All'interno della Materia di Bretagna, conosciuta anche come Ciclo Bretone o più amabilmente Ciclo Arturiano, è raggruppato l'insieme di leggende del popolo celtico sulla mitologia della Bretagna, con un occhio di riguardo a Re Artù e ai Cavalieri della Tavola Rotonda. Si tratta principalmente di poemi cavallereschi ed epici con protagonisti personaggi ormai divenuti celebri come lo stesso Artù, Lancillotto, Ginevra, Parsifal e molti altri. Tra questi, un ruolo se vogliamo secondario ma di particolare riguardo rispetto alle tematiche tipicamente cavalleresche lo ha Sir Gawain, italianizzato come Galvano, nipote di Re Artù e al centro di uno dei romanzi cavallereschi allitterativi più conosciuti e amati dei Ciclo Bretone: Sir Gawain e il Cavaliere Verde.
Insieme alle tante altre trasposizioni dedicate alla storia di Excalibur, del Mago Merlino, di Tristano e Isotta e via discorrendo, cinematograficamente parlando proprio il periglioso e coraggioso viaggio di Galvano verso morte certa ha catturato l'interesse della settima arte per ben due volte, nell'omonimo film del 1973 e in Sword of the Valiant del 1984. È in effetti una delle storie più affascinanti, simboliche e potenti del Ciclo Arturiano, che recentemente ha attirato a sé anche il brillante David Lowery (Ghost Story, The Old Man & the Gun), che ha deciso di adattarlo nuovamente al cinema decodificandolo però in una chiave di genere strettamente fantasy, con venature persino orrorifiche, stranianti e morbose.
L'inganno iniziale
Che si tratti di un poema estremamente affascinante e metaforico lo si intuisce soprattutto dalla complessità dell'intreccio, che al suo interno presenta un plot twist che ribalta completamente storia e significato del romanzo. Se conoscete dunque poco o nulla in Materia di Bretagna e dell'intrigante vicenda di Galvano contro il Cavaliere Verde, vi invitiamo a non procedere oltre per evitare di rovinarvi le eventuali (e probabili) sorprese nel The Green Knight di Lowery.
Detto ciò, in queste righe vogliamo proporvi una breve e commentata parafrasi dell'articolato poema scritto in inglese e ricco di figure retoriche sistematiche, così da anticipare l'uscita del film e presentare nei suoi tratti più generici ma significativi un'opera dal potenziale immenso, che potrebbe essere stato finalmente decrittato correttamente da uno degli autori più interessanti attualmente in circolazione.
In ultima analisi filologica (compiuta tra gli altri anche da J.R.R. Tolkien) si pensa che Galvano e il Cavaliere Verde sia stato scritto dal poeta (o collettivo di poeti) denominato Pearl, e che insieme ai restanti tre romanzi del Ciclo di Galvano - appunto Pearl e anche Pazienza e Purezza - vada a completare una parte del Mito di Fondazione dell'Inghilterra come solida base culturale. Essendo Gawain nipote di Artù, siamo già a regno inoltrato e Camelot è guidata dal saggio sovrano, circondato dai suoi fedeli Cavalieri della Tavola Rotonda. Nel bel mezzo dei festeggiamenti natalizi, che avvicinano simbolicamente il poema a sentimenti cristiani, si presenta al banchetto un misterioso cavaliere armato di ascia e completamente verde dalla testa ai piedi, compresi abiti e arma. È lì per una sfida, scoprire se a corte esista qualcuno che abbia il coraggio di decapitarlo con la sua stessa ascia, imponendo una sola condizione: che esattamente un anno e un giorno dopo l'evento, il responsabile si presenti al suo cospetto per ricevere la stessa sorte.
