini: infatti, è da quel gesto così pieno di significato, fatto per lo più con sistematica incoscienza, che ha origine il perpetuarsi del mondo deprivato della verità. Ecco come sono arrivato all'idea di questo film, del contatto con la verità più pura, quella cercata da un bambino. Una verità personale, non ideologica, che ha il sapore di una piccola rivoluzione, perché ad affermarla è un bambino che non si arrende, che ha il coraggio di ribellarsi agli adulti. Ma la rivoluzione - o cambiamento - determinata dalla verità porta in se un elemento tragico: ecco perché ho scelto ed elaborato assieme agli sceneggiatori una storia che tenesse insieme l'istinto di ribellione con il nucleo della tragedia classica".
E, come il titolo lascia intuire, è l'acqua a fare da elemento dominante della vicenda, immersa (termine più che adatto) nei cupi toni della curatissima fotografia di Pietro Sciortino (Il magico Natale di Rupert) che, complice anche lo spettro del pericolo sempre presente, conferisce all'insieme un'atmosfera quasi horror.
Infatti, nello stantio panorama cinematografico tricolore d'inizio XXI secolo, possiamo tranquillamente considerare la pellicola di Farina un esempio atipico di prodotto nostrano, in quanto vicino - nelle tematiche e nel clima che si respira - a un certo cinema di genere che cavalcavamo (più o meno con successo) tra gli anni Sessanta e Settanta, ma contemporaneamente lontano da esso a causa della propensione a rimanere sufficientemente distante dalla concretezza delle storie popolari per mantenersi, invece, sul piano dei simbolismi lasciati alla libera interpretazione dello spettatore.
Scelta, quest'ultima, che testimonia pretese d'autorialità, rischiando, di conseguenza, di rendere il tutto più adatto ad una visione presso i festival che nella comune sala cinematografica.

La fisica dell'acqua Finito di girare all’inizio del 2004, il film di Felice Farina, della cui travagliata post-produzione ha raccontato anche Valerio Jalongo nel suo Di me cosa ne sai, raggiunge finalmente le sale cinematografiche grazie all’intraprendente Iris Film. Un prodotto atipico, tecnicamente accattivante ma di difficile classificazione, sebbene possa essere definito un thriller psicologico. Un prodotto al cui interno sembra quasi di rivedere alcune delle meno comprensibili storie di Dylan Dog, penalizzato, però, dalla pretesa d’autorialità testimoniata soprattutto dall’ambiguo epilogo volto a trasportare tutto sul piano del simbolismo. Soddisfacendo, di conseguenza, solo la fetta di pubblico maggiormente propensa agli intellettualismi.

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