Top ten Dieci modi per vincere un Oscar

Tra il serio e il faceto, dieci ruoli grazie ai quali si può scommettere la propria vittoria

Top ten Dieci modi per vincere un Oscar
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Quante volte lo ripetiamo durante tutto l’anno: “Quella interpretazione è sicuramente da Oscar”?.
Per poi diventare verdi come Hulk quando vengono annunciate le nomination alle tanto ambite statuine e rimanere tutti un po’ delusi. Per poi ingaggiare battaglie più o meno virtuali con chi la pensa come noi sul cinema, ma non su quell’attore specifico. Per poi dire che i membri dell’Academy non capiscono nulla, che sono guidati da logiche misteriosamente economiche e non artistiche. Per poi generare un bla bla di polemiche che, alla fine, la fa girare ancora meglio questa oliatissima macchina che si chiama star system. Per poi starcene, inesorabilmente, lì, davanti alla TV per un’intera notte, magari con gli amici, ad aspettare chi davvero questo Oscar lo vincerà. Cerchiamo di darci un tono, ma poi - confessiamolo - gli Oscar li seguiamo e li aspettiamo tutti. C’è anche chi scommette, e chi si fa il proprio giro di scommesse con premi casarecci che manco la tombola da Zia Maria. E chi scrive ne sa qualcosa.
Ma sulla frase di cui sopra ci sarebbe molto da dire, soprattutto se a pronunciarla è qualcuno che l’assegnazione delle statuette l’ha seguita meticolosamente ogni anno. Ormai in tanti lo hanno capito: ci sono ruoli che si accettano allo scopo di vincere un Oscar. E ci sono ruoli che quasi te lo assicurano. Tra il serio e il faceto, vediamo quali sono.

10 - L'outsider

Un attore, ma più spesso un’attrice, interpreta una minoranza etnica, una fuori di testa, una persona con qualche problema di inserimento sociale in cui uno sparuto gruppo di giovani possa identificarsi e prenderlo come modello iconico. L’esempio sovrano è Angelina Jolie in Ragazze interrotte: il mondo si stupì dell’incredibile talento della figlia di Jon Voight nell’interpretare una ribelle fuori controllo. Per poi scoprire, solo dopo che l’Oscar fu consegnato, che la bella e allora non tanto procace Angie non recitava affatto: fuori di testa lo era per davvero.
Il grado di sicurezza di questo metodo è piuttosto basso, ma a volte funziona anche se il film è proprio brutto. L’esempio principe è Gabourey Sidibe in Precious, che però si beccò solo la nomination perché chi vinse al suo posto faceva parte di un’altra categoria più sicura. E perché Mo’Nique, madre violenta e dispotica con i peli sulle gambe, era molto più outsider di lei.

In questa edizione: Non c’è un vero e proprio outsider in questa edizione degli Academy Awards, ma come rappresentante delle discriminazioni abbiamo nientemeno che Chiwetel Ejifor per 12 anni schiavo.

9 - Bambini prodigio

Insieme ai cuccioli, le foto di bambini sono quelle che prendono maggiori like su Facebook. E prima di Facebook funzionava già con altri mezzi. Esatto, riscuotono persino più consensi delle tette, è una statistica più volte confutata. Quindi perché mai l’Academy, nel suo infinito cadere e ricadere nei cliché, non dovrebbe adeguarsi a questa regola? Tanto più che di bambini prodigio a Hollywood ne sono passati tanti... Piccoli mostri destinati a crescere male e a tramutarsi in tanti Baby Jane. Se nel frattempo non incontrano un qualche mentore che possa instradarli. Un esempio su tutti: Jodie Foster. Mica ha avuto lo stesso percorso di Drew Barrymore o Macaulay Culkin. O forse i suoi agenti lo hanno nascosto meglio.
C’è da dire che per questa categoria si viene spesso nominati, ma la percentuale di vittoria è ancora piuttosto bassa. Negli ultimi anni si è incrementato il numero di nomination e ci sono state anche un paio di vittorie, ma il record per giovinezza lo detiene ancora Anna Paquin: un Oscar a undici anni per il bellissimo Lezioni di Piano di Jane Champion.

In questa edizione: niente da fare, queste nomination sono vietate ai minori.

