Tutti abbiamo amato Zootropolis, abbiamo riso, ci siamo entusiasmati, applaudendo all'ennesimo piccolo miracolo cinematografico della Disney, il 55° del canone ufficiale, che confermava la capacità da parte della casa di Topolino di incantare, affascinare e proporre contenuti in grado di coniugare sentimenti e fantasia, ironia e impegno. Ancora oggi in molti considerano il film diretto da Byron Howard, Rich Moore e Jared Bush più che una pellicola d'animazione per i più piccoli, un prodotto per adolescenti e soprattutto adulti, che si maschera sotto la patina creativa e colorata di un universo immaginifico, tra i più innovativi degli ultimi anni. Perciò andiamo ad analizzare i contenuti e i significati "profetici" e politici di Zootropolis, un viaggio tra animali incredibilmente umani.
Una coniglietta nel XXI secolo
La trama di Zootropolis ha come protagonista la giovane Judy Hopps, una coniglietta in forze al Dipartimento di Polizia della città, che fin dal primo giorno di servizio si vede relegata in incarichi umilianti e sottostimata da superiori e colleghi, i quali sono alle prese con misteriose sparizioni di quattordici cittadini, tutti facenti parte di specie predatorie. Hopps, coinvolta nell'indagine, si troverà a incrociare la strada del simpatico truffatore volpino Nick Wilde. In breve i due, oltre a cercare di dipanare il mistero attorno alle sparizioni a Zootropolis, cominceranno anche a conoscersi, ad andare oltre le apparenze, gli stereotipi, e ad aprirsi l'uno verso l'altro. Come film d'animazione, Zootropolis è a dir poco incredibile. Le musiche di Michael Giacchino, la regia, l'animazione raffinata, il ritmo e un casting perfetto, sono sicuramente tra gli elementi di maggior pregio. Ma il vero asso nella manica è la sceneggiatura di Jared Bush e Phil Johnston, capace di affrontare in modo palese, approfondito e mai banale temi di grande attualità e importanza, quali la discriminazione di genere e razziale, il concetto di paura e violenza nella società moderna, il ruolo dei mass media, il classismo, la burocrazia, il potere che diventa arma nelle mani di individui spietati e arrivisti. Se diamo uno sguardo a come, in questi ultimi cinque anni, è cambiato il clima politico e quali risultati tremendi abbia avuto il proliferare di fake news, la rinascita del razzismo e di una politica amorale, ci rendiamo conto che Zootropolis in realtà aveva previsto tutto.
Il braccio violento della legge
La piccola Hopps, nata in una comunità rurale, coniglietta che ha dovuto e continua a subire profonde umiliazioni, derisioni e intralci verso il suo sogno di diventare un agente di polizia, è un personaggio potentissimo. Per molti versi, Hopps ricorda la giovane, inesperta ma coraggiosa Detective Kate Moore, partner del letale Ispettore Callahan nel terzo film della serie o la Emily Sanders di Charlize Theron in Nella Valle di Elah. Come loro, Hopps deve confrontarsi con un ambiente prettamente maschile, machista, dove le viene costantemente rinfacciato non solo l'essere di un diverso sesso, ma soprattutto la scarsa prestanza fisica. Bufali, elefanti, leopardi, leoni, orsi, tigri, rinoceronti, lupi... vestire la divisa è roba da predatori, o da prede con un arsenale non da nulla. Lei invece viene mandata a dirigere il traffico, ed è solo per l'intervento della pecorella Dawn Bellwether che viene coinvolta in un'indagine importante. Hopps è di sesso femminile, è piccola, è gracile, quindi inutile per i suoi superiori. Peccato che invece sia incredibilmente astuta, determinata, intelligente, deduttiva e coraggiosa. E sono queste le qualità che servono a un poliziotto. Interessante notare come dietro tale discriminazione di genere, Zootropolis celi in realtà una profonda critica al concetto di poliziotto negli Stati Uniti, che ormai da tempo appare legato esclusivamente a una dimensione fatta di violenza e uso sproporzionato della forza. Nessuna abilità investigativa, nessuna capacità di interfacciarsi con il cittadino, solamente dei giganteschi e poco preparati colossi, quasi sempre ex militari.
