Space Jam 2 e il WarnerVerse: il pubblico vuole davvero questo?

La saga di Space Jam è pronta a fare il suo ritorno in sala con il capitolo New Legends. Ma cosa possiamo aspettarci davvero dalla nuova opera?

Space Jam 2 e il WarnerVerse: il pubblico vuole davvero questo?
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Il primo Space Jam ha avuto un grande impatto mediatico a livello di pubblico, legandosi indissolubilmente alla cultura pop anni '90. Anche rivisto oggi in un'ottica leggermente disillusa, riesce comunque a funzionare per via dell'incredibile potere legato all'effetto nostalgia, mostrando i Looney Tunes e Michael Jordan alle prese con il gruppetto alieno dei Nerdlucks, intenzionati a rapire i celebri personaggi dei cartoni animati per costringerli a lavorare come schiavi nel Luna Park interstellare comandato dal perfido Mr. Swackhammer.
Il fantomatico sequel, che nel corso degli ultimi sei anni è diventato via via sempre più concreto, è poi infine sbarcato online attraverso un roboante trailer, provando a rielaborare la stessa formula narrativa vista nella prima pellicola, questa volta con protagonista un altro campione di pallacanestro, LeBron James.
Già dal primo teaser è stato così presentato il WarnerVerse, un vero e proprio universo condiviso con tutte (o quasi) le proprietà della compagnia, capace di rifarsi tanto alla struttura corale delle opere appartenenti al Marvel Cinematic Universe quanto all'impostazione stilistica del recente Ready Player One diretto da Steven Spielberg. Ma basterà tutto questo a decretare il successo - non solo di pubblico ma anche di critica - della pellicola diretta da Malcolm D. Lee?

Ritornare in campo

Space Jam 2 sembra essere un'opera tarata sull'intrattenimento puro, in cui vediamo il protagonista LeBron James (che interpreta se stesso) tentare di uscire insieme a suo figlio dal Server-Verso, una sorta di mondo alternativo digitale dove numerosi personaggi della cultura pop, in questo caso appartenenti al gruppo Warner, vivono tranquillamente le loro vite.
L'opera ha puntato moltissimo sul concetto di hype, visto che non solo i giovani spettatori ma probabilmente anche tutte le persone nate negli anni '90 (che sono di fatto cresciute vedendo il film) torneranno in sala incuriositi dal rivedere i Looney Tunes su grande schermo giocare nuovamente una partita di basket fuori dagli schemi.
In linea generale, il film non sembra aver voluto prendersi chissà quale rischio a livello di trama, puntando invece su una dimensione spettacolare incentrata al massimo sul citazionismo spinto, vero e proprio fulcro tematico dell'intera opera.
Non a caso, è stato per forza di cose messo a confronto con Ready Player One, proprio per il suo voler abbracciare la cultura pop al 100%, facendo citazioni tanto a Matrix quanto a un elevatissimo numero di opere d'intrattenimento e personaggi legati al mondo Warner, capaci sì di galvanizzare i fan di tutto il mondo per l'effetto sorpresa pur senza in realtà centrare completamente l'obiettivo a livello di sostanza.

Di base, infatti, sembra quasi che il film sia in un'ottica fanservice a trazione fortemente muscolare, quasi come se la stessa Warner Bros. avesse concepito l'intero progetto per mostrare ai numerosi competitor dell'intrattenimento le proprie potenzialità a livello di puro marketing.
Bisogna infatti pensare che gli stessi Looney Tunes sono di fatto un marchio famoso e codificato, con personaggi del calibro di Bugs Bunny e Daffy Duck a tirare le fila di un universo a cartoni animati estremamente variegato e divertente.
Il primo dubbio che salta fuori da un'operazione del genere è infatti il pericolo dietro alla possibile cannibalizzazione dei Looney Tunes che, paradossalmente, in Space Jam 2 potrebbero addirittura passare in secondo piano vista la mole a tratti enorme di easter egg e/o apparizioni di altri personaggi che bisognerà vedere come verranno gestiti nel corso dell'intera opera.
Ma siamo davvero sicuri che i film che portano gli spettatori a fermarsi ogni due minuti per scovare tutti i vari personaggi presenti sullo sfondo per fregiarsi di aver riconosciuto quel particolare eroe/villain/personaggio secondario sconosciuto ai più, sia di fatto un elemento davvero rilevante alla fruizione di un'opera d'intrattenimento?

