Spider-Man: No Way Home, parliamo della trama e del finale del film

È il momento di parlare nel dettaglio della trama, delle rivelazioni e del finale di Spider-Man No Way Home, approfondendone il messaggio.

Spider-Man: No Way Home, parliamo della trama e del finale del film
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È arrivato il momento di parlare, nel dettaglio e con tutti gli spoiler del caso, della trama e dei colpi di scena di Spider-Man No Way Home. D'altronde, visto l'incredibile record box office di Spider-Man No Way Home e considerato che Marvel ha svelato quei personaggi in Spider-Man No Way Home, la quasi totalità del pubblico che era interessato a scoprire come si conclude la trilogia del "Bimbo Ragno" sarà ormai già corsa in sala a godersi il cinecomic Sony-Marvel. E dunque, non ci restia che immergerci nell'analisi di quanto visto nella pellicola con protagonista Tom Holland, in attesa di parlare su Twitch di Spider-Man No Way Home con tanti ospiti.

Il ragazzo dietro la maschera

Come già detto nella nostra recensione di Spider-Man No Way Home, il primo atto del film si è rivelato piutttosto lineare seppur non esente da qualche sorpresa.

La scena iniziale replica gli stessi fotogrammi del finale post credit di Far From Home, spingendo Peter a fuggire insieme ad MJ dalla folla e dai primi giornalisti che vogliono scoprire di più sulla sua identità segreta. La prima parte del film, come già detto, riesce ad esprimere piuttosto bene il dramma vissuto da Parker e dai suoi cari, braccati dai media e dalle forze dell'ordine che vogliono far luce sulla morte di Quentin Beck e sulle presunte azioni illegali dell'Uomo Ragno. Ed è qui che No Way Home ci regala il primo sorprendente cameo: a conferma dei tanti leak e rumor dei mesi scorsi. Fa il suo ingresso in scena Matt Murdock, che si è offerto di difendere Peter in qualità di avvocato, avvertendo il ragazzo che pur vincendo la causa a livello penale e legale non sarà facile cavarsela al tribunale dell'opinione pubblica. Il volto di Murdock è nuovamente interpretato da Charlie Cox, che così fa il suo debutto ufficiale nel Marvel Cinematic Universe.

C'è poco altro da dire sulla sequenza in questione, che forse rappresenta il principale sfoggio di fanservice un po' fine a se stesso nell'economia della pellicola. Rimane indubbio, tuttavia, che l'introduzione del Daredevil di Charlie Cox rappresenta un gradevole e apprezzato regalo ai fan che chiedevano conferme sul ritorno del Difensore dopo la cancellazione del progetto Netflix. Non ci resta che attendere, immaginando che il telefonatissimo progetto standalone sul Diavolo di Hell's Kitchen si farà attendere un po', e che l'Uomo Senza Paura verrà relegato per un po' a comparse centellinate prima di ricevere la sua nuova e personale IP.

L'incipit di No Way Home riflette in maniera interessante sul binomio Peter/Spider-Man ed è il segmento in cui si sente maggiormente l'approccio creativo di Amy Pascal, Kevin Feige e Jon Watts alla sfera più adolescenziale del personaggio, con la scuola che ancora una volta è il fulcro formativo del protagonista. Parker deve affrontare il prezzo della sua enorme popolarità soprattutto con compagni e professori, e purtroppo le vicende che lo hanno coinvolto negli intrighi di Mysteryo gli precludono un futuro al college: il sogno di entrare al MIT con MJ e Ned viene infranto proprio dal rifiuto delle svariate università in cui i giovani desiderano iscriversi, discriminati e allontanati a causa della loro dubbia reputazione. Ed è qui che, infine, il nostro decide di ricorrere al rimedio più estremo, coinvolgendo Doctor Strange.

Il rapporto con Strange

L'ingresso di Pete nel Sanctum Sanctorum permette nuovamente di approfondire una delle tante conseguenze del Blip: il personaggio di Benedict Cumberbatch, infatti, non è più lo Stregone Supremo.

