The Hateful Eight: ma la pellicola non era morta?

Quentin Tarantino ha girato e proiettato in alcuni cinema The Hateful Eight in pellicola. Perchè questo formato è ancora vivo mentre tutti gli altri film sono (per la maggior parte) girati e (quasi sempre) proiettati in digitale?

The Hateful Eight: ma la pellicola non era morta?
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Qualche giorno fa sono andato a vedere The Hateful Eight, il più recente film di Tarantino. Chissenefrega direte voi: ormai è nelle sale da più di due settimane e molti di voi lo avranno già visto. E infatti non voglio parlare nello specifico della qualità del film, che si tratta di un western cupo, ben scritto e piuttosto originale nell'impostazione della seconda parte.
Voglio parlare di come è stato girato e proiettato in alcuni cinema selezionati: in pellicola da 70mm, il formato dei grandi kolossal come Ben Hur, che in Italia si può vedere solo alla Cineteca di Bologna, a Cinecittà e all'Arcadia di Melzo (ne avevamo discusso gli aspetti tecnici in questo articolo). E infatti, pur essendo in un giorno infrasettimanale, l'Arcadia di Melzo, hinterland milanese, pullulava di gente. Se lo avete visto in un qualsiasi altro cinema della penisola, ne avete visto il remaster in digitale: non è affatto un problema visto che il film è identico (tranne la mancanza di una breve scena e dell'intervallo deciso dallo stesso Taran), la qualità dell'immagine sostanzialmente invariata, il processo di montaggio è stato effettuato in digitale ed ormai anche se un film viene girato in pellicola poi viene -quasi- sempre proiettato in digitale (vedi i Batman di Nolan o il prossimo dei Coen, Ave Cesare).
L'unica vera differenza è nella proiezione, che per The Hateful Eight è anch'essa su pellicola. Ed è qui che iniziano i problemi...

Girare in pellicola

Se l'eccezionalità della proiezione in pellicola del film di Tarantino vi interessa a tal punto da avere superato indenni il break tra introduzione e primo paragrafo, allora il dibattito pellicola versus digitale non vi lascia indifferenti. Molto bene: vi consigliamo allora di guardare il documentario Side by Side (in italiano Rivoluzione Digitale, edito da Cinehollywood per la collana Documentaria) dove Keanu Reeves intervista registi e direttori della fotografia, spaccando a metà l'industry tra chi come George Lucas e Danny Boyle sono saliti immediatamente sul carro del digitale e chi non vuole cedere affatto terreno ai bit come Martin Scorsese e Christopher Nolan.
In realtà sono i direttori della fotografia, scelti dai registi, che prediligono un metodo di cattura delle immagini chimico quindi la pellicola piuttosto che una traduzione dell'immagine in bit. Le recenti conquiste della tecnologia ormai consentono di mappare in maniera digitale l'immagine cogliendo tutti i dettagli, le sfumature ed i contrasti, che fino a qualche anno fa erano appannaggio della sola pellicola. Chi si ostina ad utilizzare il formato analogico lo fa perché non si fida: i direttori della fotografia se ne vanno in giro sul set con i loro aggeggi detti esposimetri, valutano la luce e suggeriscono la posizione della macchina da presa; il regista gira la scena, ma può in quel momento avere voce in capitolo solo sulle performance degli attori, non sull'immagine che si vedrà a schermo; per vedere il girato del giorno prima occorre attendere il giorno dopo, quando al mattino vengono recapitati i "giornalieri", nient'altro che i rulli utilizzati il giorno prima per le riprese che nella notte sono stati sviluppati. Esatto, come il rullino contenente le foto della vostra Prima Comunione...
Girare in pellicola presenta le stesse limitazioni di spazio (le fotocamere sono semplicemente più ingombranti, c'è una bobina dentro e non una scheda SD), gli stessi rituali (il cambio del rullo terminato è una pausa dal ritmo frenetico sul set) e lo stesso rapporto fiduciario tra direttore della fotografia e resto del cast/troupe che vi era sul set di Quarto Potere, di Ben Hur, di Tron. Spesso i registi in là con gli anni non difendono la pellicola perchè permette di manifestare in maniera più pura il loro estro artistico, bensì perchè sono stati abituati così sin da quando avevano mosso i primi passi in questo mondo. Non vogliono cambiare e sono forse incalzati da direttori della fotografia, che da habitué sono diventati ormai pappa e ciccia: ma insomma anche un manager prossimo alla pensione già da molto tempo ha riposto la macchina da scrivere nell'armadio ed è passato all'infernale computer...

