Tomb Raider e le difficili sfide da affrontare nel genere dei cinegames

Tomb Raider ha una grande protagonista, una solida base di partenza e uno dei migliori caratteristi come villain, ma potrebbe non bastare.

Tomb Raider e le difficili sfide da affrontare nel genere dei cinegames
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Partendo dal cinema di serie C di Uwe Boll, ostinato non-talento che ha speso anni importanti della sua (poi non decollata) carriera nelle trasposizioni di famosi videogiochi al cinema, il sottogenere dei cinegames non ha finora mai vissuto una vera e propria Golden Age cinematografica, smorzando puntualmente entusiasmo e speranze dei fan con adattamenti poveri di efficacia o inventiva stilistica. Pensando infatti di aver forse trovato materiale corposo e interessante nel media videoludico, registi cresciuti nell'action come Paul W.S. Anderson o Simon West hanno deciso di prendere in mano le redini di progetti tratti da famose saghe come Mortal Kombat, Street Fighter o Resident Evil, sempre e comunque con risultati mediocri, salvo poi per alcuni la rivalutazione come cult di genere per motivi che però esulavano dalla loro qualità. Il boom di simili produzioni è avvenuto soprattutto a metà degli anni '90, anche se ricordiamo nel '93 l'uscita del catastrofico Super Mario Bros con Bob Hoskins, nonostante la risposta negativa di critica e pubblico però Hollywood non ha rinunciato allo sviluppo di nuovi cinegames, arrivando nel primo decennio del 2000 a portare sul grande schermo anche Tomb Raider o Prince of Persia, con risultati comunque opinabili, nonostante il secondo fosse stato prodotto ad esempio dalla Disney e diretto da un autore come Mike Newell.

I cinegames oggi

Seguendo allora il flusso di consenso e successo dei cinecomic dopo Spider-Man o il primo Iron Man, il produttore Avi Arad ha convinto erroneamente Hollywood che un simile trattamento lo avrebbero potuto avere anche più saghe videoludiche, tanto che ormai 10 anni fa si è cominciato a parlare dell'idea di portare al cinema God of War, Shadow of the Colossus, Metal Gear Solid e molti altri titoli che nel 2018 devono vedere ancora la luce. Questo perché il sottogenere in questione è sempre stato minato da un certo modello produttivo abbastanza superficiale, mirato al puro adattamento di personaggi, storia e situazioni di un videogioco, grossolano errore di calcolo se si pensa a quanto i due media parlino in realtà un linguaggio narrativo differente, nonostante poi le indubbie correlazioni. È infatti più facile sfruttare la grammatica cinematografica in un videogioco che fare il contrario, e questo a causa della predisposizione della prima nell'essere declinata in più forme senza intaccare minimamente la sua natura, che va invece a contaminare fortemente il media d'arrivo. Si può raccontare un storia incredibile, con una fotografia artificiale e costruzioni tecniche virtuose anche tramite un videogioco, ma difficilmente l'esperienza di immersione e immedesimazione dei secondi potrà contaminare adeguatamente il cinema. Si tratterebbe di rendere interattivo un modello artistico che perderebbe in tal caso la sua valenza primaria, cosa che a lungo andare sembra aver capito anche Hollywood, attingendo però alla tecnologia videoludica per migliorare VFX ed effetti speciali di grandi blockbuster. Mentre allora si parla dell'arrivo del Call of Duty di Stefano Sollima o del Metal Gear di Jordan Vogt-Roberts, che potrebbero dopo anni di reiterato e sbagliato schema produttivo migliorare la situazione dei cinegames - questo a causa delle scelta di due registi navigati nei generi e capaci di regalare grande spettacolo e intrattenimento -, l'imminente reboot di Tomb Raider con Alicia Vikander pare invece essere il tramonto di un certo modo di intendere questi adattamenti. Da quanto visto finora sembra infatti che il film diretto da Roar Uthaug non abbia grosse frecce al suo arco, nonostante poi proprio l'arco sia l'arma principale della bella Lara Croft. C'è una grande protagonista, addirittura Premio Oscar per The Danish Girl, una solida base di partenza grazie ai recenti titoli della Crystal Dynamics (sui quali sembra si basi interamente la trasposizione) e uno dei miglior interpreti sulla piazza, Walton Goggins, a dare il volto al villain, eppure dai trailer e dalle dinamiche viste finora tutto questo pare non essere abbastanza. Essendo un blockbuster, l'adattamento deve ovviamente contenere una certa dose d'azione, che il materiale rilasciato in realtà promette essere anche sufficientemente entusiasmante, ma a mancare potrebbe essere il carisma della Croft e la volontà di superare certi standard qualitativi imposti dai grandi studios, che per i cinegames non hanno mai funzionato abbastanza.

La sfida che si sono prefissati la Vikander e Uthaug è stata quella di raccontare nelle sue vesti ancora immature di giovane archeologa un personaggio bisognoso di radicare al cinema le sue origini, così da arrivare anche ai neofiti o ai disinteressanti. Nei look e a livello visivo parliamo di una vera e propria traslazione in sala degli ultimi due videogiochi della serie, il che non è assolutamente un male, ma è nell'impianto che questo Tomb Raider provoca anche a distanza di una settimana dall'uscita nelle sale quella sgradevolissima sensazione di già visto, di cinema accomodato alla bell'e meglio tra mix di pesanti rallenty, sceneggiatura povera di contenuto - anche in merito allo sviluppo narrativo - e l'idea semplicistica secondo la quale si stanno vendendo solo il brand e il personaggio e non il film, quindi tanto basta. L'investimento dovrebbe essere oculato e mirato soprattutto alla sceneggiatura, a una storia che possa davvero funzionare al cinema senza perdere l'appeal della controparte videoludica, magari allontanandosi con prepotenza da questa alla ricerca di una propria strada. Il concetto è lo stesso che ha espresso Neil Druckmann nel parlare del prossimo film su Uncharted con Tom Holland: è necessario ripartire da zero nella scrittura di un adattamento, tenendo in mente soltanto gli elementi base che hanno reso la narrativa di Uncharted, in questo caso, così amata e celebrata in tutto il mondo.
Le sfide che deve affrontare Tomb Raider sono insomma tantissime, tutte mirate poi al superamento di una certa stagnazione artistica in questo specifico sottogenere, ancora oggi bisognoso di comprendere al meglio la complessa e sfaccettata grammatica videoludica.

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