Spielberg abbandona Indiana Jones: cosa cambia con Mangold

La notizia dell'abbandono di Spielberg ha lasciato basiti i fan del franchise, ora un po' orfani di un modello produttivo e stilistico rodato da anni.

Spielberg abbandona Indiana Jones: cosa cambia con Mangold
Articolo a cura di

Pensavamo che Indiana Jones e Steven Spielberg fossero inseparabili, un tutt'uno con la storia del cinema, e invece ogni connubio giunge in qualche modo al termine. Indiana Jones 5 doveva essere la fine di un percorso quarantennale intrapreso dal cineasta insieme al mitico protagonista Harrison Ford, un modo di dare il giusto addio cinematografico a un franchise e a un personaggio che tanto per il regista quanto per l'interprete ha significato successo e amore incondizionato da parte dei fan di mezzo mondo. E invece ogni storia d'amore ha i suoi segreti nascosti, attriti o dubbi che possono esplodere come un fulmine a ciel sereno, lasciando tutti basiti.

È quello che è successo quando, poche ore fa, Steven Spielberg ha annunciato il suo abbandono alla regia del quinto capitolo delle avventure di Indiana Jones, pronto a iniziare le riprese tra circa due mesi, come anche confermato da Ford. Ancora occupato alla post-produzione del suo West Side Story, uno dei grandi maestri del cinema contemporaneo ha scelto così di salutare definitivamente uno dei suoi prodotti feticcio, decidendo di restare nelle retrovie come produttore e curare l'aspetto artistico con suggerimenti, fondi e consigli. Senza spiegazioni ma con supposizioni più o meno attendibili e quella che sembra ormai una certezza: l'arrivo come suo sostituto dell'ottimo James Mangold.

Un testimone importante

Non dev'essere stata una scelta facile, per Spielberg, abbandonare un titolo chiave come Indiana Jones 5, così personale per lui, così legato alla sua figura da cineasta, alla sua carriera. Il fatto che non sia stato semplice lo suggerirebbero anche le tempistiche, quasi (ma non completamente) a ridosso dell'inizio della produzione, quasi a ergersi a emblema dei tanti scrupoli e dell'insicurezza di un regista maturo come lui, che non ha infine visto un interesse personale nella regia di un film in cui probabilmente non credeva abbastanza, almeno non così tanto da arrivare a prendersi la responsabilità ultima della direzione.
Ci vengono in mente il Jep Gambardella di Paolo Sorrentino e anche qualche dichiarazione del collega Martin Scorsese, che rispettivamente a 65 e 77 anni (appena 4 in più di Spielberg) hanno già suggerito in precedenza quanto sia importante, raggiunta l'anzianità, occuparsi solo ed esclusivamente di ciò che piace o interessa di più. Il tempo passa e le persone crescono, imparano, invecchiano e cominciano a farsi molti più scrupoli (specie se si hanno nomi altisonanti e filmografia di una certa rilevanza), e allora anche dirigere franchise sempreverdi nell'anima diventa un gioco per i più giovani, un modo di dare possibilità anche ad altri di mettersi alla prova.

A quanto pare il ragionamento del filmmaker è stato anche (ma non solo, è abbastanza evidente) questo: passare il testimone a una nuova generazione di registi e permettergli di portare una prospettiva rinnovata, una forma rinvigorita e diversa all'interno di una saga sempre gestita dal canone lucasiono-spielbergiano.
Il motto non è cambiare ma rinnovarsi, non sappiamo se fin dentro lo spirito, nell'estetica o nei diversi contenuti, anche se è intuibile e preventivabile un qualche tipo di svecchiamento. Non è chiaro quanto senso possa avere ma d'altronde non è altresì chiaro in che direzione si muoverà Indiana Jones 5, anche se Harrison Ford ha spiegato che "si tratta di un'ottima sceneggiatura che risolverà anche parte della continuity del protagonista".

Diventa allora saggia e ragionata la scelta di sostituire Steven Spielberg con James Mangold, un passaggio di testimone che a nostro avviso, tra le fila della produzione, era già stato deciso da settimane se non addirittura da un mese. Saggia perché Mangold è un autore che negli ultimi anni ha dimostrato una visione d'insieme eccezionale: tanto nell'architettura estetica di Logan, dove ha destrutturato completamente l'universo degli X-Men confezionando un titolo coraggioso, profondo e complesso, quanto nel bellissimo Le Mans '66 - La grande sfida, uno di quei film dove a parlare e impressionare è l'insieme rispetto alle parti.

Ragionata, invece, perché il regista non è tra i più giovani e galvanizzati, seppur resti un artista intelligente ed entusiasta a 57 anni, con una filmografia che suggerisce un grande amore per i generi, per l'azione, il divertimento, la passione e l'avventura. Tutti elementi che, guarda caso, hanno reso grande negli anni Indiana Jones.

Quanto attendi: Indiana Jones e Il Quadrante del Destino

Hype
Hype totali: 123
67%
nd