Speciale Dylan Dog e il cinema

La lunga genesi del Dylan Dog cinematografico

Speciale Dylan Dog e il cinema
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Orgoglio nazionale. Agli italiani ne resta ormai poco, sia fuori che dentro i confini del nostro paese.
Abbiamo una cultura millenaria, il buon cibo, vantiamo una marea di titoli sportivi. E battiamo ogni record a riguardo dell'effettiva “fuga di cervelli” da un paese industrializzato. Perché?
Semplice, non riusciamo mai a valorizzare quel che di buono avremmo da offrire.
Tanto che per fare un film su Dylan Dog ci sono voluti gli americani. Cosa che fa decisamente riflettere. L'annuncio di un film statunitense ispirato a Dylan Dog ha fatto indignare molti dylaniati, ma forse bisognerebbe, piuttosto, prendersela maggiormente con la situazione del cinema in Italia, che non riesce mai a spingersi un pochino più in là del presunto cinema d'autore e della commedia facile.
I fumetti della Sergio Bonelli Editore sarebbero una miniera d'oro per l'industria cinematografica, eppure è sempre una mano straniera ad interessarsi ad una qualche trasposizione: nel 2003 accadde ad esempio a Martin Mystère, traslato in animazione (seppure in una versione modernizzata e adolescenziale) da una società francese.
Dopo questo piccolo (ma a nostro parere doveroso) preambolo, veniamo a parlare di Dylan Dog - Il film, in un articolo che in sé è un'anteprima approfondita e un recap di tutto ciò che si è detto, nel bene e nel male, di questa pellicola.

Il fascino ha origini antiche

Del Dylan fumettistico abbiamo già parlato nello speciale apposito, in questa sede invece andremo a scoprire la genesi del film tratto dall'opera ideata da Tiziano Sclavi un quarto di secolo fa.
Inutile ricordare come le tematiche e l'appeal delle storie di Dylan derivino non solo dalle storie gotiche di autori classici come Mary Shelley e Bram Stoker, piene di mostri-umani e umani-mostri, ma anche dal cinema dell'orrore degli anni '70/80, in particolare quello italiano di maestri come Argento o Bava. Le atmosfere, la fascinazione, derivano da lì, e a quello sembrava che prima o poi dovessero tornare. Materiale privilegiato per una trasposizione cinematografica, si è detto, e difatti, in tempi non sospetti e prima del rinnovato interesse per mostri e sovrannaturale arrivato col nuovo secolo, già nel 1994 Dylan fa, in un certo qual modo, una sua apparizione al cinema. Parliamo naturalmente di Dellamorte Dellamore, film di Michele Soavi tratto da un soggetto di Tiziano Sclavi, papà di Dylan. La pellicola in realtà non ha niente a che fare col “vero” indagatore dell'incubo, ma le tematiche e la presenza, come protagonista, di Rupert Everett (alle cui fattezze Claudio Villa e Angelo Steno si sono ispirati per caratterizzare graficamente Dylan Dog quasi dieci anni prima) gli hanno fatto conquistare un posto nel cuore degli appassionati bonelliani.

Dead of night

Quattro anni dopo, nel 1998, la Platinum Studios, fautrice del successo di tanti film tratti da fumetti indipendenti (uno su tutti: Men in black) annuncia l'entrata in pre-produzione di un film basato sul personaggio di Sclavi, dal titolo Dead o f night, titolo che, come possiamo vedere, è rimasto definitivo (almeno per il mercato statunitense) a distanza di ben dodici anni. Viene rilasciato un primo poster promozionale, con un Dylan piuttosto classico ma calato in una tipica città americana. La sceneggiatura viene data in mano a due esordienti, Thomas Dean Donnelly e Joshua Oppenheimer, che in seguito lavoreranno, ad esempio, su Sahara (2005, con Matthew McConaughey e Penélope Cruz). Come regista si indica Breck Eisner, fratello del più noto executive Disney Michael e regista, in seguito, dello stesso Sahara e del recente La città verrà distrutta all'alba. Il progetto, per un motivo o per l'altro, si impantana e rimane in un cassetto per anni, nonostante gli studi sul soggetto continuino (è del 2002, ad esempio, una versione animata di prova, basata sul primo numero americano del fumetto).

Il quarto regno

2004: Dylan riemerge dalle nebbie della Platinum, ma protagonista non più di un live action, quanto di un lungometraggio animato in animazione computerizzata: Dylan Dog: The Fourth Kingdom (Il quarto regno). La storia, che vedeva Dylan impegnato impegnato a procrastinare l'arrivo dell'Armageddon causato da un serial killer sovrannaturale, era stata scritta da Ian Pearson, e doveva essere diretta da Gavin Blair. Nelle intenzioni, uno dei primi thriller sovrannaturali animati. In pratica, un film mai realizzato. Tanto che l'anno successivo si torna al progetto iniziale, con Eisner che ripropone la sua idea di fare interpretare il film dal fascinoso Dylan McDermott, volto noto del cinema (e soprattutto della tv). Con tutta probabilità Dylan avrebbe subìto un cambio di nome: si sarebbe chiamato -almeno negli USA- Derek Donovan!