Artù rifiuta prontamente la sfida, annusando l'inganno, ma l'avventatezza e l'entusiasmo del nipote, cavaliere più giovane della Tavola, portano Galvano ad accettare il gioco della decapitazione. Davanti allo straniero dalla pelle smeraldo, Gawain impugna la sua ascia e assesta un fendente che trancia di netto il capo allo sfidante, che una volta decapitato si china a raccogliere la testa dal pavimento sotto lo sguardo attonito dei presenti: con un sol colpo, Galvano ha sancito la sua condanna a morte. Di primo impatto, c'è un evidente contrasto tra la maturità di Artù e il fragile quanto negativo fervore della giovinezza di Galvano, ma anche una riflessione sui pericoli sempre pronti a invadere l'Inghilterra.
Più profondamente, invece, lo scopo iniziale del romanzo è quello di testare lo spirito cavalleresco di uno dei commensali del castello di Camelot: metterne alla prova promesse e principi, sfidarlo a un perverso quanto stimolante - in qualche modo - gioco di lealtà rispetto alla nobile etica dei giusti. Tornando anche a un sentore biblico e cristiano, il Cavaliere Verde è identificato da qualcuno come il Diavolo Tentatore, e data l'età di Galvano e il coraggio di affrontare tale sfida, proprio il protagonista racchiude in sé un richiamo cristologico che viene poi esteso nel suo viaggio verso la Green Chapel, come se fosse un confronto diretto con i propri peccati equiparabile ai giorni nel deserto di Gesù. Solo una volta completato il suo difficile cammino per le lande bretoni, comunque, ci si addentra nel cuore pulsante del racconto.
Il ribaltamento finale
Stanco e ormai quasi sfinito dal suo girovagare, Galvano raggiunge infine un castello dove viene accolto calorosamente dal suo signore, tale Bertilak de Hautdesert, e dalla moglie. Riposatosi e invitato a banchetto dalla coppia, il protagonista spiega le ragioni del suo viaggio e sottolinea la necessità di dover raggiungere la Green Chapel entro pochi giorni: ne va della sua parola e dei suoi principi. Ascoltata la storia, Bertilak rasserena Galvano rivelandogli che la Cappella Verde da lui ricercata si trova a poche ore di distanza dal castello, dove il signore del maniero invita comunque Gawain a soggiornare per un po' di tempo, così da riprendersi completamente prima di incamminarsi verso il suo destino. Galvano accetta di buon grado la gentilezza di Bertilak, che il mattino dopo, prima di andare a caccia, propone un tradizionale Scambio dei Doni (tipicamente cavalleresco e natalizio, siamo sempre nel periodo della festività) al suo ospite: lui consegnerà a Galvano la preda catturata se quest'ultimo consegnerà al signore del castello quello che avrà ottenuto nel corso della giornata. Il protagonista accetta e Bertilak parte per la caccia.
Rimasta nel maniero, la moglie dei signore entra però nella camera da letto di Galvano cercando di sedurlo e ottenendo soltanto un bacio da quest'ultimo (torna il tema della tentazione), che in rispetto dei suoi valori allontana con tatto e delicatezza la Lady del castello. Una volta rientrato, Bertilak consegna al suo ospite un cervo, che simbolicamente rappresenta l'immortalità - quasi fosse di buon augurio per lui -, ricevendo in cambio il bacio ottenuto dalla moglie del suo anfitrione.
Nei giorni successivi la donna tenta nuovamente di sedurre Galvano, ottenendo prima due baci e infine tre, che il protagonista scambia con Bertilak con un cinghiale (simbolo di coraggio e ferinità) e con una volpe, atta invece a rappresentare l'astuzia. Il terzo giorno la donna regala però a Gawain anche una fascia di seta verde che avrebbe dovuto proteggerlo da qualsiasi colpo. Nel momento dello scambio con la volpe, afflitto da molti dubbi e dalla paura di morire decapitato, il cavaliere decide di tenersi l'oggetto, tradendo l'accordo e di conseguenza anche parte dei valori e dei principi che aveva giurato di osservare.
Bertilak appare inconsapevole del mancato rispetto dello scambio dei doni, e il giorno seguente saluta Galvano che parte verso la Cappella Verde con indosso la cintura della Lady, incontrando nel luogo prestabilito il suo sfidante, intento ad affilare l'ascia per decapitarlo.
