Speciale Star Wars: La mutevolezza del mito nel cinema moderno [2]

Seconda parte del nostro viaggio alla scoperta delle riedizioni di Star Wars

Speciale Star Wars: La mutevolezza del mito nel cinema moderno [2]
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(Trovate la prima parte dello speciale qui)

È ora giunto il momento di prendere in esame gli altri cambiamenti che la trilogia originale subì nel corso delle sue due rielaborazioni. Chiudendo la parentesi Una nuova speranza, sempre nell'edizione del 1997, c'è una sequenza aggiunta in cui Luke Skywalker incontra l'amico Biggs Darklighter, prima dell'attacco alla Morte Nera. Le scene in più dettero naturalmente parecchi grattacapi ai responsabili del doppiaggio delle versioni italiane, che si trovarono a dover cercare voci simili a quelle che avevano doppiato i dialoghi degli originali per rendere il tutto accettabilmente credibile. Il gravoso compito cadde sulle ugole di Angelo Maggi per Han Solo e Francesco Prando per Luke Skywalker, a sostituire rispettivamente Stefano Satta Flores e Claudio Capone.

IL PARADOSSO COLPISCE ANCORA

Molti ritocchi anche per il capitolo V, L'Impero colpisce ancora, di cui vale la pena citare, soprattutto, la sequenza in cui Darth Fener interloquisce con un ologramma dell'Imperatore Palpatine. Nella versione originale del 1980, l'Imperatore - che appare solo per pochi secondi, e solo in questa scena - è interpretato da una donna: Elaine Baker, moglie del supervisore agli effetti speciali Rick, a cui vennero sovrapposti gli occhi di uno scimpanzé. La donna fu doppiata dall'attore Clive Revill. Ne Il ritorno dello Jedi sarebbe stato invece il trentenne Ian McDiarmid a vestirne i panni, sotto quintali di make up che lo trasformavano in un essere dall'aspetto centenario. Tuttavia, questa piccola discrepanza attoriale non sembrò turbare Lucas nel '97, quando, in occasione dell'edizione speciale, lasciò inalterata la sequenza, dedicandosi invece al rimaneggiamento di un'altra scena: quella in cui Fener, dopo aver sconfitto Luke nella Città delle Nuvole, ritorna sulla navetta imperiale, pronunciando una frase - "Avvertite l'Incrociatore Stellare di prepararsi per il mio arrivo" - che in origine non c'era. In questo caso la voce era di Rodolfo Bianchi, a sostituire Massimo Foschi. Il problema ‘Palpatine' si presentò invece al momento di realizzare la versione 2004, in DVD, dato che ormai il personaggio era stato ripreso a pieno regime da McDiarmid nella nuova trilogia (i prequel). Lucas allora rimise mano alla vecchia versione di Palpatine con gli occhi da scimmia, sostituendola con un'immagine di McDiarmid, e modificando leggermente il dialogo. Il doppiaggio in questa nuova versione è a cura di Carlo Reali, che del resto dava la voce al personaggio negli Episodi I, II e III, mentre invece ne Il ritorno dello Jedi l'ugola di Palpatine è prestata da Alvise Battain. Si è persa però traccia del proprietario della voce italiana del Palpatine donna-scimmia, che, vista la brevità del ruolo, non venne mai creditato!
Non possiamo evitare di soffermarci un attimo, ancora una volta, sul problema ‘invecchiamento', che in questo caso è letterale e riguarda proprio il personaggio di Palpatine e il suo interprete, unico attore ripescato per la nuova trilogia dai membri del cast originale. Nel 1983, all'epoca di Jedi, McDiarmid era un trentenne che doveva apparire vecchissimo. Nel '99, all'epoca de La minaccia fantasma, è un cinquantenne perfettamente in parte, dato che è il suo personaggio ad essere più giovane. Il ripescaggio, impossibile con un Harrison Ford, con un Mark Hamill o una Carrie Fisher, diventa in questo caso doveroso proprio grazie al bizzarro rapporto che esiste tra prequel girato ‘dopo' e sequel girati ‘prima'. Il paradosso del ‘vecchio-nuovo', insomma, colpisce ancora!