8 - Non esserci quasi

L’Oscar per i migliori interpreti non protagonisti apre un ampio range di scelta. In film corali non si capisce in base a quale criterio un attore sia candidato come protagonista e un suo collega con pari numero di scene lo sia come non protagonista (la risposta ve la diamo noi: sono meri accordi contrattuali in fase di casting) e, d’altro canto, persone che hanno un numero di scene limitatissimo si vedono nominate al premio. L’esempio più eclatante fu Judi Dench che vinse per i suoi pochi ma indiscussi minuti in Shakespeare in Love. E questo fece molto scalpore: ci si chiede se e quanto era giusto. Tecnicamente, lo è. Da quel momento in poi si sono alternate le proposte più estreme: da Andy Serkis che prima o poi otterrà una nomination per un film in cui non c’è fisicamente ma che mette in mostra il suo talento, a proposte di voci di doppiatori o narratori.

In questa edizione: avremmo volentieri candidato Sean Penn per I sogni segreti di Walter Mitty o Matthew McConaughey per The Wolf of Wall Street, ma anche questa categoria non è fra quelle con più alta percentuale di riuscita. In questa edizione ci sono tutti.

7 - L'attore comico che interpreta un ruolo drammatico

Accadde un bel giorno che Jim Carrey interpretò The Truman Show (in Italia accadde anche che Diego Abbatantuono interpretò Mediterraneo e il pubblico si stupì. Non è un caso se il film di Gabriele Salvatores vinse l’Oscar, ma in pochi se lo ricordano). La audience di tutto il globo terracqueo si stupì di come Jim Faccia di Gomma potesse essere così intenso in una parte così complessa e multisfaccettata. Non vinse l’Oscar, ma il Golden Globe. E anche l’anno successivo, con Man on the Moon. Poi il mondo si stupì ancora (vabbè, ma allora ditelo!) per Eternal Sunshine of a Spotless Mind. Come se far ridere non fosse estremamente più difficile che far piangere. Come se Charlie Chaplin non fosse “l’unico genio che il cinema abbia mai prodotto”, per dirla con George Bernard Shaw. Comunque anche qui le probabilità di mettere la statuetta sul camino sono ancora basse, ma per stupire la critica più becera, far salire i cachet alle stelle e ottenere innumerevoli altre scritture c’è poco di meglio. Pensiamo anche allo scorso anno, a Bradley “Una notte da leoni” Cooper, che quest’anno viene di nuovo candidato per un secondo film con il medesimo regista...

In questa edizione: l’esponente è Jonah Hill, per The Wolf of Wall Street. Lo stesso anno in cui ha scritto e interpretato anche Facciamola finita.

6 - Interpretare un malato terminale o un affetto da grave patologia

Le quotazioni iniziano pericolosamente a salire quando qualcuno si cimenta nella malattia terminale. Ecco che gli sceneggiatori, ma ancor più gli agenti, esaminano scartabellando tutti i manuali medici delle più gravi forme di malattia. Ma la piaga del Ventesimo Secolo fu una soltanto: l’AIDS. Quindi un altro attore di film di cassetta, di commediole buone per un pomeriggio in famiglia, si cala negli scomodi panni di un avvocato gay che ha tradito Antonio Banderas con un bruttone dall’improbabile tagli di capelli incontrato in un cinema porno che, se non altro per il pessimo gusto, viene punito dalla Provvidenza. Avrete capito l’esempio principe: Tom Hanks in Philadelphia. Si accettano le varianti più estreme: lo scorso anno in molti si indignarono per la mancata nomination dell’ottimo John Hawkes in The Sessions.

In questa edizione: Matthew McConaughey, che è passato da quarto di manzo texano alla coscia di pollo fritta alla texana, e adesso è un magrissimo malato di AIDS, sempre texano, in Dallas Buyer's Club.

5 - Essere protagonisti di un biopic

Che il personaggio sia deceduto o ancora vivo, che si tratti di un personaggio storico-politico, di un artista o di una pietra miliare del mondo musicale, la nomination agli Academy Awards o ai Golden Globes è assicurata. Nella foto abbiamo scelto proprio Reese Witherspoon in Walk the Line proprio perché, seppure la amiamo molto, la sua vittoria agli Oscar nel ruolo di June Carter ci lasciò perplessi allora e ci fa sorridere ancora. La percentuale di vittoria per questo punto è altissima, specialmente se il personaggio è storico. Se poi è combinato anche con altri fattori (sfortuna in amore, consenso politico, una canzone epica, la balbuzie), allora non ce n’è più per nessuno. Oppure se ti chiami Daniel Day Lewis e ti dirige Steven Spielberg mentre interpreti l’uomo che più di tutti è sinonimo di libertà in America.

