Recensione Il rito

Il diavolo, probabilmente

Recensione Il rito
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"Esiste un interesse universale nel rito dell'esorcismo. Molto proviene dalla religione, ma molto deriva anche dalla cultura popolare, creata con L'esorcista, già negli anni Settanta, che rimane il film più famoso su questo argomento. In tutto il mondo, le persone sono attratte da questo tema, anche perché - o forse proprio perché - resta un fenomeno non dimostrabile e né interamente compreso. Più è osservato, più si capisce che non si possono trovare facili soluzioni al problema".
A parlare è il regista di origini svedesi Mikael Håfström, il quale, autore del mediocre thriller Derailed-Attrazione letale (2005) e del riuscito horror 1408 (2007), tratto da Stephen King, si occupa con Il rito della tematica dell'esorcismo, che, portata all'interesse del grande pubblico grazie al citato capolavoro friedkiniano e sfruttata in non poche produzioni italiane (L'anticristo, L'ossessa, Chi sei?) ed estere (L'eretica, Abby, I posseduti), è tornata ad invadere il grande schermo, nel terzo millennio, grazie al guardabile The exorcism of Emily Rose (2005) di Scott Derrickson e il pessimo L'ultimo esorcismo (2010) di Daniel Stamm.

Parli del diavolo...

E sono gli stessi Beau Flynn e Tripp Vinson che finanziarono proprio il lungometraggio di Derrickson a figurare tra i produttori del film di Håfström, tratto dall'omonimo libro che il reporter Matt Baglio ha scritto dopo essere rimasto colpito dall'annuncio del Vaticano del 2007 riguardo all'iniziativa di ricominciare ad istruire il clero sul rito dell'esorcismo, con l'intento di avere un esorcista in ogni diocesi del mondo.
Film al cui centro troviamo il seminarista Michael Kovak, il quale, con le fattezze del televisivo Colin O'Donoghue, viene inviato a studiare l'esorcismo in Vaticano nonostante i suoi dubbi sulla controversa pratica e, addirittura, sulla sua stessa fede.
E' indossando un profondo scetticismo come corazza che arriva a sfidare i suoi superiori, invitandoli a rivolgersi alla psichiatria, invece che ai demoni, per trattare i posseduti.
Una corazza che, però, comincia a cedere dal momento in cui viene mandato come apprendista dal poco ortodosso Padre Lucas interpretato dal premio Oscar Anthony Hopkins, leggendario sacerdote che ha eseguito migliaia di esorcismi e che lo coinvolge in un caso talmente inquietante da lasciar intravedere un fenomeno che la scienza non riesce né a spiegare, né a controllare.

...e spunta l'esorcista

Quindi, Håfström si dedica prima di tutto alla presentazione dei vari personaggi, privilegiando un'atmosfera che, tra temporali e sole raramente splendente nel cielo, sembra richiamare proprio il prototipo con Max von Sydow, la cui messa in scena, però, rimane una vetta irraggiungibile della settima arte.
Ma, a partire dalla domanda di Padre Lucas rivolta a Michael "Che ti aspettavi? Teste che ruotano? Zuppe di piselli?", è chiaro che l'intento del regista sia quello di distaccarsi dall'artificiosità della finzione per mantenersi su un piano realistico, tanto più che l'operazione, ambientata prevalentemente a Roma, sembra prendere ispirazione da storie vere.
Ad eccezione della sequenza riguardante l'esorcismo finale, la quale ricorre opportunamente ed in maniera efficace ad un look generale molto più vicino all'horror puro, testimoniando ancora una volta la capacità da parte di Håfström di cimentarsi, senza deludere, con la celluloide di genere.
Infatti, pur senza spingere spettatore e critico a gridare al miracolo, orchestra a dovere i lenti ritmi di narrazione al fine di confezionare 112 minuti di visione coinvolgenti e tutt'altro che noiosi; grazie anche all'ottima prova del cast, il quale, al di là di brevi apparizioni di volti nostrani quali Maria Grazia Cucinotta, Cecilia Dazzi e Giampiero Ingrassia, include il mitico Rutger Hauer di Blade runner (1982) e Sin city (2005). Oltre alla Marta Gastini che, vista nel pieraccioniano Io e Marilyn (2009) ci regala una posseduta decisamente convincente.

Il rito Beau Flynn e Tripp Vinson, produttori di The exorcism of Emily Rose (2005) di Scott Derrickson, figurano tra i finanziatori di questa ennesima pellicola demoniaca che, diretta dallo svedese Mikael Håfström traendo ispirazione dal testo letterario Il rito, scritto da Matt Baglio, giunge nelle nostre sale pochi mesi dopo il brutto L’ultimo esorcismo (2010) di Daniel Stamm. Grazie anche al supporto dell’ottimo cast costituito da veterani e poco più che esordienti, ciò che ne viene fuori è un prodotto capace di coinvolgere senza problemi lo spettatore, avvolto in un’atmosfera che punta prevalentemente al realismo, nel probabile tentativo di rispecchiare le storie vere da cui il tutto prende il via. Prodotto che, al di là dell’irraggiungibile capolavoro friedkiniano L’esorcista (1973), non rientra davvero tra i peggiori incentrati sulla tematica delle possessioni diaboliche.

6.5

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