L'EDIZIONE 2004: CHIUSURA DEL CERCHIO

Il ritorno dello Jedi, poi, è il film della serie che presenta maggiori rimaneggiamenti. La seconda versione, infatti, quella del '97, mostra scene di festeggiamenti in pianeti diversi, mai visti prima, e inoltre la colonna sonora è diversa dall'uscita originale del 1983. Vengono inseriti, come abbiamo visto, alcuni alieni nelle scene iniziali della danza nel palazzo di Jabba, con modifiche anche nel montaggio, e pure il pozzo del Sarlaac è reso più realistico e mostruoso dall'aggiunta di tentacoli digitali e di un minaccioso becco a quello che all'origine pareva solo un buco inanimato nel mezzo del deserto. Anche in questo caso, in Italia, furono necessari gli interventi di Maggi e Prando per doppiare Han e Luke nelle scene aggiuntive. Ma i cambiamenti più grossi arrivarono nel 2004, con la riedizione in DVD, in particolare nel finale. Coerentemente con quanto visto nella nuova trilogia, il fantasma di Anakin Skywalker non appare in versione anziana - come nell'originale - ma in versione giovanile, sostituendo Sebastian Shaw, che ha interpretato Anakin alla fine della vecchia trilogia, con Hayden Christensen, che gli dà il volto negli episodi II e III della nuova trilogia. Anche qui leggere modifiche riguardano le sequenze in cui compare l'ologramma di Palpatine, sebbene nel Jedi originale ci fosse già McDiarmid a interpretarlo. Per creare continuità, comunque, si preferì rimetterci mano perché si notassero meno le differenze nel make-up (rimasto comunque inalterato nelle scene finali, dove Palpatine compare di persona). Altre modifiche riguardano il colore degli occhi di Darth Vader/Anakin quando Luke, nel finale, gli toglie la maschera. Il castano di Shaw viene sostituito da un azzurro chiaro, più simile a quello dell'iride di Christensen, interprete del personaggio da giovane. Infine, nonostante si mantenga la stessa colonna sonora della versione 1997, sempre nel finale sono state aggiunte altre scene di festeggiamenti anche sui pianeti che nel frattempo sono apparsi negli episodi I, II, III. Insomma, l'edizione 2004 è, a oggi, quella definitiva, che ‘chiude il cerchio' mostrando come, anche formalmente, i film della nuova e della vecchia serie siano indissolubilmente legati.

Canone eretico

Quel che colpisce di tutto questo processo non è tanto il personale accanimento di Lucas nel voler costantemente rimettere mano a quanto già fatto in passato, ma la volontà di ‘canonizzare' le nuove versioni rinnegando in gran parte quelle originariamente rilasciate. Per Lucas Star Wars è come una religione, di cui solo lui - o almeno così pensava - può stabilire quali sono i ‘vangeli' ufficiali. Insomma, non solo il concetto di mito, ma anche quello stesso di fede, quando si parla di Guerre Stellari, si fonde e si confonde con le regole del business. E non paia esagerato l'accostamento, se è vero, come è vero, che in USA esiste una Star Wars Jedi Church con tanto di riconoscimenti ufficiali (http://www.jedichurch.org/). Ma la religione è nulla senza fedeli. Che in questo caso sono i fan. Legioni di fan.

I quali inizialmente rimbrottarono al loro ‘Creatore Ozioso' (Lucas) una certa pigrizia nel rilasciare la trilogia ‘classica' in DVD (mentre invece La minaccia fantasma arrivò subito, poco dopo l'affermarsi del formato nel mercato home video, erano i primi anni duemila). Molti addirittura cedettero al ‘Lato Oscuro' del cinema, il culto della pirateria, pur di avere un'edizione digitale della loro trilogia preferita, di cui circolavano ottime copie cinesi e coreane rippate da Laserdisc.