La sua assenza per ben cinque anni ha portato alla promozione di Wong in quel ruolo, e in tal senso sarà interessante capire se e come lo status quo tra i due cambierà ulteriormente ne In The Multiverse of Madness. Tornando alla trama. Strange decide di utilizzare una magia semi-proibita per cancellare dalla memoria di tutto il mondo che Parker è Spider-Man, ma l'indecisione del protagonista su chi dovrebbe continuare a ricordare il suo segreto crea una sovrapposizione tra più formule magiche, che rendono l'incantesimo instabile e provocano una misteriosa frattura dimensionale. Solo dopo questa scena Stephen capisce che Pete ha scelto di ricorrere alle rune senza aver nemmeno tentato di perorare la propria causa ai dirigenti del college, e se di primo acchito questa leggerezza può sembrare un debole escamotage narrativo c'è da fare qualche considerazione.

Spider-Man No Way Home è una lezione di etica ma anche di crescita personale, un percorso di coming of age cominciato sin da Homecoming e che traghetta il personaggio di Tom Holland dalla spensieratezza e dalla leggerezza dell'adolescenza alla vita adulta. La superficialità di Peter di fronte alla disperazione è quanto di più umano possa esistere ed è parte fondante del processo di maturità che un bambino deve compiere per diventare uomo.

Per contro, anche la decisione di Strange non è del tutto condannabile: l'ex Stregone Supremo, a discapito dei grandi poteri di cui è dotato, è a sua volta un uomo fallibile e spesso intrappolato nel suo stesso ego, come d'altronde dimostra il suo percorso sia fumettistico sia cinematografico. Prendere con leggerezza un incantesimo, come pure non riuscire a controllarlo in corso d'opera, ci è sembrato totalmente nel personaggio. E quanto abbiamo detto in queste ultime righe, specie sul ruolo dell'errore, sulla superficialità e sulla fallibilità umana, trova riscontro nello svolgimento del film da questa scena in avanti.

L'arrivo dei cattivi

L'incantesimo "rotto" ha apparentemente aperto il Multiverso, ma è comunque possibile che tutto ciò sia accaduto soltanto perché il finale di Loki ha innescato la frammentazione della Sacra Linea Temporale. Vista la natura della magia, molte delle persone che in altri universi erano a conoscenza dell'identità di Peter Parker sono state trascinate in questa realtà. Ed ecco che il film riporta sulle scene l'Octopus di Alfred Molina, il Green Goblin di Willem Defoe, l'Electro di Jamie Foxx e finanche Lizard e l'Uomo Sabbia.

Tutti villain provenienti dallo Spider-Man di Sam Raimi e da The Amazing Spider-Man di Marc Webb, e tutti avversari che in un modo o nell'altro hanno scoperto chi è davvero Peter Parker. Dopo averli catturati tutti, Pete viene a conoscenza della loro natura malsana e malata, rimanendo colpito dalla tormentata doppia personalità di Osborn. E apprendendo che gran parte di essi, un giorno, troveranno la morte per mano dell'Uomo Ragno, il giovane viene spinto da zia May verso il tentativo di aiutarli a guarire dalle loro maledizioni, piuttosto che rispedirli a casa condannandoli al loro destino oscuro.

Nel farlo dà vita ad uno scontro niente meno che con Strange impersona, che tenta di intrappolare il ragazzo nella Dimensione Specchio in una delle scene più spettacolari e psichedeliche del film. Alla fine è proprio Stephen a rimanere vittima dei trucchetti di Pete, che lo lascia nella Dimensione senza possibilità di scappare. E il peso della scelta, le conseguenze dei propri errori, esplodono con forza in questo secondo atto, quando Parker deve fare i conti con la propria ingenuità.

Sfruttando il laboratorio mobile di Stark, lo stesso con il quale è riuscito a fabbricarsi nuovi costumi, Peter e i villain iniziano a studiare un modo per "aggiustare" le loro rispettive personalità. Ma quando sembra che tutto vada per il meglio, Goblin prende nuovamente il sopravvento sulla psiche di Norman, innescando la tragedia: Lizard e Flint Marko si scatenano, mentre Electro abbraccia la sua natura rabbiosa e si impossessa del reattore Arc per diventare più potente. Ock, l'unico ad essere effettivamente guarito, fugge mentre Goblin sfoga tutta la sua follia sul povero Peter.

