Speciale The Matrix 10th Anniversary

L'anello mancante fra videogioco e cinema compie dieci anni.

Speciale The Matrix 10th Anniversary
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L’ospite inatteso.

Correva l'anno 1999. Internet stava cominciando il suo boom, soprattutto in quei paesi già dotati d'infrastrutture telematiche adeguate, Napster emetteva i primi vagiti, Apple immetteva nel mercato il suo primo iBook. Il giro d'affari intorno ai videogiochi conciava ad assumere delle dimensioni sempre più colossali. I telegiornali mostravano al mondo le immagini di una guerra, quella nei territori della ex-Jugoslavia e Kosovo, che erano davvero difficili da distinguere dal seminale Metal Gear Solid di Hideo Kojima, lanciato su Playstation 1 proprio nel febbraio del '99 (almeno in Europa, dato che in nord America e Giappone era uscito qualche mese prima). Tecnologia, media, realtà e percezione della stessa. Questi elementi stavano conciando ad intessere un rapporto sempre più stretto fino alle aberrazioni televisive odierne in cui chi non è dotato degli adeguati strumenti fatica a distinguere, a cogliere i confini netti delle cose. Vero come la finzione? O Finto come la realtà? Siamo figli di McLuhan, ma ancora non riusciamo a ben comprendere se "The Medium is the Message o mess-age". I media riprogrammano la nostra percezione sensoriale perché sono estensioni di noi stessi.In mezzo a tutta questa confusione mediale in cui non era ancora chiaro il livello di pervasività che le nuove tecnologie avrebbero raggiunto, un film dal budget di 65 milioni di dollari circa, piuttosto contenuto per quelle che normalmente erano (e sono) le spese di una major come Warner Bros, si stava trasformando in un autentico caso commerciale ed artistico. The Matrix, scritto e diretto da Andy e Larry Wachowski, due ex autori di fumetti trasferitisi al cinema con risultati inizialmente imbarazzanti (si veda la sceneggiatura di Assasins e il lesbo thriller Bound), e la sua realtà simulata in cui le macchine utilizzavano gli umani come fonte d'energia stava conquistando critica e pubblico andando ad influenzare, suo malgrado, l'iconografia di buona parte del cosiddetto cinema "mainstream". Da quel 1999 i film cominciarono a pullulare di personaggi vestiti con trench di pelle nera, character che indossavano trendissimi occhiali da sole anche mentre dormivano (basti pensare che prima di poter rivedere al cinema dei vampiri privi di abiti in latex e pelle nera abbiam dovuto attendere John Ajvide Lindqvist e il suo "Lasciami Entrare") e riprese funamboliche. Nell'era in cui il villaggio globale profetizzato da McLuhan stava effettivamente diventando tale grazie alla rottura dei confini culturali, geografici e cronologici operata da internet, un film che mixava la subcultura hacker, il cyberpunk di Mamoru Oshii, Alice nel Paese delle Meraviglie, la filosofia di Jean Baudrillard, echi di ogni religione presente sul globo, i videogames e il cinema d'azione hong-koghese, lo straripante successo della pellicola, per quanto inatteso per gli stessi autori e produttori, era, giusto per citare l'Agente Smith "inevitabile". Ma più che per il meltin'pot di citazioni e riferimenti presenti nel film (eXistenZ di Cronenberg, da questo punto di vista è nettamente più profondo e articolato), The Matrix è un film che merita di diritto d'entrare nella storia del cinema perché è stato il miglior esempio di rimediazione videoludica mai visto. Col termine "rimediazione"(coniato dagli studiosi americani Bolter&Gruisin proprio a partire dalle considerazioni dello studioso canadese Marshall McLuhan), s'intende quel meccanismo di scambio ed influenza reciproca a causa del quale è ormai inutile parlare di vecchi e nuovi media. Da questo punto di vista, The Matrix è una autentica chiave di volta per capire quel processo per cui film e videogiochi sono diventati due entità quasi indistinguibili l'uno dall'altro. Se i videogiochi sono ormai necessari per comprendere la realtà stessa, capire Matrix è un passaggio logico obbligato.

