Toro Scatenato: paradiso e inferno di un pugile danzante

Il senso ultimo di un film magnifico racchiuso nei pochi minuti della magistrale sequenza iniziale, tra poesia e nostalgia.

Toro Scatenato: paradiso e inferno di un pugile danzante
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Il problema di come iniziare il proprio film è comune a quasi tutti i registi e il catalogo di scelte a disposizione tra il materiale filmico girato in sede di riprese è enorme. Ecco perché alcuni grandi autori sono meritevoli di tale apposizione: in maniera quasi inconscia riescono a rendere meravigliose e ricche di significato anche le decisioni più semplici.
Continuando con la nostra celebrazione di scene e sequenze che hanno fatto (anzi, che sono) la storia del cinema, il nostro sguardo si è fermato alla casella Martin Scorsese. L'anno è il 1980 e la pellicola in questione è una delle più sofferte, umanamente parlando, per la storia personale del regista: Toro Scatenato (Raging Bull). Tre anni prima, infatti, il suo New York, New York era stato un flop immenso, stroncato anche dalla critica dell'epoca; i problemi con la dipendenza dalla cocaina (e la conseguente overdose per la quale finì in ospedale a un passo dalla morte) avevano spinto Scorsese a un percorso di disintossicazione repentino che di certo non lo mise in condizione di essere al 100% della forma nelle riprese del film successivo e, come se non bastasse, anche la sua asma aveva raggiunto livelli preoccupanti. Il copione del biopic di Jake LaMotta piombò proprio sul letto d'ospedale di Scorsese attraverso la mano trepidante di Robert De Niro, da anni assolutamente convinto della solidità di tale progetto.

I pugni danzano

Cosa ci dice l'opening di Toro Scatenato? Prima di tutto, che le scene che via via andranno a susseguirsi sullo schermo non descriveranno un racconto sportivo. Nient'affatto. Dalla sceneggiatura: "I pugni danzano e colpiscono l'aria. Scorgiamo un giovane Jake LaMotta". Dal copione originale sappiamo che in sottofondo avrebbe dovuto esserci Stone Cold Dead in the Market di Louis Jordan (più simile alle atmosfere scanzonate delle strade newyorkesi), ma in seguito ad alcune modifiche - spariscono le intersezioni con lo sfondo nero dello schermo - si decise per l'Intermezzo tratto dalla Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni. Il contrasto del segmento di opera lirica con le immagini sullo schermo è funzionale e meravigliosamente appropriato al contesto che verrà sviluppato in seguito. La calma e la grazia della musica si sposa perfettamente con la febbre prima dell'incontro di pugilato che si avvinghia a LaMotta, creando al contempo un ossimoro evidente con la violenza che di lì a poco si scatenerà sul ring. Il corpo, giovane e atletico, del pugile danza in slow motion sulle note della sinfonia in un perfetto bianco e nero. La sua coreografia è studiata in dettaglio: nessun volto, nessun nome (non ancora), il cappuccio dell'accappatoio rigorosamente abbassato, i movimenti lenti di braccia e piedi che sinuosamente fendono l'aria. La sua è una manifestazione aggraziata di forza e ambizione, di violenza e spregiudicatezza. La sua è una figura quasi avvolta nella nebbia, intangibile, volubile eppure risoluta.

"Non capivo cosa fosse il ring. Non potevo interpretarlo nella mia vita... ma penso che all'epoca lo stessi prendendo un po' troppo alla lettera. In seguito capii che il ring è ovunque. Dipende da quanto sei combattente nella vita. Il più grande nemico che puoi avere è te stesso". (Martin Scorsese) Scorsese, però, su una cosa non ha alcun dubbio: la sequenza più emblematica di tutto il film è quella d'apertura. Dirà anni dopo il title designer Dan Perri, che disegnò la sequenza: "Ho pensato, non è raging bull, ma RAGINGBULL. Si muove così in fretta - è violento, è ossessionato - quindi, non ci dovrebbe essere nessuno spazio tra le due parole in modo da illustrare la sua maniacalità, la sua personalità lunatica, il modo in cui tratta le donne, e così via...".

In bianco e nero

Sulla scelta del bianco e nero: "Abbiamo applicato il color timing fino ad ottenere un bianco e nero che sembrasse autentico; non uno giallognolo o bluastro, ma quanto di più vicino ci sia al vero bianco e nero". Un bianco e nero davvero stupendo, da sogno, che porta la firma del direttore della fotografia Michael Chapman, che aveva già collaborato con Scorsese in Taxi Driver, Ragazzo americano e ne L'ultimo valzer.
Una sequenza dall'assoluto impatto visivo, che ha contribuito in maniera decisiva ad incastonare nella memoria degli spettatori e degli studiosi della settima arte un film immenso, unico e irripetibile.

"I know I'm no Olivier/But if he fought Sugar Ray/He would say/That the thing ain't the ring/It's the play/So gimme a stage/Where this bull here can rage/And though I can fight/I'd much rather recite/That's entertainment!"

Quella presa in esame è solo una delle innumerevoli sequenze che hanno fatto la storia del cinema e che ci proporremo di affrontare almeno una volta a settimana. Se siete arrivati fin qui e vi è piaciuto quanto letto finora, non esitate a dichiarare la vostra sequenza preferita di sempre nei commenti e magari, un giorno, parleremo proprio di quella.

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