Zootropolis è una città profondamente razzista e intollerante
Tuttavia Hopps non è un personaggio completamente positivo, almeno all'inizio: pur soffrendo discriminazione e pregiudizi, ne elargisce a sua volta. Il grande critico americano Bill Desowitz ha giustamente fatto notare come nella famosa scena della gelateria, in cui Hopps incontra per la prima volta la volpe Wilde, vi sia una componente di razzismo e di pregiudizi a dir poco incredibile. Wilde viene notato da Hopps, che trova sospette due cose in lui: il modo di fare e soprattutto il fatto che sia una volpe, animale che a Zootropolis, così come nel nostro mondo, ha sempre avuto una fama immeritatamente sinistra.
Non solo un predatore pericoloso per galline, tacchini o altri animali da fattoria, ma il simbolo stesso della doppiezza, viltà e tradimento. Dentro il negozio di gelati, Wilde e il complice Finnick (volpe anche lui ma del deserto) vengono serviti dal proprietario: un gigantesco elefante.
La scena ricorda molto ciò che gli afroamericani hanno subito per decenni, ma anche ciò che hanno sofferto migranti, nativi, nel "magnifico Paese", nella "Patria degli uomini liberi". Quella libertà viene ricordata senza mezzi termini da Hopps al proprietario, dichiaratamente razzista, e poi alle due volpi, completamente riabilitate ai suoi occhi. "Non sei tanto male per essere una volpe" dice Hopps a Wilde. Inconsapevolmente, si dimostra ancora razzista, a un livello più sotterraneo, intimo, pericoloso rispetto al modo dichiarato con cui lo è il gelataio. Il dramma è che non se ne renderà conto per molto tempo. Zootropolis parla proprio di questo, della paura per il diverso, dell'altro, del pregiudizio alimentato da chi? Da Dawn Bellwether certo, ma più in generale da fake news, dai media che per fare notizia si dimenticano della deontologia e responsabilità, di una città molto più spietata e classista di quanto la sua retorica del melting pot suggerisca.
Una metafora del populismo che ha diviso l'America
Il villain si rivela essere Dawn Bellwether, una pecorella, da secoli simbolo di purezza, ma anche del sacrificio biblico, dell'innocenza, una vittima che nel mondo naturale non ha sostanzialmente alcun modo per difendersi. Il suo scopo? Portare le "prede" al potere, punire i predatori, usando una droga che ne risvegli gli istinti più primordiali, ferali e incontrollabili. In altre parole, Bellwether conta sugli ultimi, sui più svantaggiati, su chi è stato tagliato fuori dalla metropoli e dai suoi flussi economici, culturali, politici, in cui bene o male essere un leone o essere un topo ha ancora, purtroppo, un peso enorme nel successo. E questa è l'immagine della politica di nostri tempi, del populismo, che a torto o a ragione ha commesso l'errore di pensare che stare dalla parte degli ultimi e odiare chi è arrivato in cima (come scrisse Eco) sia la stessa cosa. Non a caso il supponente Sindaco Lionheart parla poi di un errore fatto a fin di bene, non si assume alcuna responsabilità della disfatta che egli stesso ha causato e cavalcato per fini personali. Vi ricorda qualcuno? La realtà è che Zootropolis ci parla soprattutto dell'America, sempre più divisa per colore della pelle, ricchezza, lingua e sesso, in cui la paura e non la speranza dominano, in cui vi è un uso assolutamente arbitrario della forza, dove a dispetto di auto, vestiti e colori, essere una volpe è un peccato senza ammenda ed essere un coniglio fa di te una tenera creatura inutile.
Zootropolis: storia di una metropoli inclusiva
Nel 2016 usciva un film d'animazione capace di affrontare in modo unico problematiche davvero complesse e attuali.