L'eletto

L'opera dei fratelli Wachowski rimedia i videogames da un doppio punto di vista: tecnico e strutturale. Prima di addentrarci nell' analisi di come avvenga questo duplice processo, illustriamo brevemente la trama del film per quei pochi che non la conoscessero.Thomas Anderson (Keanu Reeves) è un anonimo programmatore informatico che svolge la sua professione presso una rinomata azienda produttrice di software, la Metacortex. Una buona copertura per quello che in realtà è uno dei più famosi hacker in circolazione, conosciuto nella rete con il nome di Neo. La sua è un'esistenza dedicata ad un unico scopo: capire cosa si cela dietro l'enigmatica Matrix.Viene contattato improvvisamente da Morpheus (Laurence Fishburne), un altro leggendario hacker capo di un gruppo di ribelli; costui offre ad un titubante Thomas/Neo la risposta a tutte le sue domande su Matrix, a patto che lui si unisca al suo manipolo.L'incertezza iniziale di Neo viene meno subito dopo l'interrogatorio sostenuto con quelli che solo in apparenza sembrano agenti del F.B.I. (in realtà sono spie del"sistema"), ed egli accetta infine di unirsi al manipolo di ribelli capeggiati da Morpheus.Dopo essere stato sottoposto ad una strana procedura di rilevamento del segnale, si risveglia nudo ed ancorato a cavi all' interno di una sorta di provetta dalla quale viene espulso e recuperato da Morpheus, che lo accoglie sulla sua nave, la Nabucodonosor. Una volta a bordo, il leader dei rivoluzionari gli rivela la realtà di Matrix, avvisandolo che gli sembrerà tutto assurdo. Dietro quella parola, si cela una neurosimulazione collettiva, un gigantesco programma informatico creato da un'Intelligenza Artificiale che coltiva gli esseri umani in alloggiamenti (come quello in cui era alloggiato lo stesso Neo) con lo scopo di trasformare le persone in batterie capaci di fornire energia a quelle macchine computerizzate e pensanti che oramai hanno preso possesso della terra e ridotto in schiavitù il genere umano. Quella percepita come realtà è solo una non vita artificiale adoperata per mantenere "funzionanti" le pile umane.L'ultima sacca di resistenza opposta a questa tirannide tecnologica, è costituita dalla città di Zion, situata vicino al centro della terra perché quello è l'ultimo posto in cui è rimasto un pò di calore. Neo dapprima è sconcertato di fronte all' evidenza, ma, diventando progressivamente più consapevole delle falle nella struttura di Matrix, diviene l'eletto in grado di muoversi a suo piacimento all'interno del codice informatico di Matrix e di guidare l'umanità verso il riscatto.

Struttura.