La risposta "ufficiale" dall'alto, come abbiamo visto, arrivò solo nel 2004, con la nuova trilogia praticamente conclusa - Episodio III era in fase di montaggio - e il rilascio ufficiale di quella vecchia su supporto ottico. Ma gli affamati della Forza non erano ancora soddisfatti. Le versioni su DVD erano infatti ulteriormente rimaneggiate rispetto a quelle del '97 - ne abbiamo parlato -ed era stata tralasciata totalmente l'esigenza di chi - ed erano in molti - avrebbe rivisto volentieri la versione originale, quella che si ricordava di aver gustato da piccolo nei cinema, magari ripulita dai segni del tempo ma senza ritocchi digitali o scene aggiunte di sorta. Lucas declinò più volte la richiesta, con un'ostinazione che lasciava di stucco, dichiarando che le vecchie versioni dei film sarebbero state archiviate definitivamente, e che la versione da considerarsi ‘canonica' era sempre l'ultima. Il corrispettivo lucasiano del Concilio di Nicea aveva decretato ciò che già era sottinteso nel '97, ai tempi dell'edizione speciale: «Un famoso cineasta disse che i film non si finiscono mai - disse - vengono solo abbandonati. Io ho ripreso il mio film abbandonato e l'ho completato». Il ‘canone' era stato definito. Unica concessione: il cambiamento della scena del contenzioso tra Greedo e Han, in cui i due sparano insieme. Comunque una ‘via di mezzo'.

Tecnicamente, comunque, l'edizione del 2004 ha portato la Lucasfilm e la ILM (a cui si è aggiunta la Lowry Digital, che ha curato in seguito anche la rimessa a nuovo della trilogia di Indiana Jones) a superarsi ancora, non solo in termini di rimaneggiamento ma anche di restauro: abbandonando totalmente spugnette e olio di gomito, i tecnici si sono dati da fare con la tecnologia informatica, ripulendo i negativi originali da milioni e milioni di pulviscoli bloccati su ogni inquadratura. Stavolta, Lucas ha ottenuto davvero ciò che voleva: grazie anche alla resa migliore sul supporto digitale degli effetti speciali aggiunti nel '97 e nel 2004 - tra cui molte esplosioni - i film sembrano realizzati negli anni 2000. E questo, diversamente dall'edizione ‘97, senza stonature irritanti. Le scene nuove e quelle vecchie si fondono dando all'opera complessiva un'organicità e una limpidezza che le mancava. Un buffo errore nella scelta della palette cromatica ha però prodotto un colore rosato per gli spari laser in Episodio IV, così qualcuno ha soprannominato con sdegno questa versione ‘pink edition'.

A esprimere al meglio il pensiero di fan e critici riguardo le varie edizioni speciali - la frase risale ai tempi della prima, ma può valere anche per quella del 2004 - è intervenuta Maria Silvia Fiengo che nel suo saggio ‘Il restauro di Star Wars' ha concluso scrivendo: «Di fatto queste operazioni, che non possono essere considerate restauri, sono legittime, e spesso interessanti. Rimane il fatto che anche, e soprattutto, la versione di distribuzione d'epoca deve essere conservata, duplicata, e resa accessibile al pubblico, con i suoi difetti e con il suo valore di usato. Quando così non è, questi interventi vanno considerati comunque uno scempio.»

Chi è l'eretico, dunque, in questo balletto? I fan che non accettano quanto stabilito da Lucas/autorità ecclesiastica o lo sesso Lucas, che si ostina a voler considerare ufficiale e definitiva una versione delle ‘sacre scritture' invisa ai più?

Fatto sta che qualcuno, in Lucasfilm, deve essersi passato una mano sulla coscienza. Nel 2006, infatti, è stato messo in commercio - un po' in sordina, evidentemente per Lucas doveva trattarsi di un boccone amaro da mandar giù - un ulteriore cofanetto DVD comprendente tutti gli episodi della saga, e in particolare quelli della trilogia ‘classica' su doppio disco, con la possibilità di scegliere anche la versione originale, quella del '77, che tutti aspettavano. Infine, lo scorso settembre, l'intera saga è approdata nell'agognato formato Blu-Ray in alta definizione, con un'ennesima modifica, stavolta riguardante la nuova trilogia, che evidentemente per Lucas comincia già a sembrare vecchia! Lo Yoda de La minaccia fantasma, infatti, fino ad allora ancora rappresentato da un pupazzo animatronico, per quanto più sofisticato del burattino de L'Impero... e di ...Jedi, è stato cancellato e sostituito da una versione digitale. Poi, la successiva modifica: il passaggio al 3D. A febbraio vedremo in sala Episodio I e, a quanto ci risulta, stereoscopia a parte, non ci saranno ritocchi, rimontaggi, scene aggiunte o altro. Poi, ogni anno, più o meno nello stesso periodo, arriverà un altro episodio, fino alla conclusione della serie, che in seguito, è ben presumibile, uscirà in versione home video 3D.