A seguito di uno scontro a dir poco memorabile e furioso, Osborn uccide May Parker, volando via sul proprio aliante sotto lo sguardo attonito dei media (e di J. Jonah Jameson). Il giro di boa di Spider-Man No Way Home avviene in questo momento, quando una zia May in punto di morte impartisce al suo amato figlio adottivo la lezione più importante di tutte, che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. È, di fatto, il momento in cui nasce davvero Spider-Man, e che riscrive il personaggio di Tom Holland rispetto al percorso compiuto nella sua trilogia filmica: il momento in cui, da Bimbo Ragno a giovane Avenger, Peter Parker diventa uomo, diventa Spider-Man, incanalando il dolore di un grave lutto personale e familiare per definire la sua etica supereroistica.

Ma prima che questo percorso si completi, come ci ha insegnato la memoria storica dell'eroe Marvel, c'è un altro cammino tutto in salita da percorrere. E in questo, No Way Home ci regala il suo vero capolavoro, cioè l'introduzione e l'apporto di due "amichevoli" mentori.

Da grandi poteri

Mentre Pete, in preda al dolore e al sentimento di vendetta, fugge dalle telecamere spietate di Jameson, Ned e MJ armeggiano con gli strumenti di Strange, aprendo accidentalmente due portali dai quali fuoriescono altri due Spider-Men, quelli di Tobey Maguire e Andrew Garfield.

E da questo momento in avanti è pura magia. Il ruolo di Garfield e Maguire non si riduce a semplici comparse o ad alleati in battaglia, ma si rivela centrale nella maturazione finale del Parker di Holland. I due Peter provenienti dal Multiverso sono eroi che hanno saputo reagire e andare avanti di fronte ai loro rispettivi superproblemi: li ritroviamo visibilmente invecchiati e vissuti, ognuno con i propri drammi e i propri insegnamenti da inculcare alla versione più giovane e alternativa di loro stessi, nei quali rivedono tutto il dolore, la rabbia ed il tormento della propria inettitudine. Sarebbe stato meraviglioso, durante il tenero abbraccio che MJ e Ned donano all'amico in lacrime, osservare la scena dal punto di vista degli altri due Peter, guardare le lacrime innescate dall'empatia verso se stesso, nel riconoscere e riconoscersi in un dolore collettivo che sconfina dalle regole del Multiverso.

Perché è proprio questo che trasmette la successiva sequenza, quando Maguire e Garfield compaiono di fronte a Holland e danno vita al momento forse più emozionante di tutto No Way Home. Un dialogo che racchiude in sé tutta l'essenza dell'essere Spider-Man, una catarsi collettiva in cui i due Parker più anziani raccontano al nostro le loro perdite e i sentimenti provati in seguito ad esse. Perché non importa se a morire sia stato Ben Parker, Gwen Stacy o May, da grandi poteri deriveranno sempre le grandi responsabilità che solo l'Uomo Ragno potrà mai affrontare.

La gestione dei tre Spider-Man su schermo è perfetta: dai momenti più leggeri, in cui No Way Home trova spazio persino per una metacinematografia che mette a confronto il cammino filmico dei tre attori, scherzando sui nemici che hanno affrontato, sull'assenza degli Avengers e persino sul paragone tra loro stessi. Holland, Maguire e Garfield hanno una chimica intensa e particolare, che riesce a non rendere il terzo atto un semplice e becero tripudio di fanservice. Peter #2 e Peter #3 svolgono il ruolo di mentori e incanalano il loro vissuto (cinematografico e narrativo) non per rubare la scena, ma per rendere Peter #1 il cuore pulsante di un racconto di origini (e sì, in fondo abbiamo già detto che Spider-Man No Way Home è la vera storia di origini di Peter).

Non solo: No Way Home diventa, nelle sue parentesi narrative oltre Holland, il pretesto per riscattare e chiudere le storyline dei due arrampicamuri più anziani, da un lato riappacificandoli con i loro rispettivi avversari, dall'altro fornendo allo sfortunato Garfield l'occasione di redimersi dal senso di colpa per la morte della sua Gwen, salvando la MJ di Zendaya da una caduta mortale.