In questa edizione: I concorrenti si salvano solo perché Dietro i candelabri è un film per la TV (ebbene sì, negli States ne girano di quel livello) e Michael Douglas con la sua perfetta interpretazione di Valentino Liberace ha vinto il Golden Globe nell’apposita categoria.

4 - Interpretare un qualsiasi ritardo mentale

Questa categoria ha talmente tante probabilità di far ottenere svariate nomination all’attore che la interpreta che in Tropic Thunder la penna di Ben Stiller e il talento attoriale di Robert Downey Jr. hanno messo in piedi il personaggio di Kirk Lazarus, un attore che vuole vincere tutti i premi possibili e quindi arriva a cambiare colore della pelle. Kirk a un certo punto esprime la sua teoria sul “non diventare completamente ritardato” davanti alla macchina da presa. E ogni riferimento a Sean Penn e al suo I Am Sam è volutamente non casuale. L’esempio principe è ovviamente Dustin Hoffman in Rain Man, ma anche Tom Hanks con il suo Forrest Gump non scherza. Per quanto riguarda il succitato Sean Penn... be’, magari non vinse, ma la nomination la prese lo stesso.

In questa edizione: quest’anno l’Academy non paga nessuna assicurazione medica. Nemmeno la psicoterapia. Woody Allen è disperato.

3 - Imbruttirsi, ingrassare, dimagrire o comunque trasformarsi fisicamente

Come non citare ancora Tropic Thunder con Kirk Lazarus che cambia colore della pelle? Di esempi di grandi interpretazioni ne abbiamo a iosa: dal grande Bob De Niro a Nicole Kidman, passando per Christian Bale ne L’uomo senza sonno e la meravigliosa Charlize Theron in Monster. E anche nella commedia ci fu per esempio Renée Zellweger ne Il diario di Bridget Jones che segui una rigorosa e gioiosa dieta a base di carboidrati. Le probabilità sono altissime, e del resto siamo già sul podio, gente.

In questa edizione: Christian Bale in American Hustle. La scena che apre il film mostrando la complessa procedura per attaccare il suo toupé dice già tutto, ma non dovesse bastare c'è sempre la sua panza. Tutto il contrario di quel che hanno fatto Matthew McConaughey e Jared Leto per Dallas Buyers Club, del resto.

2 - Interpretare un omosessuale

Il fior fiore dei blog statunitensi con i blogger che meno di tutti al mondo hanno qualcosa di meglio da fare ha analizzato questa categoria. Il verdetto: funziona sempre. Male che vada, la critica mondiale ti osanna. Bene che vada, porti a casa i premi con la carriola. Benino che ti vada, prendi comunque la nomination, come Heath Ledger e Jake Gyllenhaal per Brokeback Mountain. Anche qui ci sono poi le combinazioni, come Tom Hanks in Philadelphia o Charlize Theron in Monster.

In questa edizione: Bradley Cooper in American Hustle. Come dite? Richie DiMaso non è gay? Ha sottomano Amy Adams e alla fine non se la porta mai a letto: siete sicuri della vostra affermazione?

1 - Essere Meryl Streep

Raramente queste top ten hanno il primo posto così inconfutabile. Ma adesso provate a contestare questo. Tra gli attori viventi, la simpaticissima Meryl (già, perché è pure spiritosa!) è considerata dalla critica mondiale la più grande attrice vivente. Al suo attivo ha tre Academy Awards e infiniti altri premi. Ormai può donarli in beneficenza. Esiste una controparte maschile: quell’attore immenso che risponde al nome di Daniel Day-Lewis, ma la Streep ha ottenuto anche quattordici nomination agli Oscar, esclusa quella di quest’anno, e Day-Lewis “solo” due oltre ai premi vinti. E il fatto è che non possiamo, mano sul cuore, non essere d’accordo. Non è mica colpa sua se è bravissima.

In questa edizione: la più probabile vincitrice per questa categoria è... Meryl Streep, per I segreti di Osage County. Quest’anno categoria pura: non interpreta alcun personaggio realmente esistito o ispirato a un personaggio vivente.