Recensione Il Gioiellino

Il crac Parmalat rivive nel crollo finanziario dell'azienda agro-alimentare Leda

Recensione Il Gioiellino
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Non è facile trovare nell'attuale panorama della produzione italiana prodotti che si cimentino, coraggiosamente, nel cinema ‘impegnato', capace di accendere la luce di proscenio su quelle storie, o quei personaggi che in qualche modo hanno scritto e scrivono la nostra storia. Ancora una volta, il nome della Indigo associato al volto dell'oramai onnipresente Toni Servillo (formazione produttiva lanciata con gli acclamatissimi L'uomo in più e Le conseguenze dell'amore e poi proseguita sulla falsa riga del genere di ‘indagine sociale' con altri film interessanti tra cui il chiacchieratissimo Il divo), si rivela responsabile di un progetto che ha le succitate caratteristiche. Alla regia l'Andrea Molaioli de La ragazza del lago, thriller psicologico molto apprezzato da critica e pubblico, sempre realizzato dalla stessa squadra produttiva. Una squadra che sembra nel tempo guadagnare terreno e i favori del pubblico (non più di nicchia, ma sempre più vasto) grazie alla continua proposta di un cinema impegnato e di passione, che ha anche il merito di aver fatto della maschera-Servillo uno dei volti più noti e convincenti del cinema italiano contemporaneo. Squadra che vince non si cambia...

A parte quei 14 miliardi di buco, l’azienda è un gioiellino

Liberamente ispirato al celebre crac della Parmalat, Il gioiellino narra la nota vicenda di bancarotta fraudolenta attraverso due dei suoi personaggi chiave: Amanzio Rastelli/Callisto Tanzi (Remo Girone) e il suo fidato ragioniere Ernesto Botta/ Fausto Tonna (Toni Servillo). Narra di come i due uomini siano in grado di portare fin sull'orlo della bancarotta l'azienda agro-alimentare Leda (Latte e derivati) per poi creare dal nulla un conto da ben 14 miliardi, una bolla di soldi destinata a scoppiare da un momento all'altro, mettendo in ginocchio oltre che la stessa società, un mare di risparmiatori che in quell'azienda aveva investito i loro soldi. La sceneggiatura del film (a cura di Ludovica Rampoldi, Gabriele Romagnoli e dello stesso Andrea Molaioli) si sofferma sul carattere istrionico di questi due ‘imprenditori', dipinti non come due adepti del Male, ma uomini (come tutti) facilmente corruttibili dalla sete di denaro e dalla voglia di tenere in piedi un'immagine vincente (aerei privati e lussi sfrenati) ancor prima che una società, barricandosi (come avviene non di rado nella nostra Italia) dietro a credo e valori fortemente condizionati dal cattolicesimo imperante. Una scissione endemica dell'essere perfettamente espressa dalla frase pronunciata a suo tempo da Tanzi ("A parte quei 14 miliardi di buco, l'azienda è un gioiellino"), che esprime il malsano e machiavellico convincimento secondo cui al fine di trasmettere determinati valori (ma quali?) ci si può avvalere di ogni mezzo, inclusa la truffa. Due uomini all'antica che si troveranno a fronteggiare un mondo internazionale dell'economia in forte espansione, senza avere la giusta consapevolezza del cambiamento, ma piuttosto una visione tragicamente ancorata al passato, dal quale (dopo aver tentato senza successo la strada dell'America e della Russia) non riusciranno più a uscire. Perché il mondo degli ‘affari' internazionali è per certi versi proprio "come il Paradiso: difficile entrarvi, impossibile uscirne".

Per aspera ad astra, o viceversa...

Il gioiellino punta a dare una linea coerente a forma e sostanza, scegliendo di raccontare un fatto di cronaca significativo della nostra epoca non in maniera didascalica ma attraverso le pulsioni di alcuni protagonisti della vicenda. L'Italia dell'alta finanza qui si specchia nel volto burbero e determinato del sempre monumentale Toni Servillo (in interpretazioni che rischiano ogni volta di fagocitare il resto del film) e quello più disinvolto e (forse) umano di Remo Girone. Marginale e meno pregnante la figura della nipote di Rastelli, interpretata da Sarah Felberbaum, intelligente e determinata figura di donna che prenderà parte all'avventura aziendale, lasciandosi per un attimo sfiorare dall'incanto emotivo, senza mai perdere però di vista le sue priorità. Tre personaggi con la comune voglia di arrivare, trainati dai loro obiettivi fin sull'orlo del precipizio e poi rovinati a terra senza paracadute. Un tragico volo di Icaro racchiuso nella plumbea fotografia del fidato Luca Bigazzi e nel ricercato realismo del suono in presa diretta a cura di Mario Iaquone, e di ambienti fasulli (dove spiccano in bella vista la Bibbia e mille altre volumi di plastica) quanto il conto da 14 miliardi, in cui è facile perdersi sempre più difficile ritrovarsi. Un punto di vista che osserva senza ergersi a giudice, lasciando invece che siano luoghi e personaggi a parlare, per un film senza dubbio interessante che ha molti elementi di forza e che viene meno solo nell'appeal narrativo, forse sminuito dal fatto che la storia sia nota e che non ammetta dunque alcun colpo di scena, o dal fatto che la mancanza di una presa di posizione forte, non permetta allo spettatore il classico schieramento nelle file delle forze del bene, o del male. Perché il bene e il male qui sono una cosa sola, un mescolarsi di ideali e sentimenti che non può che confonderci, in un mondo in cui è sempre più difficile scindere i buoni dai cattivi.

Il Gioiellino Il crac Parmalat liberamente rivisitato attraverso la storia de Il gioiellino. Un film che si rivela pulito grazie soprattutto alla buona regia di Andrea Molaioli (già apprezzato in La ragazza del lago), e il sempre monumentale Toni Servillo. Un film che non prende posizioni nette, limitandosi (volutamente) a narrare le vicende, indagando nella sfera ‘personale’ dei suoi protagonisti. Una linea neutrale che, sommata alla 'prevedibilità' di una storia già nota, non conferisce al film un particolare appeal, che sembra, in alcuni snodi, perdere di mordente. Caratteristiche che non inficiano comunque la qualità dell’opera, rendendola forse meno appetibile, ma comunque un pezzo di storia societaria ‘doverosamente’ narrata e, va ripetuto, interpretata.

6.5

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