Will Smith bandito dagli Oscar per 10 anni: sentenza giusta o esagerata?

Alla fine, la scure dell'Academy è calata e l'attore non potrà più partecipare alla cerimonia né competere per la statuetta per una decade.

Will Smith bandito dagli Oscar per 10 anni: sentenza giusta o esagerata?
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La questione Will Smith sta tenendo banco ormai dal 27 marzo; da quella cerimonia degli Oscar 2022 che non verrà certamente ricordata per la vittoria di CODA (vi segnaliamo in ogni caso la nostra recensione de I Segni del Cuore) o per la terza donna vincitrice di una statuetta per la miglior regia. Ora abbiamo la definitiva certezza che sarà lo schiaffo di Will Smith a Chris Rock a marchiare indelebilmente l'evento, anche perché non sono bastate le scuse ufficiali di Will Smith o il fatto che Will Smith si sia dimesso dall'Academy, o ancora il tentativo di distruggere la carriera di Will Smith bloccando progetti del calibro di Bad Boys 4. Per di più, dopo un'accelerazione del processo di valutazione del caso, è arriva la decisione definitiva dell'Academy che ha bandito Will Smith dagli Oscar per 10 anni. Al che ci chiediamo: è una sentenza equa o l'ennesimo accanimento di Hollywood?

Dalla parte del torto

Partiamo da un inequivocabile dato di fatto: Will Smith ha sbagliato. Su questo non ci sono dubbi. E anche coloro che ritengono che l'attore avesse tutto il diritto di difendere sua moglie da un'offesa, o presunta tale, dovranno ammettere che ciò poteva benissimo essere fatto in maniera più intelligente e meno impulsiva, magari infilando una stilettata tra le trame del discorso di ringraziamento per l'Oscar ricevuto come Miglior Attore Protagonista pochi minuti dopo (fermo restando che secondo noi Will Smith non meritava l'Oscar).

La battuta di Chris Rock ha evidentemente toccato un argomento delicato per l'attore e sua moglie (alla quale si aggiungono trascorsi personali tra i due interpreti), sebbene riteniamo che oggettivamente non sia stata recata un'offesa alla persona di Jada più di quanto non si sia fatto nelle cerimonie passate con altre star e che, pur nello sconforto personale del vissuto quotidiano di una determinata patologia, il gioco della comicità satirica basato sull'alopecia della moglie di Smith poteva passare al massimo come un azzardo di cattivo gusto, ma nel migliore dei casi semplicemente come un qualcosa su cui sorridere per sdrammatizzare.

Fatto sta che non è più così importante stabilire la gravità o meno delle parole di Rock, perché il gesto dell'ex Principe di Bel-Air lo ha portato direttamente dalla parte del torto, in un'ostentazione di machismo tossico condannata da più parti - in effetti sarebbero bastati anche gli occhi all'insù di Jada a cambiare la luce sulla battuta appena incassata. All'evidenza dello sbaglio di Smith si unisce la gravità di tale gesto in un contesto come quello degli Oscar, celebrazione di tutti i valori positivi di un'industria come quella del cinema hollywoodiano che vive di apparenze a tratti ossimoriche e che conta fortemente su cerimonie come quella del 27 marzo per mettere tutti d'accordo, almeno per una notte.

Una punizione esemplare

Will Smith, dopo il rifiuto ad allontanarsi dal Dolby Theatre, avrebbe potuto rimediare fin da subito in diversi modi, manifestando umiltà e pentimento non solo nei confronti dei colleghi seduti in platea, ma chiedendo subito scusa a Chris Rock in un mea culpa che avrebbe trasformato la sua premiazione in una parabola positiva, forse non risolutiva, ma senza dubbio più costruttiva.

Un caso peculiare in cui la vita avrebbe imitato l'arte e Smith avrebbe compiuto un arco di trasformazione come persona e non come uno dei suoi personaggi. Suggellando con un abbraccio o una stretta di mano l'errore commesso, probabilmente anche le conseguenze contro di lui avrebbero potuto essere minori, o comunque le ripercussioni sulla sua carriera meno pesanti, mitigando l'indignazione globale inevitabilmente amplificata da una macchina mediatica che ha alimentato la crociata hollywoodiana contro Smith, come sempre accade in casi simili, calando una pesante scure con il preciso intento di scongiurare la ripetizione di simili circostanze. È così che torniamo a chiederci se la decisione dell'Academy, quei 10 anni lontano dagli Oscar, siano una giusta posizione nei confronti di Will Smith. La risposta è sì. Perché se non è giusta, è per lo meno giustificata da un intento superiore; un messaggio contro la violenza in tutte le sue forme, in un momento storico nel quale una simile prospettiva appare quanto mai importante.

Una punizione esemplare, decorso abbastanza naturale e logico delle sue stesse dimissioni dall'Accademia, che non neghiamo possa essere in qualche modo mortificante per Smith come attore e come persona; ma ognuno deve dimostrarsi sempre e comunque responsabile dei messaggi che veicola attraverso le proprie parole e i propri gesti, soprattutto in un'industria eclettica come quella hollywoodiana, nella quale la morale va a braccetto con l'apparenza.

Nella speranza che quella che rischia di trasformarsi in una crociata contro Smith non si riveli tale con il trascorrere dei mesi, confidiamo nel fatto che le misure prese nei suoi confronti rappresentino per l'interprete un nuovo inizio; un modo per dimostrare il grande assioma americano del successo attraverso il fallimento, della ripresa dopo la caduta. Per vedere Will Smith riconquistare con le unghie e con i denti pubblico e industria, attraverso il suo lavoro e il suo percorso di crescita personale. Una conquista che varrebbe più di tutte le statuette al mondo.

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