Soddisfatto che Gawain abbia mantenuto la parola data e ringraziandolo per la sua lealtà e le sue virtù, il Cavaliere Verde tenta invano di mozzare il capo al Cavaliere della Tavola Rotonda, incontrando una misteriosa resistenza che riesce a rompere solo con un terzo e ultimo fendente, che sfiorando il collo di Galvano gli provoca soltanto una lieve ferita. La cintura donatagli dalla dama del castello funziona e il giovane nipote di Artù ha salva la vita, ingannando a sua volta l'ingannatore e facendo tesoro dei doni del signore del maniero, che lo hanno reso ferino davanti al pericolo, astuto e strategico nelle sue decisioni, infine immortale ai colpi d'arma bianca. Quando il Cavaliere Verde capisce di essere impossibilitato a decapitarlo rivela allora a Galvano la verità: lui è sempre stato in realtà Sir Bertilak ed è stata la perfida Morgana a organizzare l'intero "gioco", pensando che Artù accettasse la sfida e ritrovandosi invece tra le mani il nipote avventato, ma più furbo del previsto. Comprendendo di aver tradito in buona sostanza la fiducia della stessa persona per ben due volte, Gawain è inizialmente sconcertato e dispiaciuto, ma il Cavaliere Verde gli spiega che essere ingannati fa parte dell'ingegnosità e della sagacia dell'avversario, appianando in conclusione le divergenze.
Rientrato infine a Camelot, Galvano decide comunque di indossare perennemente la cintura verde smeraldo come monito per il futuro e come ricordo delle promesse infrante con Sir Bertilak. Un emblema talmente risonante alla corte di Re Artù, così sintomatico del rimpianto del cavaliere e della sua avventura, della scelta dell'onore rispetto alla virtù, che il sovrano di Camelot sceglie di far indossare da quel momento in avanti a tutti i membri della Tavola Rotonda proprio una fascia verde simile a quella del nipote.
The Green Knight, Galvano e il Cavaliere Verde nel Ciclo Arturiano
Approfondiamo le radici letterarie e cavalleresche del nuovo e atteso progetto cinematografico scritto e diretto da David Lowery.
All'interno della Materia di Bretagna, conosciuta anche come Ciclo Bretone o più amabilmente Ciclo Arturiano, è raggruppato l'insieme di leggende del popolo celtico sulla mitologia della Bretagna, con un occhio di riguardo a Re Artù e ai Cavalieri della Tavola Rotonda. Si tratta principalmente di poemi cavallereschi ed epici con protagonisti personaggi ormai divenuti celebri come lo stesso Artù, Lancillotto, Ginevra, Parsifal e molti altri. Tra questi, un ruolo se vogliamo secondario ma di particolare riguardo rispetto alle tematiche tipicamente cavalleresche lo ha Sir Gawain, italianizzato come Galvano, nipote di Re Artù e al centro di uno dei romanzi cavallereschi allitterativi più conosciuti e amati dei Ciclo Bretone: Sir Gawain e il Cavaliere Verde.
Insieme alle tante altre trasposizioni dedicate alla storia di Excalibur, del Mago Merlino, di Tristano e Isotta e via discorrendo, cinematograficamente parlando proprio il periglioso e coraggioso viaggio di Galvano verso morte certa ha catturato l'interesse della settima arte per ben due volte, nell'omonimo film del 1973 e in Sword of the Valiant del 1984.
È in effetti una delle storie più affascinanti, simboliche e potenti del Ciclo Arturiano, che recentemente ha attirato a sé anche il brillante David Lowery (Ghost Story, The Old Man & the Gun), che ha deciso di adattarlo nuovamente al cinema decodificandolo però in una chiave di genere strettamente fantasy, con venature persino orrorifiche, stranianti e morbose.
L'inganno iniziale
Che si tratti di un poema estremamente affascinante e metaforico lo si intuisce soprattutto dalla complessità dell'intreccio, che al suo interno presenta un plot twist che ribalta completamente storia e significato del romanzo. Se conoscete dunque poco o nulla in Materia di Bretagna e dell'intrigante vicenda di Galvano contro il Cavaliere Verde, vi invitiamo a non procedere oltre per evitare di rovinarvi le eventuali (e probabili) sorprese nel The Green Knight di Lowery.