Tutti abbiamo amato Zootropolis, abbiamo riso, ci siamo entusiasmati, applaudendo all'ennesimo piccolo miracolo cinematografico della Disney, il 55° del canone ufficiale, che confermava la capacità da parte della casa di Topolino di incantare, affascinare e proporre contenuti in grado di coniugare sentimenti e fantasia, ironia e impegno.
Ancora oggi in molti considerano il film diretto da Byron Howard, Rich Moore e Jared Bush più che una pellicola d'animazione per i più piccoli, un prodotto per adolescenti e soprattutto adulti, che si maschera sotto la patina creativa e colorata di un universo immaginifico, tra i più innovativi degli ultimi anni.
Perciò andiamo ad analizzare i contenuti e i significati "profetici" e politici di Zootropolis, un viaggio tra animali incredibilmente umani.
Una coniglietta nel XXI secolo
La trama di Zootropolis ha come protagonista la giovane Judy Hopps, una coniglietta in forze al Dipartimento di Polizia della città, che fin dal primo giorno di servizio si vede relegata in incarichi umilianti e sottostimata da superiori e colleghi, i quali sono alle prese con misteriose sparizioni di quattordici cittadini, tutti facenti parte di specie predatorie.
Hopps, coinvolta nell'indagine, si troverà a incrociare la strada del simpatico truffatore volpino Nick Wilde. In breve i due, oltre a cercare di dipanare il mistero attorno alle sparizioni a Zootropolis, cominceranno anche a conoscersi, ad andare oltre le apparenze, gli stereotipi, e ad aprirsi l'uno verso l'altro.
Come film d'animazione, Zootropolis è a dir poco incredibile. Le musiche di Michael Giacchino, la regia, l'animazione raffinata, il ritmo e un casting perfetto, sono sicuramente tra gli elementi di maggior pregio.
Ma il vero asso nella manica è la sceneggiatura di Jared Bush e Phil Johnston, capace di affrontare in modo palese, approfondito e mai banale temi di grande attualità e importanza, quali la discriminazione di genere e razziale, il concetto di paura e violenza nella società moderna, il ruolo dei mass media, il classismo, la burocrazia, il potere che diventa arma nelle mani di individui spietati e arrivisti.
Se diamo uno sguardo a come, in questi ultimi cinque anni, è cambiato il clima politico e quali risultati tremendi abbia avuto il proliferare di fake news, la rinascita del razzismo e di una politica amorale, ci rendiamo conto che Zootropolis in realtà aveva previsto tutto.
Il braccio violento della legge
La piccola Hopps, nata in una comunità rurale, coniglietta che ha dovuto e continua a subire profonde umiliazioni, derisioni e intralci verso il suo sogno di diventare un agente di polizia, è un personaggio potentissimo.
Per molti versi, Hopps ricorda la giovane, inesperta ma coraggiosa Detective Kate Moore, partner del letale Ispettore Callahan nel terzo film della serie o la Emily Sanders di Charlize Theron in Nella Valle di Elah. Come loro, Hopps deve confrontarsi con un ambiente prettamente maschile, machista, dove le viene costantemente rinfacciato non solo l'essere di un diverso sesso, ma soprattutto la scarsa prestanza fisica.
Bufali, elefanti, leopardi, leoni, orsi, tigri, rinoceronti, lupi... vestire la divisa è roba da predatori, o da prede con un arsenale non da nulla. Lei invece viene mandata a dirigere il traffico, ed è solo per l'intervento della pecorella Dawn Bellwether che viene coinvolta in un'indagine importante.
Hopps è di sesso femminile, è piccola, è gracile, quindi inutile per i suoi superiori. Peccato che invece sia incredibilmente astuta, determinata, intelligente, deduttiva e coraggiosa. E sono queste le qualità che servono a un poliziotto.