Cominciamo ad analizzare il film da un punto di vista strutturale cercando di enucleare come si attui la rimediazione.Quando Morpheus spiega a Neo cosa sia Matrix, usa un programma di simulazione chiamato Struttura. Per accedervi, devono connettere un cavo alla loro corteccia cerebrale. Struttura è una sorta di Matrix in miniatura ed è retta dalle sue stesse regole. Ci sono norme di base, come ad esempio la forza di gravità, che possono essere eluse o addirittura infrante. La scena di combattimento nel dojo virtuale che segue il dialogo fra i due, con tutto il suo florilegio di colpi ipercinetici e salti inverosimili né è un'egregia dimostrazione. Neo, dopo aver caricato nel suo cervello i dati di decine di stili di lotta che spaziano dalla boxe al kung-fu, diviene capace, all' interno della simulazione, di performance altrimenti impensabili, riuscendo perfino a battere chi, come Morpheus, è più prestante e veloce di lui. La forza fisica non conta nel mondo simulato. Conta la consapevolezza, la convinzione di essere più forti.E' lo stesso iter che caratterizza il giocatore di fight game come "Tekken" (Namco) "Dead or Alive" (Tecmo).L'interconnessione via joypad instaurata fra gamer e avatar digitale, consente al primo di agire in un modo che risulterebbe inevitabilmente precluso nella realtà. Calato nella dimensione virtuale con la protesi personaggio, il giocatore può eseguire mosse tanto spettacolari quanto letali, poiché elementi come la gravità, seppur presenti, non sono più rigidamente coercitivi.Possiamo comandare una liceale giapponese alta un metro e cinquantasette, pesante non più di quarantadue chili e mandare agevolmente al tappeto un cyborg alto duecentoventi centimetri. Nelle arene digitali di un videogame non valgono i normali precetti della realtà. E Matrix è esattamente un videogame. Tirannico e globale, ma pur sempre un videogame. E' un mondo che il gioca(t)tore Neo riesce a controllare con un esercizio graduale, poiché questo è il metodo migliore per battere un videogioco: bisogna acquisire abilità attraverso la pratica.L'agente Smith e tutti i suoi sottoposti, sono i custodi posti dall'I.A. a salvaguardia dello status quo della neurosimulazione; nel film vengono chiamati "programmi senzienti". Non hanno un referente fisico come i simulacri delle vittime del mega brain informatico; sono delle immagini di sintesi, delle immortali stringhe di bit deambulanti, con la facoltà di occupare le proiezioni mentali di qualunque individuo estraneo al manipolo di ribelli di Mopheus. Non serve a nulla eliminare l'agente Smith. Il programma migrerebbe subito verso un altro "corpo" ricominciando la caccia ai rivoluzionari. Piccola e doverosa digressione: in una scena del secondo capitolo della saga, "Matrix Reloaded", abbiamo una sequenza di combattimento fra Neo e qualche decina di agenti Smith. Fronteggiare contemporaneamente più nemici di uguale aspetto , è un topos frequente nei ludi interattivi. In alcuni frangenti, quello che in gergo tecnico viene chiamato programma di respawning spontaneo, provvede a rigenerare in modo costante gli avversari del giocatore clonandoli di continuo.Torniamo al primo episodio ora.Nella sequenza finale del film, Neo sembra ormai morto, dopo aver incassato un colpo di pistola dall'onnipresente agt.Smith. Nei fatti non è così. Il suo dominio su Matrix ha raggiunto un livello tale da renderlo immune alle pallottole degli agenti e alle ovvie ripercussioni che un colpo d'arma da fuoco ricevuto dalla sua immagine digitale avrebbe avuto ai danni del suo referente fisico a bordo della Nabucodonosor. Neo è ormai in grado di vedere la matrice digitale del programma che lo circonda, divenendo invulnerabile e capace di muoversi a suo piacimento all'interno di essa. L'agente Smith non è più un ostacolo: ora può letteralmente demolire la stringa di bit che lo costituisce.Questa sorta di hacking filmico, è analogo agli interventi che un gamer può eseguire nel mondo virtuale affrontato. Attraverso specifiche password da immettere in un'apposito menù presente in molti videogame, è possibile modificare l'avatar trasformandolo in un essere invincibile, immune ai colpi che gli vengono inferti. Le operazoni sulla matrice del gioco possono essere ancor più drastiche, utilizzando particolari software o interfacce hardware che elevano la volontà di controllo totale del giocatore; ogni suo desiderio, dall'annullamento della gravità, all'elargizione al personaggio protesi di un'arma con munizioni infinite, diventa possibile inserendo l'apposita formula nella matrice del gioco.Più che un film incentrato sul tema della dicotomia realtà-irrealtà, Matrix è una sorta d'illustrazione  ai processi di apprendimento e fruizione videoludica.Dai combattimenti di Tekken, agli scontri a fuoco di un un TPS, al delirio di onnipotenza di quel videogiocatore che vuole avvilire la macchina ludica intervenendo su di essa tramite i codici.Più che l'eletto salvatore dell'umanità, Neo è l'archetipo del videogamer.

