Le Streghe di Robert Zemeckis: cosa non ha funzionato in questo remake?

Le Streghe di Zemeckis è su Netflix, ma ha ricevuto recensioni tiepide da pubblico e critica. Scopriamo cosa non ha funzionato.

Le Streghe di Robert Zemeckis: cosa non ha funzionato in questo remake?
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A livello cinematografico gli anni Novanta sono un decennio florido e variegato, un periodo che ha visto nascere tante storie che nel nuovo millennio spesso ritornano sotto una nuova veste. È il caso anche del cult del 1990 Chi ha paura delle streghe? di Nicolas Roeg che, nel 2020, Robert Zemeckis ha riadattato ai giorni nostri con il titolo Le Streghe. Come tanti altri film questo remake (di cui abbiamo parlato nella nostra recensione de Le Streghe) ha dovuto piegarsi alla pandemia da Covid-19, venendo distribuito dopo vari rimandi solo su piattaforma. Pubblico e critica furono tiepidi con il lavoro di Zemeckis. Perché?

Le polemiche attorno al titolo furono molte, in particolare riguardavano la rappresentazione di Anne Hathaway, che interpreta la Strega Suprema, e di tutte le altre streghe come affette da ectrodattilia (mancanza o sviluppo incompleto di arti). La comunità disabile criticò questa associazione, sostenendo che avrebbe potuto alimentare gli stereotipi secondo i quali le disabilità sono anormali. Ora che il lungometraggio ha conquistato posizioni nella classifica Netflix (recuperate qui i film Netflix di giugno 2022) Sicuramente questo chiacchericcio non ha fatto bene al film, ma tralasciando questi contrasti e concentrandoci sul film in sé rispetto al cult degli anni '90, vediamo cosa non ha funzionato.

È giusto aggiornare una fiaba a discapito della magia?

Facciamo un breve sunto. Tratto dal romanzo Le Streghe di Roald Dahl, il film racconta dell'incontro casuale tra un bambino che vive con sua nonna dopo la tragica morte dei genitori e una congrega di streghe. Il piccolo scopre che le malefiche creature vogliono sterminare tutti i bambini d'Inghilterra offrendo loro dolcetti avvelenati con la Formula 86, una pozione appositamente creata che li trasformerà in topi.

Da quel momento nonna e nipote, nel frattempo trasformato in topo per essere stato scoperto, si adopereranno per far saltare il piano delle streghe e salvare così la vita a tutti i bambini. Chi ha paura delle streghe? di Nicolas Roeg è considerata una fiaba horror per bambini, ma non solo. Essendo il target molto ampio, per genitori e adulti era un film di sicuro intrattenimento che ricordava le storie della buonanotte ascoltate in età infantile. Inoltre, la voce fuori campo della nonna di Luc era un elemento di raccordo perfetto tra le due generazioni. Il film era magico, aveva catturato perfettamente lo spirito della scrittura di Dahl e possedeva un'anima affascinante da fiaba oscura e una creatività nella realizzazione a dir poco sorprendente. La ciliegina sulla torta era la meravigliosa Anjelica Huston nel ruolo della Strega Suprema. Perfetta, dosava benissimo la cattiveria più sadica con i momenti più ironici e grotteschi. Anne Hathaway, per quanto si sia impegnata nel ruolo, raramente la eguaglia se non in sporadici momenti.

Le Streghe di Robert Zemeckis, pur se più fedele al romanzo per diverse caratteristiche, sembra quasi badare più alla forma che alla trasmissione di un messaggio e alla creazione di un'atmosfera fiabesca.

Dalla sua il remake del regista di Forrest Gump ha l'utilizzo di una discreta CGI e un cast che tutto sommato fa il suo lavoro, ma resta poco o nulla dopo la visione se non un gigantesco carnevale di colori e bizzarrie di ogni sorta. La prima parte sembra essere preparatoria per un denso exploit finale che però non avviene, perché si lascia fin troppo spazio al divertimento fine a se stesso. Zemeckis, tra virtuosismi registici e scenografie sgargianti, dimentica di donare al suo lavoro un'anima fanciullesca che possa lasciare il segno nelle nuove generazioni così come fece il film di Roeg ai suoi tempi. L'aggiornamento di Zemeckis del romanzo di Dahl è figlio del suo tempo, ma risulta al servizio del mainstream, quasi uno specchietto per le allodole, privo di quell'amore e rispetto verso una storia che, in un modo o nell'altro, ha lasciato un'impronta nella generazione anni Novanta.

Dalla Norvegia all'Alabama degli anni Sessanta

Un altro punto molto delicato da discutere quando si parla de Le Streghe di Robert Zemeckis è il cambio di ambientazione. Nel romanzo, così come anche nel primo adattamento cinematografico, la storia era collocata in un tempo indefinito e si svolgeva prima in Norvegia e poi in Inghilterra; nel paese scandinavo Luc era andato a trovare la nonna Helga per le vacanze estive, mentre il paese anglosassone è effettivamente il luogo natìo del bambino.

L'incipit norvegese sicuramente contribuiva a dare il la alla storia avvolgendola sin dall'inizio nel mistero e nel soprannaturale. Zemeckis, invece, decide di ambientare la vicenda in un periodo e in un luogo ben preciso: l'Alabama degli anni Sessanta. Una scelta motivata dalla volontà di dare più spessore sociale alla narrazione di Dahl, così da poterla inserire perfettamente nel contesto dei diritti sociali che, oggi come allora, sono un tema assai scottante in America. Lo stato dell'Alabama in quegli anni fu teatro di discriminazioni e attentati a sfondo razziale contro gli afroamericani che, al contempo, lottavano per avere il diritto di voto. Questa prospettiva storico-sociale spiega anche il perché nonna e nipote sono di etnia afroamericana e perché nel film le streghe -spiega la nonna- puntano ai bambini più poveri e di rango sociale basso, riportando alla mente la misera condizione in cui verteva in quel decennio la popolazione di colore, soprattutto negli stati del Sud degli Stati Uniti. Ora sorge una domanda: quanto è stata funzionale questa scelta ai fini della riuscita del film?

È di certo lodevole il tentativo di Zemeckis di inserire un po' di storia nonché uno scopo sociale, tuttavia sono argomenti di un certo spessore da trattare con i guanti bianchi. Essendo stata una precisa scelta narrativa, sarebbe stato quantomeno corretto dare la giusta dose di profondità; invece tutto resta in superficie. Ciò porta a riflettere sul fatto che forse Le Streghe non era il film giusto per inserire la questione razziale e che la storia di Dahl andava riadattata seguendo le linee guida date dal romanzo e dal lungometraggio di Roeg; ovvero lasciare che rimanesse una storia per bambini divertente e con insegnamenti più immediati che i più piccoli potessero iniziare ad applicare alla vita di tutti i giorni e che i grandi potessero ricordare qualora li avessero dimenticati.

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