Conclusioni

Abbiamo paragonato il continuo aggiornarsi della saga di Star Wars alla tendenza alla mutevolezza del mito presso le culture classiche, folkloriche e primitive, coerentemente con la definizione di mito stesso, nota agli antropologi, consegnata dallo studioso Angelo Brelich, e precisamente in ‘Introduzione alla storia delle religioni'. Secondo Brelich, la funzione principale di un mito, presso le culture che miticamente si orientano, è quella di fondare, ordinare e conferire valore agli aspetti della realtà che quella determinata cultura ritiene importanti per la sua costituzione. Naturalmente, le culture variano nel corso della storia e dunque il mito deve poter variare esso stesso, perché la realtà storica cambia in continuazione, dunque ciò che per una cultura è importante oggi potrebbe non esserlo tra cinque, dieci o vent'anni. Figuriamoci nel corso di secoli di evoluzione umana. Non a caso, il mito trovava la sua massima espressione nelle culture a tradizione orale, dove la variazione, di racconto in racconto, di generazione in generazione, risultava un processo più che mai spontaneo e naturale.

Accademicamente parlando, il paragone con una saga filmica sarebbe considerato improbo. Ci si imputerebbe, giustamente, di non considerare un fatto fondamentale: che Star Wars è un prodotto della cultura occidentale e la cultura occidentale non si orienta miticamente, ma storicamente, tanto che considera i miti ‘falsi' e la storia - quella vichianamente intesa, quella dei manuali del liceo - ‘vera' e fondante. Su questo ritorneremo a breve. Per ora ciò che ci interessa sottolineare è come le nuove tecnologie possano facilmente riportare a uno stadio di variabilità proprio del racconto orale una forma di narrazione - il cinema - che invece è frutto di una cultura ‘scritta' e ‘immaginata'. Certo, è un caso più unico che raro. La testardaggine di Lucas ha colpito dove altri rinunciano, modificando con il computer laddove era già stato scritto, visionato e definito un arco narrativo preciso. Però, concettualmente, l'aggiunta di scene o elementi ‘all'interno' di un film non è diversa dall'accodargli un sequel o, come lo stesso Lucas ha fatto, dei prequel.

La nuova trilogia è a suo modo un'aggiunta al corpus ‘mitico' originario, che ne modifica, come abbiamo visto, la percezione agli occhi dello spettatore, con nuove rivelazioni che, più o meno direttamente, alterano ciò che si sapeva o che si credeva di sapere su personaggi e situazioni della saga. Ad esempio, in Episodio I, vengono dati i dettagli circa il concepimento di Anakin/Darth Vader, specificando che non ha un padre - e in questo è molto simile proprio agli eroi del mito, caratterizzati da nascite o parentele atipiche - come Ercole, Gesù Cristo, o più modernamente, John Connor e Superman - ma che nasce per una miracolosa unione di sua madre direttamente con la ‘Forza'. Questo ha scosso fortemente l'immaginario di chi aveva seguito e amato la trilogia classica, pur non contraddicendo direttamente nessun elemento in essa contenuto. Insomma, la nuova trilogia è essa stessa da considerarsi alla stregua di un ‘ritocco' o di un'aggiunta. Stridente, in certi frangenti.

Già, ma a che pro? Lo abbiamo detto, la cultura occidentale non si orienta miticamente, e quindi, a parte le esigenze, di carattere remunerativo, di produttori e registi, cosa mai può fondare un mito privato della sua principale funzionalità, che è appunto quella di ‘fondare' la realtà? La risposta l'abbiamo già parzialmente data: rifonda sé stesso al fine di piacere ai fan. Che ci riesca o meno, è tutta un'altra questione.
Non potremmo rispondere però, all'appunto che ci farebbe uno storico delle religioni, o un antropologo, se non ci sforzassimo di operare questo cambio di prospettiva. Lasciamoci alle spalle Lucas, il suo folle narcisismo e il suo geniale(?) intuito nel marketing. Sono cose risapute e, come studiosi, non ci interessano più di tanto. Non possono dirci molto altro rispetto a quel che già sappiamo sull'Occidente capitalista e sulla sua industria cinematografica, volta comprensibilmente a ottenere da un prodotto il massimo ricavabile in termini di denaro.