Interessante notare come dietro tale discriminazione di genere, Zootropolis celi in realtà una profonda critica al concetto di poliziotto negli Stati Uniti, che ormai da tempo appare legato esclusivamente a una dimensione fatta di violenza e uso sproporzionato della forza. Nessuna abilità investigativa, nessuna capacità di interfacciarsi con il cittadino, solamente dei giganteschi e poco preparati colossi, quasi sempre ex militari.
Zootropolis è una città profondamente razzista e intollerante
Tuttavia Hopps non è un personaggio completamente positivo, almeno all'inizio: pur soffrendo discriminazione e pregiudizi, ne elargisce a sua volta. Il grande critico americano Bill Desowitz ha giustamente fatto notare come nella famosa scena della gelateria, in cui Hopps incontra per la prima volta la volpe Wilde, vi sia una componente di razzismo e di pregiudizi a dir poco incredibile.
Wilde viene notato da Hopps, che trova sospette due cose in lui: il modo di fare e soprattutto il fatto che sia una volpe, animale che a Zootropolis, così come nel nostro mondo, ha sempre avuto una fama immeritatamente sinistra.
Non solo un predatore pericoloso per galline, tacchini o altri animali da fattoria, ma il simbolo stesso della doppiezza, viltà e tradimento. Dentro il negozio di gelati, Wilde e il complice Finnick (volpe anche lui ma del deserto) vengono serviti dal proprietario: un gigantesco elefante.
La scena ricorda molto ciò che gli afroamericani hanno subito per decenni, ma anche ciò che hanno sofferto migranti, nativi, nel "magnifico Paese", nella "Patria degli uomini liberi". Quella libertà viene ricordata senza mezzi termini da Hopps al proprietario, dichiaratamente razzista, e poi alle due volpi, completamente riabilitate ai suoi occhi. "Non sei tanto male per essere una volpe" dice Hopps a Wilde. Inconsapevolmente, si dimostra ancora razzista, a un livello più sotterraneo, intimo, pericoloso rispetto al modo dichiarato con cui lo è il gelataio. Il dramma è che non se ne renderà conto per molto tempo.
Zootropolis parla proprio di questo, della paura per il diverso, dell'altro, del pregiudizio alimentato da chi? Da Dawn Bellwether certo, ma più in generale da fake news, dai media che per fare notizia si dimenticano della deontologia e responsabilità, di una città molto più spietata e classista di quanto la sua retorica del melting pot suggerisca.
Una metafora del populismo che ha diviso l'America
Il villain si rivela essere Dawn Bellwether, una pecorella, da secoli simbolo di purezza, ma anche del sacrificio biblico, dell'innocenza, una vittima che nel mondo naturale non ha sostanzialmente alcun modo per difendersi.
Il suo scopo? Portare le "prede" al potere, punire i predatori, usando una droga che ne risvegli gli istinti più primordiali, ferali e incontrollabili. In altre parole, Bellwether conta sugli ultimi, sui più svantaggiati, su chi è stato tagliato fuori dalla metropoli e dai suoi flussi economici, culturali, politici, in cui bene o male essere un leone o essere un topo ha ancora, purtroppo, un peso enorme nel successo.
E questa è l'immagine della politica di nostri tempi, del populismo, che a torto o a ragione ha commesso l'errore di pensare che stare dalla parte degli ultimi e odiare chi è arrivato in cima (come scrisse Eco) sia la stessa cosa.
Non a caso il supponente Sindaco Lionheart parla poi di un errore fatto a fin di bene, non si assume alcuna responsabilità della disfatta che egli stesso ha causato e cavalcato per fini personali. Vi ricorda qualcuno?
La realtà è che Zootropolis ci parla soprattutto dell'America, sempre più divisa per colore della pelle, ricchezza, lingua e sesso, in cui la paura e non la speranza dominano, in cui vi è un uso assolutamente arbitrario della forza, dove a dispetto di auto, vestiti e colori, essere una volpe è un peccato senza ammenda ed essere un coniglio fa di te una tenera creatura inutile.
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