Venom su Netflix, peggior cinecomic di sempre o commedia riuscita?

Venom ha deluso i fan, ma ha fatto divertire molti con il suo stile "scult" anni Novanta. Forse sarebbe bastato più equilibrio per un miglior risultato.

Venom su Netflix, peggior cinecomic di sempre o commedia riuscita?
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Mentre oggi ne parliamo per Uncharted (lasciatevi catturare dalla nostra recensione di Uncharted), nel 2018, quattro anni fa, all'uscita di Venom si conosceva la carriera di Fleischer per lo più per il suo esordio, quel Benvenuti a Zombieland che poco prima del lockdown ha avuto anche il suo sequel: nonostante fosse stato chiamato a realizzare un film ambientato in un contesto post-apocalittico, il regista americano si era ritrovato a ricreare, grazie ad alcune maschere, una giostra di irriverenza e di surrealtà, a partire dalla ricerca spasmodica per i Twinkie, ma che terminava con una sua logica orrorifica godibile dalla maggior parte del pubblico generalista.

Con Venom il risultato è stato per lo più il medesimo. Fleischer non era stato chiamato a realizzare un film horror, perché il genere non si adattava necessariamente al personaggio che Marvel ci ha insegnato a conoscere, ma ha danzato tra due generi, molto distanti tra di loro, ma che rappresentano quel marchio di fabbrica che anche in 30 Minutes or Less - sempre dello stesso regista - era facile riscontrare, nella trasformazione di una rapina in banca in un'avventura ai limiti della realtà. Ora che Venom è in trend su Netflix cerchiamo di capire se il risultato degli sforzi di Fleischer sia semplicemente uno dei cinecomic meno amati di sempre o una riuscita e scanzonata comedy (nel duvvio recuperate la nostra recensione di Venom).

Personaggio coerente, film schizofrenico

Il vero problema alla base del titolo è che Fleischer non doveva reinventarsi un personaggio o la sua chiave di lettura: doveva, nel rispetto di quelle che sono le richieste spesso espresse dei fan, amanti della tradizione e delle opere originali non rivisitate - ripercorrere le orme del Simbionte, raccontandoci tutta la sua storia dall'inizio alla fine, per culminare nell'incontro con Spider-Man.

Con l'Uomo Ragno prestato al MCU, il dettame di Sony era chiaro: Venom doveva diventare un personaggio talmente forte da essere in grado di tenere in piedi un universo interamente a lui dedicato. Eddie Brock, il più famoso e ricordato ospite di Venom, interpretato in questo caso da Tom Hardy, dopo il tentativo non apprezzato di Topher Grace in Spider-Man 3, resta per lo più fedele alle necessità del fumetto. Un etico giornalista, che sta perseguendo l'obiettivo di scoprire cosa sta accadendo nei laboratori della Life Foundation, ma allo stesso tempo anche in grado di far coesistere al suo interno la dicotomia tra l'eroe e l'antieroe, così come lo stesso Venom nel corso della sua vita si è dimostrato essere alleato nonché nemico di Spider-Man. Fleischer, nell'affrontare il passato del suo protagonista, omette però le vicende legate al cancro, elemento nei fumetti sorto con la storia del 2003 The Hunger; mantiene, invece, le nozioni riguardanti la madre, morta per complicazioni del parto e l'anaffettività del padre, Carl Brock, col quale non ha rapporti.

Al di là di questi aspetti, che hanno permesso al regista di seguire le tacite indicazioni ricevute da David Michelinie e Todd McFarlane, creatori del personaggio di Venom nel 1986, l'intero film è andato a soffrire di una non chiara e precisa direzione. Una commedia a tinte horror, quello che avevamo già visto nei suoi film precedenti - tranne Gangster Squad, ma sorvoliamo - aggiungendoci un po' di David Cronenberg nella mutazione corporea, fino alla commedia più demenziale possibile. Forte della possibilità di mettere in piedi un duo esplosivo, che coesiste nella stessa persona, Fleischer finisce per prendere due piccioni con una fava: ha sia l'attore che il co-attore in un'unica persona, costringendo Hardy a diventare bizzarro e schizofrenico.

Non c'è bel cinema, non ci sono regole specifiche: c'è solo la volontà di essere demenziali e di conquistare il pubblico con una risata, nonostante dinanzi a noi ci sia la lotta per salvare la Terra dall'invasione dei simbionti. Per questo Venom è stato un film sgangherato, che ha permesso però a Eddie Brock - e di conseguenza agli spettatori tutti - di ritrovarsi molto più a suo agio e in uno stile confidenziale con quello che a vedersi era - ed è - una creatura mostruosa.

Marvel, comicità consolidata

La verità, dall'altro lato, è che Marvel di rodaggio prima di arrivare a regalarci quelli che oggi definiamo essere i capolavori dei cinecomics, ne ha fatto con tutta la Fase Uno, dal 2008 fino al 2013, quando Shane Black ha messo in piedi Iron Man 3, il film che non solo segna l'inizio della Fase Due, ma ci racconta anche che Kevin Feige, produttore dell'intero Marvel Cinematic Universe finora, aveva deciso di maturare e di trasformare quell'embrione in una saga milionaria. Questo perché, proprio nelle condizioni di embrione, era facile notare come tutti i film della Fase Uno appartenessero a uno stile da origin story, nate tanto per raccontare qualcosa che poi si sarebbe evoluto andando avanti.

In questo step Marvel ha saputo mettere le fondamenta per andare, poi, a costruire qualcosa di maturo, di solito, pur non rinunciando alle battutine di matrice Disney unite a vicissitudini più seriose. Basti pensare ad Ant-Man, le cui due iterazioni solitarie sposano molto di più il genere commedia che quello action, come in un certo qual modo fa anche Thor: Ragnarok (chiedete a Heimdall di aprirvi un ponte per la nostra recensione di Thor Ragnarok), fino ad arrivare alla doppietta firmata James Gunn con Guardiani della Galassia Volume 1 e Volume 2.

Atteggiamenti che, però, sono figli del fatto che Marvel nel frattempo si era guadagnata la fiducia del suo pubblico, della sua community, mostrando il lato serioso e coraggioso della propria produzione cinematografica, alla quale ha aggiunto una vena più familiare, domestica ben bilanciata col resto. Mentre Sony ha voluto esordire sin da subito, con coraggio, ma qui diverso da quello americano, con un'accezione schizofrenica del proprio cinema.

Il risultato, ragionando a posteriori, è stato quello di ritrovarci, poi, con un sequel di Venom bistrattato da pubblico e critica, vanificando un altro grande personaggio dell'universo che l'azienda giapponese voleva mettere in piedi, ossia Carnage (qui la nostra recensione di Venom - La furia di Carnage). Altre vicende, però, altre argomentazioni da estrarre dal cilindro: per adesso quello che ci resta e da portare a casa è un film, il primo Venom, degno figlio del proprio regista, che tra horror e action ha preferito creare una commedia che si basasse sugli stilemi di Cronenberg e la demenzialità che aveva già saputo ricostruire in Zombieland, incontrando il favore di una parte del pubblico che ha rivissuto in questo personaggio un'esperienza in pieno stile "scult" anni Novanta. Sebbene ciò possa in parte divertire, forse un po' più di spessore sarebbe stato in linea con il protagonista e una pellicola maggiormente bilanciata avrebbe regalato tutt'altro sapore.

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