Il Signore delle Formiche: il cinema italiano racconta l'omofobia

Il film di Gianni Amelio parte dal processo del 1968 per mostrare al cinema come l'omofobia debba essere condannata, ma non è il solo.

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Il signore delle formiche è il film di Gianni Amelio con protagonisti Luigi Lo Cascio e Elio Germano che si concentra sul processo al poeta e filosofo, nonché esperto mirmecologo Aldo Braibanti, figura controversa che negli Sessanta fu capro espiatorio per un accusa di plagio che, in verità, nascondeva in profondità una violenta e bigotta chiusura, segno di una pronunciata omofobia. L'opera è nelle sale dall'8 settembre, prodotta da Kavac Film in collaborazione con Rai Cinema, distribuita da 01 Distribution, e presenta una vicenda spregevole per le pagine della giustizia italiana, che cercò di utilizzare in maniera forzata delle leggi che portarono l'uomo dietro le sbarre, costretto a scontare una pena che, in realtà, nascondeva un'ignoranza ottusa e imbarazzante.

La storia e le accuse a Aldo Braibanti

Quella che, purtroppo, la maggior parte della società italiana del periodo predicava. La stessa che a volte sembra presentarsi ancora oggi, dimostrando che non c'è poi tanta differenza tra un passato che sembra riversarsi anche nel presente, e che Gianni Amelio mostra augurandosi che il pubblico esca dalla sala riflettendo bene su come fare affinché ciò che è stato non si ripeta. Partigiano e intellettuale, conoscitore della letteratura e appassionato di teatro, Aldo Braibanti rimane certamente una figura dalle mille sfaccettature che sarebbe meglio andare in profondità ad indagare (scoprite chi era Aldo Braibanti nel nostro speciale), ma la cui sessualità fu oggetto di un'attenzione sconcertante e preoccupante, lezione da tenere bene a mente.

Innamorato di un ragazzo del suo circolo culturale, nel film lo studente Ettore interpretato da Leonardo Maltese, Braibanti esercita sul giovane una fascinazione sicuramente veicolata dalla mente e dalla conoscenza dell'uomo, ma lontana anni luce dal reato di plagio di cui venne accusato. Influenzato senz'altro dalla sicurezza ricercata e dalla maniera di stare al mondo dell'autore, quello di Ettore fu comunque un avvicinamento a Braibanti consapevole e condiviso. Non fu mai costretto a diventare il burattino del desiderio del poeta o ad esercitare pratiche sessuali non consensuali. Quello tra i due fu un avvicinamento graduale e reciproco, come si vede nella pellicola e come testimonia la volontà del ragazzo di presentarsi davanti alla corte per esporre la propria versione dei fatti.

Decisione che forse, inconsciamente, agì più in modo inverso, convincendo la giuria che il giovane fosse stato davvero condizionato al punto da essere ancora sotto l'ipnosi del suo "padrone". Ma che in realtà dimostra quanto nell'Italia del '68, nonostante i movimenti di rivolta e di riscatto che cominciavano a scuotere le coscienze nostrane, l'omofobia fosse endemica al punto da rigirare anche le parole oneste di un ragazzo, vedendo nel suo gesto non certo una forma di amore, bensì di follia.

Un processo senza colpa

Il signore delle formiche cerca una posizione di riscatto nei confronti di coloro che furono ciechi di fronte all'ingiustizia che si stava consumando, dimostrando quanto la censura causasse una perdita di credibilità anche negli organi più autorevoli di stampa (nell'opera di Amelio, il giornale L'Unità).

Per non parlare della religione, che fu un'altra delle armi e delle giustificazioni più opprimenti nell'esito del processo a Aldo Braibanti e nell'attacco alla sua persona. Perché non esiste alcun colpevole se non c'è nessuna colpa, come afferma il personaggio di Ettore. Ma di ciò non sembrava essere convinta la corte. Fu perciò un tribunale morale, quello del teorico buon costume, ad esprimersi per condannare un uomo solamente per la sua sessualità, mostrando come nemmeno le preghiere a Padre Pio o alla Madonna potessero far nulla contro un peccato mortale come quello dell'amore tra persone dello stesso sesso, conducendo il dialogo attorno al caso Braibanti su lidi pronti ad ostracizzare qualsiasi altro omosessuale. Un processo che agì da frangiflutti contro chiunque avesse intenzione di dichiarare il suo vero "Io" e reprimere i propri sentimenti per non venir esclusi dalla società e essere giudicati criminali, non riuscendo a far capire che non c'era nessuna malattia da dover guarire, se non quella dell'odio e dell'ignoranza.

Con Il signore delle formiche, Gianni Amelio riporta un pezzo di storia nostrana alle vecchie e nuove generazioni per non permettere assolutamente che ciò si ripeta (e non è la prima volta che Gianni Amelio racconta l'Italia). Un punto bassissimo nella protezione dei diritti e delle libertà dell'uomo che, speriamo, possano raggiungere pienamente il proprio riscatto. Un film contro l'omofobia perché così dovrebbe essere. Sperando che gli sbagli di ieri non si ripetano anche nel futuro.

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