Speciale Source Code - Conferenza stampa

Quattro chiacchiere con Jake Gyllenhaal e Duncan Jones

Speciale Source Code - Conferenza stampa
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È prevista per il 29 di aprile l'uscita nei cinema italiani di Source Code, opera seconda di Duncan Jones, che nel 2009 ha stupito gli appassionati di fantascienza col suo Moon, vero e proprio ritorno alla science fiction d'annata.
In Source Code il Capitano dell'esercito Colten Stevens (interpretato da Jake Gyllenhaal) ha solo otto minuti a disposizione per sventare un attentato terroristico. Catapultato nel corpo di un'altra persona, gode di un unico 'vantaggio tattico': può rivivere quegli otto minuti più e più volte...
Lo stesso Jones, insieme a Gyllenhaal, è intervenuto a Roma per la conferenza stampa della pellicola, in una bellissima mattinata di sole primaverile romano.
Facciamo dunque spazio all'interessante botta e risposta.

Passato e futuro della fantascienza

Jake, cosa farebbe se le rimanessero solo otto minuti?

JG: Grazie della domanda! Adesso come adesso risponderei... che non perderei tempo a rispondere a domande! (ride)
Chiamerei senza dubbio i miei familiari. E mi mangerei un bel piatto di pasta.


Jones, nei suoi film lo scandire del tempo e un certo senso di claustrofobia sembrano caratteristiche immancabili...

DJ: Io amo concentrarmi sulle situazioni e sui personaggi. Poi in Moon ero anche costretto dal ridottissimo budget: non potevamo permetterci altri set, per questo era così claustrofobico.

Avete apportato cambiamenti rispetto all'idea originale? Source Code è in qualche modo ispirato o tratto da un libro?

DJ: È una sceneggiatura originale di Ben Ripley, che poi è andata in divenire durante la produzione. Mescola idee classiche della fantascienza con nuove, geniali trovate. Ha un cuore di fantascienza, ma anche elementi di thriller, azione, commedia sentimentale, giallo.

Ha avuto difficoltà a calarsi nei panni di Colten Stevens?

JG: No, non più del solito, almeno. Una bella esperienza, come diceva Duncan, in divenire perché durante la lavorazione stessa apportavamo miglioramenti. Mi sono rimaste impresse le scene nella capsula, dove non interagivo davvero con la base militare, ma solo con uno schermo verde: Vera Farmiga non l'ho mai vista di persona. È stato comunque un grande processo creativo, che ci ha permesso di porci delle domande.

Jake, lei è oramai un habitué dei paradossi temporali e delle realtà parallele, dopo Donnie Darko, Prince of Persia e Source Code. Cosa ci dice a riguardo?

JG: C'è una tensione intrinseca, universale, quando si parla di argomenti simili. Ma non è di ostacolo, anzi, va presa come un'amica, un sussidio per rappresentare meglio la storia. Tra Donnie e Source Code c'è un arco molto vasto della mia carriera, che copre quasi dieci anni e per certi versi chiude un circolo. Ho amato molto Donnie Darko, per me rappresenta un po' il passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Mentre Source Code è anche una parabola del passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Poi hanno anche un altro punto in comune: il coniglio. In Donnie c'era questo enorme coniglio. In SC no, però in America è uscito il primo aprile, stesso giorno di apertura di Hop. Insomma, questi dannati conigli mi perseguitano! (ride)

Just eight minutes

Tra i vari significati del film è effettivamente possibile scorgere un sottotesto antimilitarista? Alcune tematiche in proposito sono forti...

DJ: No, nessun intento antimilitarista da parte mia. Provo profondo rispetto per chi crede di doversi impegnare a difendere patria e affetti. Oltretutto la mia famiglia è divisa fra artisti [Jones è figlio del noto musicista David Bowie! NdR] e militari!

Jake, in base a cosa sceglie i film da interpretare?

JG: Be', i motivi sono i più disparati, ma di solito c'è una componente inconscia, un feeling particolare.
In questo caso, ero già affiliato al progetto, e mi sono permesso di avanzare l'idea di far dirigere Duncan, che conoscevo solo dalla visione di Moon. Un film così bello che dopo venti minuti di visione avevo già deciso che avrei fatto in modo di lavorare con lui, in futuro.


Lei è uno dei pochi registi moderni di SF che non basa il tutto sull'azione ma guarda soprattutto alla fantascienza classica. Gli echi di autori come Dick e Ballard sono evidenti. Quali sono le sue fascinazioni in proposito?

DJ: Oh, potrei stare a parlare di fantascienza fino a domani mattina! Sinteticamente, adoro l'introspezione e le visioni alternative sul futuro, quindi autori come quelli non possono che essere tra i miei preferiti.

Qual è il suo rapporto con la fantascienza, invece, Jake?

JG: Piace molto anche a me. Non sono un fanatico, ma la apprezzo particolarmente, soprattutto per i messaggi che veicola. Ad esempio, in un film come Source Code, c'è l'idea quasi buddista della morte e rinascita continua, in un'esplosione, finché non si arriva alla cosiddetta illuminazione...

Il film parla di un pericoloso attentato. Fra pochi mesi ricorreranno i dieci anni dall'11 settembre newyorkese. C'è un qualche nesso?

JG: Non in particolare. Ad ogni modo, trovo che la violenza non sia mai necessaria per affermare qualcosa. Molti giornalisti prima di voi mi hanno chiesto cosa farei, dove andrei se potessi rivivere otto minuti a scelta. Be', a parte il fatto che quella nel film non è una macchina del tempo ma un programma che consente di rivivere i ricordi di un'altra persona nel passato, quindi due cose diverse, direi che tante cose si potrebbero fare, e vorrei fosse possibile. Sventare gli attentati, certo, o prevenire l'incidente a Fukushima, per esempio. Entrare nella testa di un politico influente e capace per fare qualcosa di concreto. Ripensare a certi momenti drammatici della nostra storia è doloroso. Impegniamoci per il futuro.

Ci parla dei suoi progetti futuri? O ancora non ci pensa?

DJ: Sono un tipo talmente programmato che ho già scelto il modello della mia bara, pensi. (ride)
Ad ogni modo, sì, ho tanti progetti futuri ma che sono ancora da delineare. Ho amato fare questo film con Jake e sicuramente ne verranno altri insieme a lui.

Jake, ha contribuito anche alla sceneggiatura?

JG: Solo in minima parte. Come dicevamo prima, il processo creativo è stato fiorente, quindi tiravamo fuori nuove idee in corsa. Ma di quelle mie rimane poco: ad esempio l'utilizzo plurimo dei dollari che il mio personaggio ha nel portafoglio.

Oltre che alla fantascienza di autori come Dick, mi sembra che lei attinga volentieri anche all'immaginario fantascientifico televisivo di serie come X-Files e Star Trek...è vero?

DJ: Le risponderò in modo molto semplice. (Jones rivolge dunque alla platea il saluto vulcaniano di Spock, NdR)

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