Proiettare in pellicola

Vabbè, si può decidere di girare in pellicola perché così uno ha sempre lavorato e si è sempre trovato bene: se i cameraman accettano di portarsi appresso fotocamere che pesano 30 chili e posizionarle su carrelli quando il regista chiede 10 secondi di ripresa aerea, non c'è nessun problema. Ma la pellicola nel 2016 cessa di esistere nel momento in cui si accede alla fase di montaggio: già dalla fine degli anni '90 i montatori non ne volevano più sapere di tagliare parti di pellicola e reincollarle con il nastro adesivo, perché il computer consentiva loro di farlo senza vanificare il materiale originale e per di più se c'erano imprecisioni nella luce catturata da una fotografia si poteva agire con l'editing grafico. Ora non so voi, ma io se trovo un bug in un videogioco, un pixel morto sulla mia TV o un bullone mancante nel mobile IKEA non ne sono contento e cerco di far valere le mie ragioni di consumatore che ha acquistato un prodotto difettato. Ma se qualcuno vi dice che la pellicola è bella, perché conserva gli imprevisti del set, l'artigianalità del cinema di un tempo e blablabla, io non ne sono altrettanto contento perchè quando penso ad un artigiano, chessò un liutaio di Cremona, penso ad una persona che realizza a mano ogni singolo oggetto e proprio perché dedica ad esso ore ed ore di lavoro mi aspetto che quando fa un errore anche impercettibile cerchi di correggerlo a mano. Di sicuro non prova a convincere l'avventore al grido di "brutto è bello"...
Proiettare in pellicola poi è ormai da pazzi masochisti. Nuovo Cinema Paradiso -che per inciso è uno dei miei film preferiti- ci trasmette la magia della luce che colpisce il proiettore, la socialità che si viveva ai tempi dei cinema parrocchiali, non di certo dei proiettori che si inceppano, delle pellicole che prendono fuoco, dei baci strappati con un taglio di forbice o un foglietto di carta sopra...

Tarantino, che è un pazzo e masochista, ha il budget e il sogno per presentare un western come se fosse stato girato da maestranze italiane nel 1968, l'epoca d'oro dello spaghetti-western e non di meno l'ultima stagione in cui questo genere abbia fatto sfracelli al botteghino. Ma tutti gli altri si appigliano ad un gusto nostalgico e vintage che non ha semplicemente senso di esistere: io come molti tra voi negli anni '60 nemmeno ero nei sogni dei miei genitori, non ho vissuto quell'epoca e sinceramente non credo riuscirei a sopravvivere con le tecnologie, il clima politico ed il livello di reddito dell'Italia di allora. Nostalgia ne ho per la mia infanzia, per qualcosa che ho vissuto, ma questa vale per i momenti trascorsi in famiglia o con gli amici, a scuola oppure al parco giochi: gli oggetti sono solo il tramite attraverso cui ricordare i tempi addietro, come il Game Boy che per mezzo degli scambi di Pokémon estende la cerchia di amici fidati o il cinema che grazie alla luce diffusa è il teatro perfetto per scoccare il primo bacio; ma i ragazzini d'oggi possono compiere le stesse azioni anche con una Playstation Vita o indossando occhialini 3D... (ok, più o meno).
Sinceramente, non c'è nessuna magia nei Cavi Link o negli schermi 4:3. Né c'è magia sin dall'immagine rossa e nera che campeggia staticamente durante i 5 minuti di Overture con il tema di Morricone che scorre in sottofondo: l'angolo di proiezione deve essere ricalibrato, l'immagine sfarfalla (da quanto tempo nessuno utilizzava questa espressione), micro-graffi e puntini bianchi si notano di tanto in tanto.

Cinema. Uno spettacolo irripetibile

Molti guardano film sulla TV di casa, sulle reti Mediaset, su Sky e da poco su Infinity/Netflix. Alcuni addirittura sullo schermo dello smartphone, 5 pollici o poco più. E' evidente come la sala cinematografica non sia più il luogo prediletto di visione, per questo da molto tempo si cerca di sottolineare i vantaggi in termini di dimensioni dell'immagine, audio a 360° e tecnologie assortite. Il film lo si può rivedere a casa, in copia digitale o Blu Ray, ma non sarà mai la stessa cosa che vederlo la prima volta al cinema: magari non ci sarà al fianco l'amico del cuore o il tizio che infastidisce sgranocchiando i pop-corn, ma più realisticamente l'impianto audio ne sarà sacrificato (2 canali audio per la TV contro il centinaio del cinema), non si potrà godere Star Wars episodio VII nella codifica IMAX ed a maggior ragione The Hateful Eight nel formato in pellicola. Il cinema deve diventare sempre più teatro se vuole avere qualcosa da dire ancora tra 10-20 anni.
E per Tarantino la ricerca dell'irripetibilità della proiezione si è tradotta nella pellicola quale formato anche di proiezione, nell'intro coi titoli di testa e nell'intervallo (per fortuna posizionato strategicamente, non in maniera randomica come fanno certi multisala). L'intenzione è stata quella di replicare la sensazione di gustarsi la prima di un western di Sergio Leone: con la differenza che mentre Tarantino ha utilizzato volutamente tecnologie vetuste e rituali di visione decaduti, il regista romano, invece, non poteva fare altrimenti perché quello era lo standard dell'epoca. E così mentre l'IMAX ed i 48fps de Lo Hobbit ci affascinano grazie alla sua purezza e l'assenza di imperfezione (specie nella stereoscopia), la proiezione su pellicola ci affascina proprio per le sue imperfezioni in fase di proiezione e le sue limitazioni in fase di ripresa: non preoccupatevi, non è l'unico campo in cui la nostra società non sa decidersi tra vecchio e nuovo: però, bisognerebbe mostrarsi coerenti e schierarsi una volta per tutte. Io forse vi ho lasciato intendere da che parte sto... e voi?

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