Viaggio nel mondo di Alita - Angelo della battaglia

Addentriamoci nello scenario sci-fi del nuovo film di Robert Rodriguez e James Cameron, approfondendo struttura sociale e curiosità dell'ambientazione.

Viaggio nel mondo di Alita - Angelo della battaglia
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Quello di Alita: Angelo della Battaglia è un mondo cyberpunk dal grande impatto visivo, sia su carta, nel manga, che al cinema, nel film diretto da Robert Rodriguez e diretto da James Cameron. Appartenendo ai seinen, l'opera originale di Yukito Kishiro sfrutta una complessità architettonica e sci-fi ricca di dettagli e stratificata nel sottogenere, con un immaginario potente e un utilizzo del postmodernismo opulento ma lontano dai tratti psichedelici od onirici di altri esponenti. L'estetica del manga risulta quindi accattivante ed efficace, propriamente figlia degli anni '90, con tavole che raccontano con poesia i pensieri dei protagonisti ed elaborano l'azione con dinamismo lodevole.
Un lavoro, insomma, non di facile trasposizione, che Rodriguez e soprattutto Cameron hanno però saputo adattare sul grande schermo con intelligenza e pertinenza stilistica, in particolar modo con una certa fedeltà proprio all'impianto visivo e al mondo futuristico. In questo speciale andremo allora ad analizzare parte del background dell'Universo di Alita: Angelo della Battaglia, soffermandoci sulla ricostruzione ambientale della Città Discarica, della Città di Salem e sulla società che esse rappresentano, tra indicazioni temporali e scelte artistiche interessanti.

Above and Below

Nella recensione abbiamo citato in apertura le coordinate temporali della storia, ma qui andremo più nel dettaglio. Alita è in realtà un manga che si suddivide in tre serie cardine: Angelo della Battaglia, Last Order e Mars Chronicle, rispettivamente manga principale, sequel e prequel. Nel primo arco narrativo, Kishiro non dava indicazioni precise, spiegando che i protagonisti agivano in un periodo non meglio specificato del ventiseiesimo secolo. Non era ovviamente necessario approfondire questo particolare elemento, ma nel momento di continuare la storia di Alita ad anni di distanza dalla serie madre, il mangaka ha prontamente deciso di introdurre un calendario del tutto particolare e intuitivo. Stiamo parlando del Calendario Sputnik, che omaggia il primo satellite artificiale spedito in orbita intorno alla Terra, lo Sputnik 1, lanciato nel 1957.
Proprio in Last Order, Kishiro spiega che la storia di Alita: Angelo della Battaglia comincia nell'anno 577 del Calendario Sputnik, quindi esattamente nel 2533, concludendosi nel 590 (2546), a tredici anni di distanza da quando il Dottor Deisuke ritrova il corpo in fin di vita di Alita nella Città Discarica. La trasposizione tiene perfettamente conto delle date e del calendario, tanto che viene indicato direttamente l'anno d'ambientazione. Non tenendo però conto di Last Order, serie successiva e non necessaria ai fini della storia d'origini, Cameron e Rodriguez hanno invece deciso di includere diversi flashback del passato della protagonista, pescando direttamente da Mars Chronicle, che invece copre un arco di tempo importantissimo per la caratterizzazione di Alita e per comprendere parte del suo passato.
Come spiegavamo, l'Universo narrativo del manga di Kishiro è ambientato in due grandi metropoli terrestri, le sole rimaste intatte dopo la Grande Caduta. Stiamo parlando della Città Discarica e della Città di Salem, le due grandi colonne portanti del mondo di Alita, la prima abitata soprattutto da ceti poveri ma comunque con una propria gerarchia, dove a spiccare sono soprattutto i diretti finanziatori del Motorball, mentre la seconda del tutto elitaria, non a caso posta al di sopra della Discarica, a indicarne la superiorità.

Nella ricostruzione cinematografica di queste due grandi metropoli, Cameron si è avvalso dell'incredibile lavoro della WETA Digital di Peter Jackson, cercando di donare personalità e stile differente a ognuno dei due mondi, anche se a dire il vero il secondo non viene mai esplorato internamente. Mentre per la Discarica vengono ricostruiti ambienti costitutivi del suo tessuto urbano, lasciandoci addentrare nei vicoli più bui della città ed edificando un'impalcatura architettonica cyberpunk del tutto credibile, Salem viene mostrata esclusivamente dall'esterno, un luogo inarrivabile per la "feccia" di sotto, che non è tenuta neanche a sapere come sia fatta.
È una scelta funzionale alla narrazione, che prevede un arco legato solo ed esclusivamente agli eventi della prima serie (non tutti, certo), così da puntare allo sviluppo di una sperata trilogia cinematografica - che potrebbe non concludersi mai.
Ad ogni modo, la Discarica è un ambiente ricco di dettagli, dove soltanto pochi scenari sono stati costruiti sul set, lasciando che gli attori si immergessero a fondo nella magia della lavorazione digitale, tra green-screen, motion capture ed effetti speciali di ultima generazione. Il produttore del film, Jon Landau, ha avuto modo di spiegare le difficoltà legate in particolar modo alle ottime scene d'azione, spiegando come la sfida principale sia stata quella "di riuscire a mescolare tanti elementi in modo da far risultare il rendering finale organico, naturale e avvincente".

A svettare su tutte, in questo caso, sono allora le sequenze legate al Motorball, lo sport futuristico inventato da Kishiro mescolando pattinaggio, corse automobilistiche e basket. In sostanza si tratta di una disciplina sostenibile soltanto da umani potenziati con tecnologia cyber, prevedendo impianti high-tech che spaziano dai pattini a reazione a poderose armi montate su braccia e gambe, che i concorrenti utilizzano per fare a pezzi (letteralmente) gli avversari.
Visivamente elettrizzante e trasposto su schermo con coreografie di forte impatto scenico, il Motorball è uno dei plus-valori della produzione, non solo per lo spettacolo che regala, ma anche per la difficoltà della creazione delle sequenze dedicate. Il supervisore degli effetti speciali, Eric Saindon, ha infatti spiegato: "La sequenza del Motorball presenta tanti personaggi bizzarri, estratti a piene mani dal manga originale. È stato difficile trasporre quei look così eccessivi al cinema, perché dovevamo renderli credibili".
Saindon rivela che di base, anche nello sviluppo somatico dei vari cyborg, l'idea era fondere animazione digitale ed emozione degli attori, così da trovare pose ed espressioni credibili da trasporre poi nella scena completa. Stando sia al supervisore che alle parole di Landau e Cameron, Alita: Angelo della Battaglia è risultato un lavoro di trasposizione molto faticoso, perché visivamente complesso.
Essendo molti personaggi creati sfruttando inoltre il mix live-action/CGI - a partire dalla stessa protagonista -, il compito degli animatori e del regista era quello di coordinare il lavoro al meglio delle loro possibilità, cercando di sintetizzare un prodotto credibile capace di giustificare ogni elemento su schermo. E a ben guardare, sembra proprio che ci siano riusciti.

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