Detto ciò, in queste righe vogliamo proporvi una breve e commentata parafrasi dell'articolato poema scritto in inglese e ricco di figure retoriche sistematiche, così da anticipare l'uscita del film e presentare nei suoi tratti più generici ma significativi un'opera dal potenziale immenso, che potrebbe essere stato finalmente decrittato correttamente da uno degli autori più interessanti attualmente in circolazione.
In ultima analisi filologica (compiuta tra gli altri anche da J.R.R. Tolkien) si pensa che Galvano e il Cavaliere Verde sia stato scritto dal poeta (o collettivo di poeti) denominato Pearl, e che insieme ai restanti tre romanzi del Ciclo di Galvano - appunto Pearl e anche Pazienza e Purezza - vada a completare una parte del Mito di Fondazione dell'Inghilterra come solida base culturale. Essendo Gawain nipote di Artù, siamo già a regno inoltrato e Camelot è guidata dal saggio sovrano, circondato dai suoi fedeli Cavalieri della Tavola Rotonda. Nel bel mezzo dei festeggiamenti natalizi, che avvicinano simbolicamente il poema a sentimenti cristiani, si presenta al banchetto un misterioso cavaliere armato di ascia e completamente verde dalla testa ai piedi, compresi abiti e arma. È lì per una sfida, scoprire se a corte esista qualcuno che abbia il coraggio di decapitarlo con la sua stessa ascia, imponendo una sola condizione: che esattamente un anno e un giorno dopo l'evento, il responsabile si presenti al suo cospetto per ricevere la stessa sorte.
Artù rifiuta prontamente la sfida, annusando l'inganno, ma l'avventatezza e l'entusiasmo del nipote, cavaliere più giovane della Tavola, portano Galvano ad accettare il gioco della decapitazione. Davanti allo straniero dalla pelle smeraldo, Gawain impugna la sua ascia e assesta un fendente che trancia di netto il capo allo sfidante, che una volta decapitato si china a raccogliere la testa dal pavimento sotto lo sguardo attonito dei presenti: con un sol colpo, Galvano ha sancito la sua condanna a morte.
Di primo impatto, c'è un evidente contrasto tra la maturità di Artù e il fragile quanto negativo fervore della giovinezza di Galvano, ma anche una riflessione sui pericoli sempre pronti a invadere l'Inghilterra.
Più profondamente, invece, lo scopo iniziale del romanzo è quello di testare lo spirito cavalleresco di uno dei commensali del castello di Camelot: metterne alla prova promesse e principi, sfidarlo a un perverso quanto stimolante - in qualche modo - gioco di lealtà rispetto alla nobile etica dei giusti.
Tornando anche a un sentore biblico e cristiano, il Cavaliere Verde è identificato da qualcuno come il Diavolo Tentatore, e data l'età di Galvano e il coraggio di affrontare tale sfida, proprio il protagonista racchiude in sé un richiamo cristologico che viene poi esteso nel suo viaggio verso la Green Chapel, come se fosse un confronto diretto con i propri peccati equiparabile ai giorni nel deserto di Gesù. Solo una volta completato il suo difficile cammino per le lande bretoni, comunque, ci si addentra nel cuore pulsante del racconto.
Il ribaltamento finale
Stanco e ormai quasi sfinito dal suo girovagare, Galvano raggiunge infine un castello dove viene accolto calorosamente dal suo signore, tale Bertilak de Hautdesert, e dalla moglie. Riposatosi e invitato a banchetto dalla coppia, il protagonista spiega le ragioni del suo viaggio e sottolinea la necessità di dover raggiungere la Green Chapel entro pochi giorni: ne va della sua parola e dei suoi principi.
