Recensione Bitch Slap

Scapestrato l'omaggio all'exploitation proto-Russ Meyer

Recensione Bitch Slap
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Nel periodo che va dalla metà degli anni Cinquanta ai pieni Settanta, spopolò negli Stati Uniti quel filone che, denominato Nudie e costituito da pellicole i cui soggetti altro non fungevano che da pretesto per poter sfoggiare nudità femminili (solo i seni, però), riconobbe il suo massimo esponente nel "Re delle tette" Russ Meyer, il quale deliziò gli occhi degli spettatori maschi riempiendo di prosperose fanciulle la sua filmografia, spaziante da The french peep show (1954) a Beneath the valley of the ultravixens (1979) - se escludiamo il tardo straight to video Pandora Peaks (2001).
Perché parlare di Russ Meyer? Semplice, perché Bitch slap - Le superdotate, diretto dal cormaniano Rick Jacobson il cui curriculum dietro la macchina da presa, prevalentemente televisivo, include il sequel inedito in Italia di Horror baby (1991) e una manciata di action-movie anni Novanta a suon di arti marziali, si propone in maniera evidente di omaggiare proprio l'autore di Lorna (1964) e Mondo topless (1966); in particolare Faster, pussycat! Kill! Kill! (1965), considerato il suo capolavoro.

Faster, America! Kill! Kill!

Come nel lungometraggio in bianco e nero interpretato dalla statuaria Tura Satana, infatti, al centro della vicenda abbiamo tre sensualissime ragazze con l'automobile in mezzo ad una desertica zona americana.
Ma, se nel film di Meyer si trattava di tre spogliarelliste, qui - con i volti e, soprattutto, i corpi di Julia Voth, Erin Cummings e Ameríca Olivo - soltanto una delle tre ricopre il ruolo della stripgirl squattrinata, mentre le altre due sono una killer corriere della droga e l'intermediaria di un'azienda; arrivate insieme in uno sperduto rifugio con lo scopo di sottrarre un ingente bottino ad uno spietato boss della malavita.
Anche se, inaspettatamente, con l'entrata in scena di un'agente di polizia e di altre figure criminali, la situazione sfugge dal loro controllo e si susseguono tradimenti e rivelazioni, fino al momento in cui si ritrovano l'una contro l'altra

Tre ragazze per un bottino

Tutti eventi che, come in Memento (2000) di Christopher Nolan, seguiamo, però, attraverso una narrazione costituita da flashback alla rovescia, mentre troviamo in scena anche il Kevin Sorbo e la Lucy Lawless ricordati soprattutto per essere stati protagonisti della popolare serie televisiva Xena-Principessa guerriera.
E sembrano esservi anche Dragstrip girl (1957) di Edward L. Cahn e i film della blaxploitation (sottogenere cinematografico costituito da titoli con cast all black) tra le fonti d'ispirazione di Jacobson, che non dimentica neppure di omaggiare in maniera ironica le imprese dell'agente segreto 007.
Però, sebbene l'azione e la violenza sembrino regnare sovrane, tra sanguinolente scazzottate e cadaveri sparsi, l'insieme finisce per apparire tanto movimentato quanto soporifero.
D'altra parte, una certa estetica non distante da quella dei fumetti e il frequente ricorso allo split screen e ad altri virtuosismi tecnici, anziché conferire all'operazione un look originale, come forse il regista ha pensato, finiscono soltanto per infastidire la visione, già non facile da seguire a causa dei diversi incastri narrativi volti a miscelare passato e presente.
Magari, bombardato da scontri corpo a corpo, una castissima sequenza di rapporto saffico e gratuiti giochetti erotici con l'acqua sotto il sole rovente, il seguace irriducibile di una certa cinematografia bis e fuori di testa del secolo scorso potrebbe anche trovare qualche motivo di divertimento in Bitch slap; è inevitabile, però, non avvertire la sensazione che il tutto altro non sia che un fracassone agglomerato di colorati fotogrammi eccessivamente tirato per le lunghe. La cui discutibilissima morale, oltretutto, da qualsiasi punto di vista lo si guardi, sembra essere verbalmente sfoggiata proprio da una delle protagoniste: "Siamo tutte puttane alla fine".

Bitch Slap Regista di diversi lungometraggi d’azione degli anni Novanta, da Quadrato di sangue (1991) con Don”The Dragon”Wilson a Situazione critica (1997) con Michael Dudikoff, Rick Jacobson omaggia i b-movie e il genere exploitation made in USA degli anni Sessanta e Settanta con una pellicola la cui idea di partenza si rifà in maniera evidente a quella che fu alla base del capolavoro meyeriano Faster, pussycat! Kill! Kill! Ma, tra erotismo continuamente generato attraverso immagini che, senza mostrare nulla degli abbondanti corpi delle protagoniste femminili, non sembrano discostarsi poi molto da certi video targati Playboy, e non indifferenti dosi di azione e violenza, il risultato altro non sono che circa 105 fracassoni e confusionari minuti di visione. Testimonianza che non è sufficiente riempire lo schermo di simboli e situazioni derivate dai sottogeneri del passato per poter dar vita ad un sincero e divertente omaggio su celluloide alla scapestrata e gettonatissima exploitation. In più occasioni, Quentin Tarantino e Robert Rodriguez hanno avuto modo di ricordarcelo... e con operazioni molto ma molto più riuscite di questa.

5

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