Speciale So cosa eye fatto: Danny Boyle

Speciale sulla carriera cinematografica di Danny Boyle

Speciale So cosa eye fatto: Danny Boyle
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Su queste pagine, abbiamo già avuto modo di parlare di 127 ore, nono lungometraggio cinematografico a firma del britannico Danny Boyle che, distribuito in Italia da Twentieth Century-Fox il 25 Febbraio 2011, racconta la vera tragedia dello spericolato alpinista statunitense Aron Ralston, ingegnere meccanico che, nel 2003, durante un trekking solitario nello Utah fu costretto ad amputarsi il braccio destro, rimastogli bloccato sotto un masso per cinque giorni trascorsi nell'inutile tentativo di liberarsi.
Ed è proprio l'uscita del suo apprezzabile film ad offrirci l'occasione di inaugurare questa nuova rubrica intitolata So cosa eye fatto, la quale, una volta al mese, sarà costituita da uno speciale riguardante un regista, un attore, o comunque un nome noto della settima arte.
Quindi, febbraio è per Movieye.it il mese di Danny Boyle.

Arriva il cinema che fa Danny!

Quella di Boyle è una vita che ha inizio il 20 ottobre del 1956, quando viene alla luce a Manchester da una famiglia di emigrati irlandesi.
Una vita destinata ben presto ad incrociare la strada della finzione, della realtà ricreata in forma di spettacolo, in quanto il futuro premio Oscar comincia a lavorare in teatro già a diciotto anni, divenendo due anni dopo regista per la Joint Stock Theatre Company e in seguito direttore artistico del London's Royal Court Theatre.
Quindi, il 1987 segna il suo ingresso nell'universo della televisione inglese con Scout e The Venus de Milo Instead, cui fanno seguito, due anni dopo, Monkeys e il thriller The nightwatch, quest'ultimo interpretato da James Cosmo.
Ed il periodo-1990-1993 si costituisce esclusivamente di regie al servizio di serie per il piccolo schermo, da For the greater good a Screenplay, passando per Ispettore Morse e Mr Wroe's virgins.
Soltanto nel 1994 avviene il passaggio a quello grande di schermo con Piccoli omicidi tra amici, nel quale, tra umorismo nero e tensione, Christopher Eccleston (Amelia), Ewan McGregor (Big fish-Le storie di una vita incredibile) e Kerry Fox (Un angelo alla mia tavola) vestono i panni di tre amici di Edimburgo alle prese con diversi imprevisti dopo aver scoperto che lo sconosciuto a cui avevano subaffittato un quarto del loro appartamento non solo è morto, ma ha anche lasciato una valigia piena di soldi.

Prima di diventare millionaire...

E McGregor è anche il protagonista del primo successo firmato da Boyle: quel Trainspotting (nella foto) che, datato 1996 e tratto da un romanzo di Irvine Welsh, include nel cast anche Robert Carlyle (Full Monty-Squattrinati organizzati), Kevin McKidd (L'ultima legione), Ewen Bremner (Il tesoro dell'Amazzonia) e Jonny Lee Miller (Nella mente del serial killer) per raccontare la cruda, allucinata, autodistruttiva vicenda di una banda di tossicomani proprio dal loro punto di vista.
Un titolo che non impiega molto tempo a trasformarsi in cult, permettendo al regista di girare già l'anno successivo la commedia fanta-romantica Una vita esagerata, in cui Holly Hunter (Lezioni di piano) e Delroy Lindo (Fuori in 60 secondi) interpretano due angeli che, incaricati di mettere un po' d'ordine sulla Terra tra gli innamoramenti precari, scelgono il guardiano di una fabbrica appena licenziato e la figlia del padrone, rispettivamente con le fattezze del solito McGregor e di Cameron Diaz (Tutti pazzi per Mary).
Commedia fanta-romantica che, però, si rivela un flop al botteghino, come pure The beach, del 2000, tratto da un romanzo di Alex Garland e realizzato un anno dopo il cortometraggio fantascientifico Alien love triangle, con Kenneth Branagh (Molto rumore per nulla) e Courteney Cox (Scream) tra gli attori.
Anche se The beach, con Leonardo Di Caprio (Titanic) nel ruolo di un turista americano che, in cerca di avventure in Thailandia, finisce su una paradisiaca isola segreta, diventa il cult dei cosiddetti backpackers, ovvero i viaggiatori zaino in spalla.

Una carriera esagerata

Curiosa, infine, la tendenza da parte di Boyle di orientarsi sempre più verso il cinema di genere, dopo un 2001 al servizio della BBC, per la quale firma documentari e i due tv-movie Strumpet e Vacuuming completely nude in paradise.
Infatti, è del 2002 28 giorni dopo con Cillian Murphy (Batman begins), pellicola che, con evidenti riferimenti sia al romanzo Io sono leggenda di Richard Matheson che allo stracult Incubo sulla città contaminata di Umberto Lenzi (anche se Boyle ha sempre smentito), si svolge in una Londra deserta ed invasa da cittadini trasformati in aggressivi mutanti.
Pellicola che, oltre ad aprire la strada al filone dei nuovi zombi cinematografici d'inizio XXI secolo, veloci e scattanti e tutt'altro che vicini a quelli lenti e catatonici a cui ci ha abituati George A. Romero, rappresenta con ogni probabilità la prova più felice dell'autore, responsabile due anni dopo della commedia Millions.
In quest'ultima, due giovanissimi fratelli, orfani di madre, si trovano a gestire una borsa piena di denaro casualmente finitagli tra le mani, consapevoli del fatto che le sterline in essa contenute andranno fuori corso a breve, con l'arrivo dell'euro.
E si torna invece alla fantascienza con Sunshine, il quale, datato 2007, racconta l'avventura dell'Icarus II, navicella spaziale il cui equipaggio, nel 2057, si trova costretto a dover trasportare un ordigno nucleare destinato a ridare vita al sole ormai morente, quindi incapace di fornire l'energia e la luce di cui l'umanità ha bisogno per sopravvivere.
Però, tra citazioni da Alien e momenti horror, il risultato, penalizzato da lentissimi ed insostenibili ritmi narrativi, è un confuso pasticcio fanta-filosofico che sembra emulare maldestramente sia Solaris di Andreij Tarkovskij che 2010-L'anno del contatto di Peter Hyams.
Pasticcio fanta-filosofico che precede di un solo anno The millionaire, il tanto discusso film in stile Bollywwod che, aggiudicatosi ben otto premi Oscar, ha permesso a Boyle di conquistarsi l'ambitissima statuetta.
Chissà perché, poi, visto che la vicenda del giovane Jamal Malik alias Dev Patel (L'ultimo dominatore dell'aria), cresciuto in strada ed arrivato ad un passo dalla vittoria di venti milioni di rupie all'edizione indiana del quiz televisivo Chi vuole essere milionario?, non presenta altro che le fattezze di una banalissima favoletta che, con tanto di storia romantica annessa, appare senza infamia e senza lode.