Ascoltata la storia, Bertilak rasserena Galvano rivelandogli che la Cappella Verde da lui ricercata si trova a poche ore di distanza dal castello, dove il signore del maniero invita comunque Gawain a soggiornare per un po' di tempo, così da riprendersi completamente prima di incamminarsi verso il suo destino. Galvano accetta di buon grado la gentilezza di Bertilak, che il mattino dopo, prima di andare a caccia, propone un tradizionale Scambio dei Doni (tipicamente cavalleresco e natalizio, siamo sempre nel periodo della festività) al suo ospite: lui consegnerà a Galvano la preda catturata se quest'ultimo consegnerà al signore del castello quello che avrà ottenuto nel corso della giornata. Il protagonista accetta e Bertilak parte per la caccia.
Rimasta nel maniero, la moglie dei signore entra però nella camera da letto di Galvano cercando di sedurlo e ottenendo soltanto un bacio da quest'ultimo (torna il tema della tentazione), che in rispetto dei suoi valori allontana con tatto e delicatezza la Lady del castello. Una volta rientrato, Bertilak consegna al suo ospite un cervo, che simbolicamente rappresenta l'immortalità - quasi fosse di buon augurio per lui -, ricevendo in cambio il bacio ottenuto dalla moglie del suo anfitrione.
Nei giorni successivi la donna tenta nuovamente di sedurre Galvano, ottenendo prima due baci e infine tre, che il protagonista scambia con Bertilak con un cinghiale (simbolo di coraggio e ferinità) e con una volpe, atta invece a rappresentare l'astuzia. Il terzo giorno la donna regala però a Gawain anche una fascia di seta verde che avrebbe dovuto proteggerlo da qualsiasi colpo.
Nel momento dello scambio con la volpe, afflitto da molti dubbi e dalla paura di morire decapitato, il cavaliere decide di tenersi l'oggetto, tradendo l'accordo e di conseguenza anche parte dei valori e dei principi che aveva giurato di osservare.
Bertilak appare inconsapevole del mancato rispetto dello scambio dei doni, e il giorno seguente saluta Galvano che parte verso la Cappella Verde con indosso la cintura della Lady, incontrando nel luogo prestabilito il suo sfidante, intento ad affilare l'ascia per decapitarlo.
Soddisfatto che Gawain abbia mantenuto la parola data e ringraziandolo per la sua lealtà e le sue virtù, il Cavaliere Verde tenta invano di mozzare il capo al Cavaliere della Tavola Rotonda, incontrando una misteriosa resistenza che riesce a rompere solo con un terzo e ultimo fendente, che sfiorando il collo di Galvano gli provoca soltanto una lieve ferita.
La cintura donatagli dalla dama del castello funziona e il giovane nipote di Artù ha salva la vita, ingannando a sua volta l'ingannatore e facendo tesoro dei doni del signore del maniero, che lo hanno reso ferino davanti al pericolo, astuto e strategico nelle sue decisioni, infine immortale ai colpi d'arma bianca. Quando il Cavaliere Verde capisce di essere impossibilitato a decapitarlo rivela allora a Galvano la verità: lui è sempre stato in realtà Sir Bertilak ed è stata la perfida Morgana a organizzare l'intero "gioco", pensando che Artù accettasse la sfida e ritrovandosi invece tra le mani il nipote avventato, ma più furbo del previsto.
Comprendendo di aver tradito in buona sostanza la fiducia della stessa persona per ben due volte, Gawain è inizialmente sconcertato e dispiaciuto, ma il Cavaliere Verde gli spiega che essere ingannati fa parte dell'ingegnosità e della sagacia dell'avversario, appianando in conclusione le divergenze.
Rientrato infine a Camelot, Galvano decide comunque di indossare perennemente la cintura verde smeraldo come monito per il futuro e come ricordo delle promesse infrante con Sir Bertilak. Un emblema talmente risonante alla corte di Re Artù, così sintomatico del rimpianto del cavaliere e della sua avventura, della scelta dell'onore rispetto alla virtù, che il sovrano di Camelot sceglie di far indossare da quel momento in avanti a tutti i membri della Tavola Rotonda proprio una fascia verde simile a quella del nipote.
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