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Superman diventa Dylan

Passano ulteriori due anni, e mentre Eisner abbandona il progetto, viene scelto e ufficializzato l'attore che darà volto e anima a Dylan: si tratta di Brandon Routh, novello Superman per Bryan Singer. Il nuovo regista incaricato è David R. Ellis, che verrà tuttavia sostituito senza troppe spiegazioni da ambo le parti con Kevin Munroe, specialista di animazione e fumetti, proveniente dal successo di TMNT. Rimane confermata l'ambientazione newyorkese, dopo voci che volevano spostati i set in Connecticut.
È il 2008 e il film ha passato varie riscritture e un'infinita serie di problemi di pre-produzione.
Munroe si rende conto che il suo compito non è facile: Dylan è un personaggio poco conosciuto negli States, ma ha un suo zoccolo duro di fan, e l'obiettivo di creare un film di successo, ma che al contempo rispecchi l'opera originale, è arduo da conseguire.

Ritorno alle origini

Pur mantenendo l'idea di una pellicola dedicata ad un pubblico mainstream, probabilmente ispirandosi al lavoro di Guillermo Del Toro per l'Hellboy di Mike Mignola (che, guarda caso, ha disegnato diverse copertine di DD per conto della casa editrice Dark Horse!), Munroe fa il punto della situazione e si chiede come rendere DD - DoN quanto più possibile fedele al fumetto.
Incomincia dalle incoerenze, cercando di mettere a posto tutto quel che si poteva: via il terribile concept del cambio di nome, si comincia a cercare una nuova location più misteriosa e meno abusata della Grande Mela. Si pensa dunque a New Orleans, effettivamente scelta quasi obbligata dovendo scegliere un luogo misterioso e pieno di superstizione. Nel marzo 2009 si inizia a girare dopo aver ufficializzato finalmente il resto del cast e la sceneggiatura che, attentamente revisionata dallo stesso Munroe, ottiene gli apprezzamenti della Bonelli.

Compromessi da verificare

Per quanto fattibile, il regista canadese cerca dunque di recuperare e incorporare quanto più possibile del Dylan originale, trovando un abile stratagemma per giustificare la mancanza di alcuni elementi chiave. La storia, infatti, non vede le origini del nostro eroe, che anzi dichiara di essersi ritirato dall'attività di indagatore del paranormale e di essersi da poco trasferito in America. Munroe lavora molto sul 'non detto' per far intendere ai fan che, magari, le storie che hanno vissuto sulle pagine dei fumetti sono già accadute. L'assenza di Groucho e dell'ispettore Bloch sono un piccolo colpo al cuore per i fan, ma mentre una versione americanizzata dell'ispettore sarebbe apparsa ridicola, per il sosia dello storico comico purtroppo non c'è stato verso per una questione di diritti d'immagine (gli stessi che impediscono alla Dark Horse di pubblicare Groucho col suo vero nome e coi baffi, nell'edizione americana del fumetto). Ma eccoli sbucare, in sordina, da una foto sulla scrivania del Dylan cinematografico, insieme a tutta una serie di elementi iconografici presi di peso dal fumetto, come il clarinetto, la tazza col logo di Scotland Yard, il mitico galeone mai completato e la caratteristica poltrona per gli ospiti.
Ciò non toglie che Dylan abbia potuto/dovuto farsi nuovi amici nella sua nuova vita da investigatore “normale”, come per l'appunto il fido Marcus (interpretato da Sam Huntington) e cambiato modello di pistola o automobile, andando a scegliere nuovamente un maggiolino, ma stavolta del colore invertito (andando così ad aggirare il divieto Disney di utilizzare maggiolini bianchi in film non propri).

Giuda ballerino! Dylan sta arrivando!

Tramite facebook e il blog ufficiale di produzione del film Munroe e il resto del suo staff hanno spesso spiegato le proprie ragioni, accolto le numerosissime (spesso intransigenti) critiche al proprio operato e ponderato i suggerimenti dei fan per tutta la lunga durata della produzione. Il film, difatti, è stato terminato di montare già a metà del 2010, ma l'applicazione degli effetti visivi e la regolazione del colore della fotografia hanno impiegato davvero parecchio tempo della post-produzione. Tanto che il promo-trailer leakato ad agosto dello scorso anno ha fatto venire parecchi capelli bianchi a Munroe (similmente a quanto successo a Matthew Vaughn con le foto non ufficiali di X-Men: first class trapelate clandestinamente).
La scorsa notte di Halloween, infine, sono stati presentati i primi venti minuti (non definitivi) di pellicola al Roma Film Festival: decisamente niente di entusiasmante, ma difficile dare un giudizio solo in base a quelli. Anche i trailer usciti successivamente, sia quello nostrano che quelli internazionali, non ci permettono di inquadrare bene il prodotto, ovviamente mostrato nei suoi lati più action e fantastici, che paiono metterlo alla stregua di una versione al maschile di Buffy l'ammazza vampiri più che del classico bonelliano.
La storia vede Dylan alle prese con un riluttante ritorno nel mondo del paranormale quando la giovane e bella Elizabeth (Anita Briem) lo contatta per indagare sul misterioso omicidio del padre. Tra zombie, vampiri e lupi mannari, Dylan dovrà trovare la chiave di volta di un antico e potente artefatto, al fine di scongiurare un terribile cataclisma...
Manca oramai poco per noi all'effettiva visione della pellicola: Movieye, come sempre, sarà in prima linea per fornirvi, in anteprima, la recensione del film e una nuova intervista al regista, che verrà in Italia il 15 marzo in occasione della premier mondiale del film.

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