Il Signore delle Formiche: chi era Aldo Braibanti?

Il protagonista del film di Amelio è stata una delle menti italiane più raffinate, passato alla storia per lo scandaloso processo che lo coinvolse.

Il Signore delle Formiche: chi era Aldo Braibanti?
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La storia d'Italia è legata a doppio filo con le gesta sensazionali di autori capaci di tracciare nuovi corsi per lo stato delle arti in cui eccellevano, geni ammirati in tutto il mondo che con una punta di orgoglio possiamo definire nostri concittadini. Tra gli indimenticabili autori provenienti da questo problematico Paese a forma di stivale troviamo Aldo Braibanti, scrittore piacentino nato nel 1922, innovatore nel campo della letteratura, del cinema e della drammaturgia, ma ricordato da gran parte dell'opinione pubblica per il tumultuoso processo del '64 che lo vide apparire dietro al banco degli imputati.

Gianni Amelio ha deciso di raccontare la storia di questo autore tormentato con Il Signore delle Formiche, prodotto da Kavac Film in collaborazione con Rai Cinema, film in concorso al Festival del Cinema di Venezia che arriverà sul grande schermo il prossimo 8 Settembre (lo trovate tra i film in sala di settembre 2022). Nella nostra anteprima de Il Signore delle Formiche vi abbiamo raccontato le elettrizzanti premesse di una pellicola che punta ad analizzare con la dovuta severità una delle pagine più scure della storia recente italiana, ma è essenziale conoscere il passato di Braibanti per capire la portata del caso giudiziario in questione, perché esso ha fin da subito superato i confini della legge per aprirsi in una polemica sulla religione, sulla sessualità e sul potere delle idee.

L'origine di un'idea

L'autore ebbe la fortuna di nascere in una famiglia benestante ma illuminata, la quale rifiutava con vigore ogni forma di autorità e di clericalismo proprio mentre il resto del Paese si era consegnato senza controbattere nelle mani del dittatore fascista. Il padre era un medico, ed il piccolo Braibanti lo seguiva spesso nelle campagne emiliane durante le visite ai pazienti: il contatto con la natura diventerà fulcro indispensabile per lo sviluppo delle sue arti, perché lo porta a riconoscere il ruolo centrale dell'ambiente in tutto ciò che esiste, andando a creare un'ideologia ecologista unita al profondo interesse nei riguardi degli insetti sociali, in particolar modo delle formiche.

Cominciò a produrre le prime poesie ad otto anni, ma la conoscenza scolastica di autori come Foscolo e Leopardi lo porta ad abbandonare l'uso delle rime per rivolgersi ad una costruzione più libera. Con gli studi classici si perfeziona il contesto letterario del giovane poeta, così come si infuoca il suo livore nei confronti dello Stato fascista - scriverà infatti un manifesto dedicato "a tutti gli uomini vivi" per aizzare i compagni alla rivolta contro Mussolini - mentre la facoltà di Filosofia accende l'amore verso i liberi pensatori come Giordano Bruno e Spinoza.

Nessuno è al sicuro

Durante gli anni del potere di Mussolini, Aldo Braibanti era uno scrittore e poeta rinomato, ma i suoi interessi artistici spaziavano in numerosi altri campi dell'intelletto, come il cinema ed il teatro.

Dal 1940 cominciò a costruire un futuro migliore per il suo Paese, contribuendo alla formazione dei Gruppi di Resistenza Partigiana in contrasto con la dittatura fascista, e dando il suo accalorato sostegno anche ai movimenti operai che portavano avanti una necessaria lotta di classe. Le sue idee riflessive e misurate lo portarono però al contrasto con il Partito Comunista Italiano che, in seguito alla caduta di Mussolini, si dedicava con troppa passione allo stalinismo diffusosi nei circoli politici del dopoguerra, per questo decise di abbandonare la scena pubblica dedicandosi completamente alla propria arte, partecipando all'esperienza comunitaria del torrione Farnese di Castell'Arquato per poi isolarsi in una villa in periferia di Roma nel '62. Nella campagna laziale Braibanti lavorò all'evoluzione del teatro italiano, stringendo un profondo rapporto di amicizia con il giovane Giovanni Sanfratello, un ragazzo di 23 anni proveniente da un'oppressiva famiglia borghese, la quale cercava di sopprimere le sue pulsioni artistiche per indirizzarlo verso un lavoro più stabile e ordinario. L'influenza dello scrittore portò Giovanni ad una silenziosa ribellione contro i parenti, ed è per questo che il padre del ragazzo, Ippolito Sanfratello, nel '62 denunciò Braibanti di plagio, dando il via ad un vomitevole carosello di opinioni sociali e politiche in conflitto.

La potenza della tenerezza

L'accusa di plagio che venne mossa contro Braibanti non è riferita al significato moderno del termine, ma è collegata alla definizione che ne dava il diritto moderno prima della sua (tardiva) cancellazione: Ippolito Sanfratello denunciò l'artista perché aveva sottoposto il figlio Giovanni al suo ascendente intellettuale, traviandolo e conducendolo all'omosessualità.

Il "caso Braibanti" scosse in maniera decisa l'opinione pubblica, in un gioco a più partecipanti che vedeva gli artisti del tempo - Carmelo Bene, Moravia e Pasolini su tutti - lottare contro la conformità fortemente voluta dalle classi borghesi. La pellicola di Amelio si ispira ai fatti realmente accaduti per raccontare le vicende partendo proprio dall'affetto che legava Braibanti (interpretato da Luigi lo Cascio) al giovane ragazzo con aspirazioni artistiche, in quella casa di campagna dove il poeta si dedicava alla sua passione per il teatro e l'entomologia. La sfaccettata personalità dello scrittore si rivelava anche nel suo complicato e non ortodosso rapporto con l'omosessualità, la quale rifuggiva le esagerazioni di chi, in quegli anni tormentosi, cercava di sfogarla nelle pochissime occasioni in cui poteva, dipingendo un uomo non solo operoso e brillante, ma soprattutto tenero e riflessivo. Furono proprio le pulsioni sessuali del "plagiato", che secondo suo padre aveva innescato il poeta, a farlo rinchiudere in una clinica psichiatrica con il benestare di sua madre, dove venne sottoposto a numerose sedute di elettroshock per "guarire" dall'influsso di Braibanti, con un'opinione pubblica che si divideva in estremisti e conservatori mentre la maggior parte delle persone restò perlopiù indifferente.

Appare dunque chiaro come il processo fu solo l'appendice di una lotta sociale ed ideologica che ribolliva in seno all'Italia ormai da decenni, un conflitto che vede Braibanti nei panni dell'imputato per elevarlo a martire di una liberazione per la quale lottava fin da giovanissimo: il cinema di Amelio si fa portavoce di una storia scomoda, ma anche tenera e potente, che merita di essere tramandata negli anni a venire per insegnare al pubblico quanto possano valere le idee.

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