Tecnica

Passando oltre il livello strutturale, possiamo vedere come Matrix rimedi anche una ben specifica peculiarità tecnico/stilistica dei ludi interattivi: la camera virtuale capace di cambiare la posizione in rapporto alle acrobazie dei personaggi.
John Gaeta, il supervisore agli effetti speciali del film, ha concepito una speciale tecnica di ripresa, il BULLET TIME. E' un sistema composto da centoventi macchine fotografiche e due macchine da presa che avvolgono completamente l'immagine filmata, per permettere poi, una totale libertà di scegliere la posizione della cinepresa, elaborando via computer la sequenza.
Secondo lo stesso Gaeta il Bullet Time si propone
come
"a stylistic way of showing that you are in a constructed reality and that space and time are not the same as, you know, as today living our lives. It's slowing down time (...) I could choose to capture only a very brief moment of a sequence (...) I could shoot the same exact stunt several times, creating a simulation of 100 frames per second, 500 or 2000 f.p.s. all with the same camera move, moving at the same speed and time. I can go forward in camera motion and forward in time with the event. I can stop the camera abruptly start moving backwards while the action continues to move forward (...) we are talking about cameras that are now broken from the subject matter. They are virtual. That's what computers have introduced into cinematography" [una cifra stilistica atta a mostrare che ti trovi all'interno di una realtà precostituita e che spazio e tempo non sono propriamente gli stessi della vita di tutti i giorni. E' un rallentamento del tempo. Posso scegliere di catturare solo un breve momento di una sequenza, o potrei filmare lo stesso identico stunt più volte, creando una simulazione a 100 o 500 frame al secondo con gli stessi movimenti della macchina da presa muovendola alla stessa velocità e allo stesso tempo. Posso avanzare col movimento della camera e dell'evento. O posso improvvisamente fermarla facendola indietreggiare, mentre l'azione continua a procedere. Stiam parlando di macchine da presa ormai scisse dalla materia in oggetto. Sono virtuali. E questo è quello che i computer hanno introdotto nel fare cinema].
Gli esiti visivi di questo espediente sono una gioia per gli occhi dello spettatore.
Ammirare Neo mentre si contorce per evitare le pallottole che gli vengon sparate dagli agenti e poter seguire la sequenza in tutta la sua tridimensionalità, è una vera rivoluzione tecnico estetica per il cinema. Ma come afferma lo stesso John Gaeta, questo è ciò che i computer hanno introdotto nel modo di fare un film. Chi ha dimestichezza con le peripezie di Super Mario, conosce già da tempo i pregi stilistici della camera virtuale.
"Super Mario 64" (Nintendo, 1996) nella breve storia dei videogiochi è stato il portatore di un fattore di rinnovamento paragonabile all'introduzione del colore nel cinema. E' il padre dei videogiochi tridimensionali in free roaming; sette anni fa esso ha consentito per la prima volta, di prendere il controllo di un universo poligonale in 3D completamente esplorabile e percorribile dal videogiocatore con la sua protesi digitale. La conoscenza di quest' ambiente alternativo avveniva con una camera virtuale gestibile dall'utente tramite il joypad ed essa funziona proprio come il bullet time di The Matrix.
Anzi, a rigor di logica è il contrario: è il film a funzionare come il videogioco.
Il lavoro dei fratelli Wachowski, rimediando il medium ludico a un doppio livello, strutturale e tecnico, è l'egida stessa della fervida contaminazione mediale oggi necessaria tanto ai film quanto ai videogiochi per continuare in maniera proficua il loro cammino. Più che per i riferimenti cinematografici, filosofici e via discorrendo, l'importanza del primo capitolo della saga di Matrix risiede proprio in questo. E per riconoscergli questo giusto merito non c'era occasione migliore di questa.Che cosa sia Matrix ormai lo sappiamo. Ora dobbiamo solo augurarle "Buon Compleanno!"

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