Un nuovo inizio?

Il nodo cruciale dell'intera opera rimane comunque quello legato al pubblico, o più precisamente come esso reagirà alla visione del film, visto che Space Jam 2 rappresenta di fatto la summa del piccolo grande cambiamento culturale avvenuto dal 2010 in poi (anche grazie a internet) riguardo la percezione a livello mainstream dell'intera cultura pop.
Il discorso di base rimane per forza di cose sull'evoluzione - o forse involuzione - del pubblico contemporaneo, legato in maniera indissolubile all'effetto nostalgia, visto che opere di questo tipo, per quanto sicuramente innovative dal punto di vista tecnico, risultano in realtà non così fresche a livello generale.
Siamo quindi davvero sicuri che, dopo il già citato Ready Player One, un'operazione di questo genere troverà il favore di una vasta gamma di persone, non solo dal punto di vista della spettacolarità ma anche da quello dei contenuti?

Cercando infatti di analizzare nella maniera più clinica e oggettiva l'idea alla base di Space Jam 2, può venire in realtà fuori l'intenzione degli studios di puntare su un modus operandi ormai funzionale e codificato che consiste semplicemente nel far apparire icone pop molto famose senza soluzione di continuità, attraverso una semplice carrellata di elementi atti a suscitare magari uno stupore momentaneo nello spettatore ma forse esageratamente inclini nel ricercare l'apprezzamento del pubblico in maniera ruffiana.
Nonostante sia infatti bello perdersi nei ricordi e nel passato, è comunque doveroso trattare tutto questo come una semplice parentesi che non può durare in eterno, proprio per il concetto stesso legato alla nostra crescita personale.
L'effetto nostalgia in questo modo si trasforma anche in qualcosa di leggermente subdolo, un modo come un altro per non ricercare mai l'innovazione, lo svecchiamento e la sperimentazione per paura di sbagliare o magari destabilizzare gli stessi spettatori, sicuramente più inclini a fruire di qualcosa che già conoscono capace di rimandarli a un passato spensierato e a tratti magico che però ormai non può più tornare.

Per questo, in primis, bisognerebbe cercare il più possibile di sviluppare al massimo il proprio spirito critico proprio durante la visione di opere incentrate su mosse di marketing come questa, cercando quindi di separare in due blocchi distinti il grande senso di nostalgia capace magari di farci urlare di gioia nel vedere Bugs Bunny nella sua forma in CGI mentre alle sue spalle c'è King Kong o il Gigante di Ferro, contrapposto alla qualità effettiva legata al film, che non passa certo dal vedere questo o quel personaggio del passato comparire in scena. Ignorare questo tipo di approccio, per quanto ovviamente sia un blockbuster scanzonato, rischia però di settare un nuovo trend di cui forse non abbiamo davvero bisogno.

L'enorme mole di proprietà possedute dalla Warner potrebbe creare una possibile serie di film, magari incentrate sulla formula del copia-incolla, in cui non diventa importante provare a costruire una trama anche solo di base interessante, perché inghiottita dal semplice fanservice capace, da solo, di conquistare il grande pubblico nella sua totalità.
Il WarnerVerse risulta così una variabile accattivante e a suo modo spettacolare, dalle potenzialità virtualmente infinite seppur, nonostante questo, non del tutto priva del rovescio (a tratti oscuro) della medaglia.

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