Approfondiremo meglio in seguito la resa cinematografica ed emotiva, francamente perfetta, dei due Spidey, che anche nelle movenze e nel combattimento rievocano con efficacia gli stilemi del passato. Insieme a loro, però, vale la pena analizzare anche la gestione dei villain. Avendo già assodato che, nel complesso, i cattivi di Spider-Man No Way Home sono efficaci, dobbiamo ammettere che non su tutto il roster di antagonisti è stata posta la stessa attenzione. Il più deludente è di sicuro Lizard, raffazzonato e artificioso sul piano del design e insipido per quanto concerne il proprio peso narrativo, oltre che ingiustamente poco approfondito sul finale, quando il siero sintetizzato dai tre Parker lo fa tornare umano (peraltro, a quanto pare, con inquadrature parzialmente riciclate dal finale di The Amazing Spider-Man)

Allo stesso modo è stato controverso l'utilizzo di Flint Marko, le cui motivazioni molto spesso finiscono vittime di esigenze di trama più che di scrittura coerente: il suo personaggio, già ampiamente redento nello Spider-Man 3 di Raimi, passa troppo velocemente da una schiera all'altra, evidenziando peraltro il principale difetto di sceneggiatura di No Way Home. Tornando indietro con gli eventi, infatti, tutto il primo atto, ma soprattutto il secondo, corre un po' troppo nel definire alcuni meccanismi narrativi, su tutti il legame instaurato tra Pete e i villain.

Quando il fulcro della trama si sposta sui tre nemici principali, però, Spider-Man No Way Home non delude. Da un Electro più bilanciato tra umorismo e follia, rimediando in parte alla caratterizzazione fin troppo grottesca riservatagli nel film di Marc Webb, ad un Molina convincente e magnetico nei panni di Octopus. Chi ruba davvero la scena è Willem Dafoe, straordinario e orrorifico al punto da meritarsi un posto tra i migliori cattivi in assoluto di tutto il Marvel Cinematic Universe. Pur con un minutaggio effettivamente ridotto, l'apporto del suo Osborn nell'economia del racconto è sostanzialmente perfetto, con un Green Goblin più simile esteticamente a quello dei fumetti e un lavoro di espressività semplicemente perfetto.

derivano grandi responsabilità

Alla fine, dopo aver sconfitto e guarito i cattivi, Strange torna dalla Dimensione Specchio e Peter capisce che l'unico modo per fermare l'incursione di altri universi è far dimenticare a tutti non chi è Spider-Man, piuttosto chi è Peter Parker. L'incantesimo lanciato da Strange a inizio film è evidentemente irreversibile e il momento in cui il protagonista capisce di dover sacrificare se stesso e i suoi affetti segna in definitiva la crescita del Bimbo Ragno. Dopo aver riportato villain ed eroi nei loro rispettivi universi, Holland non può far altro che dire addio a MJ e Ned, volando via e preparandosi a vivere un nuovo capitolo della propria vita.

Il finale di No Way Home torna alle origini dell'Uomo Ragno riscrivendone il mito. A Sony e ai Marvel Studios va attribuito il merito di aver sfruttato una precisa (e infelice) parentesi editoriale del Ragnoverso - "Soltanto un altro giorno", la storia da cui trae spunto il film, e che a sua volta segnò un rilancio clamoroso nella vita di Pete, è tutt'oggi una delle run più controverse e meno apprezzate dai lettori - per chiudere la trilogia di Tom Holland e aprire un nuovo ciclo, più fedele e rispettoso dei canoni classici dei fumetti sul tessiragnatele.

Solo, orfano, senza amore né amici, Peter Parker protegge New York dal crimine, incontrando comunque lo sfavore dei media e di un'opinione pubblica che non ha dimenticato chi è l'Uomo Ragno. E il cammino nel MCU del vero Spider-Man, non più un ragazzino adombrato dagli Avengers ma un eroe schiacciato dal peso delle proprie scelte e responsabilità, adesso può davvero cominciare.

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