Recensione Baby Mama

Cosa è disposta a fare una donna in carriera per diventare mamma?

Recensione Baby Mama
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A volte, sentendo parlare del genere della commedia, si pensa a film leggeri, superficiali, incentrati su situazioni comiche, che hanno l'unico scopo di far divertire lo spettatore. Molte opere si basano su questo schema che, si potrebbe affermare, assicura un alto guadagno da un lavoro di pochi sforzi. Ma la commedia non è mai stata solo storielle demenziali e dalla morale facile e tra le sue caratteristiche fondanti c'è il desiderio di voler raccontare, a volte anche in maniera critica, un particolare aspetto della società del tempo in cui vive, nascondendo la narrazione dietro un sorriso indagatore.

Una mamma in prestito

"Ho fatto tutto quello che andava fatto: non ho gridato alle riunioni, non ho messo minigonne, ho sopportato che gli altri dirigenti mi baciassero sulla bocca a natale. È giusto che per diventare il più giovane vicepresidente della mia azienda, sarò la mamma più vecchia dell'asilo? No davvero, ma fa parte del gioco, ed io ho fatto una scelta: alcune donne hanno bambini; io ho promozioni".Kate Holbrook (Tina Fey) è una donna in carriera, completamente assorbita nel proprio lavoro. Le piace quello che fa per vivere ed è anche brava, ma ultimamente ha l'impressione che tutti i bambini che incrocia per strada, la fissino. Vicina ormai alla soglia dei quarant'anni, decide di mettere da parte tutte le proprie convinzioni e di pensare alla possibilità di diventare mamma. Adozione? Una donna single deve aspettare almeno cinque anni prima di essere inserita in lista d'attesa. Fecondazione in vitro? Il suo utero, ormai non più giovane, ha la forma di una T, il che rende le possibilità di rimanere incinta di una su un milione. Kate finisce così nello studio di Chaffee Bicknell (Sigourney Weaver), una costosa agenzia che si occupa di procurare a donne sterili delle mamme in prestito, disposte a contenere nel proprio corpo l'ovulo fecondato di qualcun altro, in cambio di una cospicua somma di denaro. La madre surrogato assegnatale è Angie Ostrowiski (Amy Poehler): una giovane donna di bassa estrazione sociale, "sposata" ("non mi ha mai chiesto di diventare sua moglie, ma non mi ha nemmeno mai chiesto di non esserlo") con un uomo decisamente rozzo, infantile e dai distorti valori morali. Stipulato l'accordo, le due donne finiscono presto a dover dividere lo stesso tetto ed a doversi abituare l'una alle bizzarrie comportamentali dell'altra, con conseguenti scontri verbali e terapia di coppia. Nonostante ciò, l'idea di condividere la stessa gravidanza le unisce molto, trasformando il loro contratto in un'amicizia. Ma Angie nasconde un segreto, che diviene più grande con il passare dei mesi e la presunta assenza del caratteristico pancione.

Uno sguardo al mondo femminile

La prima cosa a cui un film come Baby Mama fa pensare, è il modo in cui la realtà sociale sia notevolmente cambiata. Filo rosso della riflessione è Sigourney Weaver: se alla fine degli anni ottanta interpretava l'antagonista di una Melanie Griffith desiderosa di una sfolgorante carriera che non le fosse impedita a causa del proprio sesso in Una donna in carriera, oggi le circostanze la inducono ad indossare i panni di una donna non più giovane che fa del desiderio femminile di maternità il proprio business, divenendo icona pubblicitaria del proprio lavoro (date le sue continue quanto improbabili gravidanze). Protagoniste che hanno lottato per uscire dalla gabbia della vita domestica, tra famiglia e fornelli, si evolvono così in donne evidentemente rimaste intrappolate in un lussuoso ufficio, tra pratiche da concludere e voglia di realizzarsi. Ben si inserisce in questo contesto il personaggio di Kate Holbrook: una donna decisa, impegnata nel proprio lavoro, risoluta davanti alle difficoltà della vita, che si scioglie però davanti allo sguardo di un bambino, diviene impacciata nel momento in cui deve lasciare la 24 ore a casa e non riesce a resistere al romantico richiamo dell'amore. Tratti distintivi che ricordano molto Liz Lemon, star di 30 Rocks, la serie TV ideata ed interpretata dalla star del Saturday Night Live Tina Fey, che ha appassionato il pubblico statunitense. Similitudini che fanno pensare a Baby Mama come al perfetto pretesto per traslare la sofisticata comicità della Fey sul grande schermo e permettere all'attrice, produttrice e sceneggiatrice, di fare il proprio debutto cinematografico.

Baby Mama conduce per la prima volta dietro la macchina da presa lo sceneggiatore Michael McCullers, noto ai più per essere co-autore degli ultimi due film di Austin Power, che interagisce con la pellicola in maniera intelligente, donando a personaggi e situazioni la giusta dimensione. Nonostante i buoni propositi di creare una commedia brillante che parlasse di una problematica attuale, l'opera non può di certo essere definita un capolavoro (il che ne spiega anche l'uscita relegata alla sempre poco attraente programmazione estiva) e presenta qualche lacuna stilistica. Prima fra tutte la comicità di Amy Poehler che, ingaggiata per essere la nemesi sboccata ed irriverente della sofisticata ironia della Fey, abbandona presto il suo ruolo di spalla e diviene perno della scena e della narrazione. Tra gli attori, da segnalare un insolito Steve Martin nei panni del direttore dell'azienda biologica per cui lavora Kate, in forma smagliante e perfettamente inserito all'interno di un personaggio a tratti surreale.

Baby Mama Baby Mama offre un intrattenimento piacevole e divertente che, nascosto dietro la diversa comicità delle due star del Saturday Night Live, offre anche dei buoni incipit di riflessione sulla società moderna ed alcuni dei suoi meccanismi. Intelligenza, divertimento ed originalità non saranno i suoi tratti distintivi, ma il film di McCullers miscela bene ognuna di queste caratteristiche in egual misura ed offre uno spettacolo che almeno non farà rimpiangere il prezzo del biglietto.

6

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