Rivolgiamoci invece a quella comunità - certo molto più ristretta rispetto all'intero Occidente, ma che a noi nello specifico interessa di più - che ancora si ‘orienta attraverso i ‘miti', tra cui certamente quello di Star Wars è tra i più popolari. Parliamo del pubblico e, più nello specifico, appunto, dei fan. Loro a questi miti credono ancora e, se anche non li considerano ‘veri' in senso storico, attraverso di essi si costituiscono come esseri nel mondo, seguendo spesso anche moralmente ed eticamente - fino all'estrema conseguenza misticheggiante della fondazione, l'abbiamo visto, di una reale ‘Chiesa dei Cavalieri Jedi' - mettendo in costante relazione con le proprie esistenze immagini, atmosfere e insegnamenti provenienti dalle pellicole. E, in definitiva, a scegliere le declinazioni del mito, sono loro, i fan. La gente che costituisce questa sottocultura, che come qualsiasi altra cultura, più ‘grande' o semplicemente più facilmente individuabile, si può studiare ed analizzare con analoghi mezzi e strumenti. Così come si studiano le religioni per comprendere le culture che le producono, noi studiamo il cinema per comprendere quel che produce, più o meno direttamente, una determinata fascia di pubblico.

Gli studios forniscono il materiale, certo, come la storia stessa lo forniva ai popoli primitivi che si orientavano col mito, ma poi sono i fan, con il loro supporto o la mancanza di esso, a scegliere cosa è ‘canonico' e cosa no, cosa esiste e cosa no, cosa è importante e cosa no in un determinato universo fittizio, e parallelamente nella loro comunità di appassionati. E alla fine anche dall'alto devono cedere, tanto che Lucas, per quanto ostinato, nel 2006 ha infine rilasciato i cofanetti in DVD dell'edizione ‘classica', la più amata dal pubblico, quella che tutti chiedevano.

Tanto che, passando ad altri franchise ma restando sullo stesso concetto, Terminator 3 e Terminator: Salvation, denigrati dall'audience, non saranno più considerati ‘in continuity' a partire dal prossimo episodio, attualmente in lavorazione. E lo stesso può valere per X-Men 3 e X-Men: Le origini - Wolverine, cancellati dalla saga mutante con un colpo di spugna e totalmente ignorati dal prequel X-Men: L'inizio, che di fatto li contraddice.

Il processo è analogo a quello con cui le varie culture decostruiscono e ricostruiscono man mano i propri miti ma, perché no, anche a quello attraverso cui noi occidentali decostruiamo e ricostruiamo le nostre ‘storie': pensiamo ad esempio ai vangeli, materiale di carattere religioso ma storicamente definito, se non altro per la presenza di un personaggio, Gesù Cristo, che si dà per storicamente esistito in un periodo ben preciso ("patì sotto Ponzio Pilato"). Eppure dei molti vangeli esistenti solo quattro sono considerati ‘validi', poiché sono i più adatti a rappresentare la cultura, quella del tardo Impero Romano, che di fatto li stava selezionando.
Non a caso, vengono scelti proprio i vangeli più ‘storici', facilmente confrontabili tra loro (almeno tre su quattro) e privi delle elaborate teorie teologiche o filosofiche che caratterizzavano altre versioni della vita di Cristo, per esempio quello ‘gnostico' di Giovanni. Questo è rivelatorio di una cultura che è già in nuce la nostra, quella Occidentale, dove la storia, e il fatto comprovabile - magari comparativamente, come avviene coi tre sinottici - conta più di qualsiasi teoria sui motori immobili dell'universo.

Tornando a Star Wars, cosa ci dice la scelta dei fan, che ritengono più canonica la versione originale del '77 che quella ufficialmente riconosciuta come ‘vera' dallo stesso Lucas? Ci dice che il problema dell'invecchiamento è - forse - negli occhi di chi il cinema lo fa, ma non in quelli di chi lo guarda. Ci dice che gli spettatori - perfino quelli più giovani - sono abbastanza intelligenti da saper collocare un'opera, perfino un'opera di fantascienza, nel suo esatto contesto storico, e ancora abbastanza appassionati da essere capaci di amarla proprio perché in quel contesto preciso è collocata. Ci dice, in sostanza, che il cinema sono le buone storie, comunque più importanti di qualsiasi abbellimento, effetto speciale o scena aggiunta.
Che la Forza sia con loro!

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