Zack Snyder e la Justice League: due volte padre, un solo cuore

Breve analisi dell'evento DC dell'anno sotto la lente d'ingrandimento della genitorialità autoriale e reale di Zack Snyder.

Zack Snyder e la Justice League: due volte padre, un solo cuore
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La Zack Snyder's Justice League nasce principalmente dalla mobilitazione dei fan. Lo abbiamo ripetuto più volte: dopo il flop della versione cinematografica curata da Joss Whedon, i fan più vicini all'autore di Watchmen e 300 hanno dato inizio a una campagna virale social scegliendo come bandiera l'hashtag #ReleaseTheSnyderCut. Il generale dissenso raccolto dalla cosiddetta Josstice League ha infatti costretto Warner Bros. a una drastica rivoluzione ai vertici di DC Films, portando a un cambio di passo produttivo e comunicativo dell'etichetta. I problemi relativi al DCEU erano già emersi dopo Batman v Superman: Dawn of Justice, riguardanti soprattutto i toni scelti per la narrazione. Non piaceva l'idea di un universo cinematografico mainstream troppo dark e un po' respingente per il pubblico generalista, mentre al contrario in casa avversaria la Formula Marvel stava generando profitti miliardari da quasi un decennio.

Lo stile e la metrica autoriale di Snyder non convincevano più i piani alti dello studio, che infatti cominciò a fare pressioni per alleggerire toni e contenuti del crossover DC, nonché l'iconografia artistica del regista, in sostanza chiedendogli di mettere da parte se stesso e la sua impronta artistica e assecondare una visione meno personale e più generalista. Questo portò Snyder a confrontarsi più volte con Warner Bros., che decise di affiancargli addirittura Ben Affleck e Geoff Johns durante lo sviluppo del film. Il conflitto era già esploso, se vogliamo, ma la proverbiale goccia che fece traboccare il vaso ricolmo di risentimento e dolore di Snyder fu l'improvvisa scomparsa della figlia Autumn, adottata durante il matrimonio con la prima moglie, Denise Weber, e morta suicida nel 2017.

L'Autunno nell'anima

La morte della figlia ha giocato il ruolo fondamentale nell'allontanamento di Zack Snyder da Justice League. Se non, in fin dei conti, l'unico. Non perché debbano essere messi da parte i problemi sistemici del DCEU a guida Snyder e nemmeno per ignorare lo spacco creatosi tra la visione dell'autore e le esigenze produttive di Warner Bros., ma se Autumn Snyder non avesse compiuto il gesto estremo la storia sarebbe forse andata diversamente. A rivelarlo è stato proprio il regista in una recente intervista durante la conclusione della post-produzione della sua director's cut di Justice League: "Avevo letteralmente finito", ha dichiarato Zack Snyder, "Mi trovavo in una situazione chiarissima nella quale sapevo che la mia famiglia aveva bisogno di me più di queste stronzate, e avevo bisogno di onorarli e fare il mio meglio per guarire quel mondo, il nostro mondo".
I continui battibecchi con lo studio per il controllo creativo del film non lo interessavano più, in quel momento, così come non riusciva più a concentrarsi a dovere sul suo lavoro. Era solo un padre incapace di curare in fretta (e com'è possibile, d'altronde?) l'immenso dolore per la perdita di un figlio.

"Sarei potuto restare", ha continuato Snyder, "penso che possa esistere là fuori un mondo in cui sono rimasto e ho provato a lottare, a fare entrambe le cose. E sono sicuro che avrei potuto... perché ogni film è una lotta, giusto? Ci ero abituato". Molto semplicemente, non aveva più l'energia per farlo. Si sentiva sconfitto dal suicidio di Autumn e la Justice League e le diatribe con Warner Bros. erano l'ultima cosa al mondo a dargli pensiero. Disse dunque addio al film.

Un anno e mezzo dopo, le cose cambiarono. Prima di tutto perché il regista riuscì a dedicare il tempo necessario alla sua famiglia e ad accettare la perdita della figlia. Secondo poi perché ritrovò la forza di combattere per la sua visione della Justice League, anche se distante dal set, conscio della sua posizione, ormai fuori dai giochi della DC. Cominciò infatti a condividere via social artwork e approfondimenti su quello che sarebbe dovuto essere il suo crossover: Steppenwolf era diverso, c'era Darkseid, c'era Martian Manhunter, la durata era sproporzionata in positivo rispetto a quella cinematografica, il taglio era snyderiano all'eccesso.

Dopo un breve periodo di diffusione virale del materiale, i fan cominciarono a mobilitarsi attivamente su Twitter con una martellante campagna social atta alla pubblicazione della Snyder Cut, la stessa che è stata infine assecondata fino alla recente distribuzione del film.

Quello che forse non viene detto, magari taciuto da Snyder, è che il desiderio di concludere il suo progetto prima e l'avvenuta pubblicazione della Justice League così come da lui pensata poi, sono stati stimoli probabilmente necessari a chiudere un capitolo della sua vita tanto complesso e sfaccettato. È come se in questa sua battaglia per il riconoscimento della giusta e sacrosanta genitorialità di un lungometraggio fatto a brandelli da altri, Snyder volesse portare a termine la sua missione "paterna" per la figlia scomparsa, in suo nome, in sua vece, avendo ben chiaro in mente l'effetto catartico sulla sua anima. Non può essere un caso la scelta del nome dell'Epilogo del film, "Un padre due volte", che ovviamente è sì relativo alla figura e alla storyine di Cyborg (per altro supereroe tra i preferiti di Zack e quello che nel film ha sentito sempre più vicino), ma non prescinde nemmeno i sentimenti e le emozioni del regista, che proprio nel capitolo aggiuntivo si addentra in un approfondimento dedicato al ruolo del genitore e alla perdita, all'effetto che la morte di qualcuno di tanto amato può avere sulla psicologia di una persona, sia essa supereroe o villain.

E vorrebbe che anche per lui restasse soltanto un incubo irrealizzabile, dedicando infine in modo commosso ed esplicito il film ad Autumn, andandosi a riprendere a tutti gli effetti la paternità della Justice League e riaffermando cinematograficamente l'amore per la figlia, rendendo il crossover DC una sorta di eredità spirituale del suo dolore, memoria tangibile di qualcosa che può superare ogni confine, abbattere qualsiasi barriera.

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