Sceneggiatura, questa sconosciuta: quando a mancare è lo script

Negli ultimi anni, tanto in Italia quanto a Hollywood, è diventato sempre più difficile trovare film con una buona sceneggiatura. Come mai?

Sceneggiatura, questa sconosciuta: quando a mancare è lo script
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Portare a compimento un film non è sicuramente un'impresa semplice, non solo ovviamente per tutto ciò che concerne i numerosi aspetti legati alla distribuzione e al possibile successo (o insuccesso) dello stesso, quanto anche ovviamente alle infinite variabili legate ai numerosi elementi tecnici che lo compongono.
Dallo stile di regia alla fotografia, spaziando poi dalla scenografia al trucco e passando per la post produzione e la scelta dell'attore o dell'attrice migliore per interpretare i numerosi personaggi, ogni singolo prodotto d'intrattenimento - pensato per la settima arte - è quasi sempre frutto di un titanico sforzo collettivo per raggiungere il risultato migliore (almeno si spera) possibile.
C'è però un elemento che più di ogni altro ha forse perso sempre più importanza nel corso del tempo, fino a diventare quasi un semplice orpello stilistico da utilizzare in maniera a tratti sconclusionata o semplicemente superflua: la sceneggiatura.
Da casi eclatanti come quelli legati a film come Dragonball Evolution o il Dracula di Dario Argento (fino ai più recenti Star Wars), come mai l'intera industria cinematografica (sia quella di matrice Hollywoodiana che non) ha deciso di puntare sempre meno su script validi?
Qui di seguito proveremo ad analizzare brevemente il fenomeno per comprendere al meglio le ragioni che hanno portato i vari studios a porre sempre meno attenzione verso la componente narrativa di numerose pellicole.

Creatività al bando

Dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo, qualsiasi questione relativa al concetto di script cinematografico è legata a una semplice quanto - per certi versi destabilizzante - regola: a nessun produttore (grande o piccolo che sia) interessano davvero le idee originali.
Questa frase potrebbe risultare eccessivamente semplicistica o troppo generalista e in effetti lo è (almeno in parte): nel corso del tempo infatti il cinema - soprattutto quello indipendente - ha saputo sfornare piccoli grandi capolavori dimenticati forse un pochino troppo velocemente da tutti quanti, basti pensare a opere come The Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry (conosciuto in Italia come Se mi lasci ti cancello), Solo gli amanti sopravvivono o Il figlio di Saul (solo per citarne qualcuno).
Ma se questo è vero, è altrettanto lampante che le opere con davvero qualcosa da raccontare siano diventate sempre meno (tanto nel nostro Paese quanto a Hollywood) proprio per la poca lungimiranza delle grandi case di produzione di puntare sul nuovo, sullo svecchiamento e sull'innovazione.

Il problema, in realtà più stratificato e complesso di quanto possa sembrare in un primo momento (soprattutto se trattato provando ad analizzare la situazione culturale di ogni singolo Paese), è comunque un qualcosa con cui anche noi - magari tra dieci, cento o mille anni - dovremo comunque provare a fare i conti.
Ed è proprio per questo che per analizzare nel dettaglio il problema legato alla poca importanza data alla sceneggiatura in ambito cinematografico prenderemo in esame sia alcune delle dinamiche caratteristiche della nostra industria quanto alcune delle storture presenti a Hollywood tralasciando, semplicemente per una questione di praticità, le numerose altre variabili rappresentate dal resto del mondo.
Per quanto riguarda il nostro Paese, è purtroppo un dato di fatto constatare come il nostro intero sistema culturale, soprattutto dagli anni '90 in poi, si sia sempre più attorcigliato su se stesso, non riuscendo (almeno fino a questo momento) a trovare lo slancio necessario per ripartire con forza.

Anche il nostro sistema "scolastico" non è riuscito in questo senso ad adeguarsi, non permettendo in realtà alla componente artistica di venir valorizzata nel migliore dei modi, quasi come a etichettare la creatività come un qualcosa di serie b (o c, d, z) rispetto alle materie più pratiche e/o di tipo scientifico.
Espressioni molto usate come ad esempio la celeberrima con la cultura non si mangia hanno ovviamente contribuito nel corso del tempo a instillare nella mente delle persone una visione davvero poco edificante della sfera artistica a livello generale.
Il nostro sistema d'intrattenimento, che ha inspiegabilmente lasciato nell'angolo dei veri e propri settori che non esiteremmo a definire fantasma (come quelli legati all'animazione e ai videogiochi) non è oltretutto più riuscito a incidere considerevolmente a livello cinematografico come in passato, lasciando il compito di innovare e svecchiare il sistema a uno sparuto gruppo di autori che, pur impegnandosi al massimo nel proporre qualcosa di nuovo, non sono in realtà stati supportati a dovere dall'industria.

La stessa figura dello sceneggiatore ha così subito un vero e proprio depotenziamento, proprio per via di un intero sistema cinematografico tarato quasi ed esclusivamente su specifici generi, quali la commedia e il dramma familiare, che hanno portato di fatto all'annullamento dei generi più di "nicchia" in favore di un metodo produttivo standardizzato e privo di originalità.
Un vero e proprio modus operandi perfettamente codificato e definito, sempre più spesso poco incline anche solo nel provare a prendere in considerazione delle nuove proposte, basti vedere ad esempio le esplicite richieste da parte delle case di produzione nostrane (presenti sui vari siti) di non inviare alcun tipo di script o nuova idea, vero e proprio simbolo di un immobilismo culturale che ormai ci trasciniamo dietro da circa trent'anni, messo oltretutto in luce (attraverso un contesto satirico) da opere cult come Boris (sia la serie tv che il film).

Senza poi ovviamente contare la figura dello sceneggiatore in sé, forse uno degli ambiti professionali meno valorizzati e supportati in termini assoluti (tanto nel ramo indipendente quanto in quello mainstream), proprio per via della poca cura che spesso proprio i produttori, mostrando da questo punto di vista anche una propensione al conservatorismo spinto, hanno riservato alla componente narrativa, etichettandola come un qualcosa di poco conto o addirittura ininfluente.

Un problema di stampo generale

Ma se qualcuno potrebbe obiettare che le storie originali non vengono prese in considerazione solo nel nostro Paese, per un'attitudine al volersi concentrare semplicemente su prodotti più facilmente vendibili, in realtà "la piaga" relativa al non voler prendere in considerazione (quasi) alcun tipo di script originale ha spesso colpito anche Hollywood, soprattutto nel caso di produzioni multimilionarie.
Il concetto di storia nella sua accezione più pura ha infatti perso sempre più appeal nel corso dei decenni, diventando in molte occasioni un semplice espediente per far muovere i personaggi da un punto A verso un punto B, tralasciando qualsiasi tipo di messaggio complesso, stratificato o dotato di più chiavi di lettura atto a scatenare nello spettatore un qualsivoglia spunto di riflessione più o meno profondo.
Il rendere infatti i film ad alto budget vendibili al più alto numero possibile di spettatori ha inevitabilmente portato l'intera industria cinematografica a concepire i film come dei veri e propri esperimenti genetici di laboratorio piuttosto che come opere d'arte, cercando di bilanciare tutti gli aspetti dell'opera mettendo però da parte in maniera abbastanza sfacciata quello più importante, cioè la componente emozionale e artistica.

E se è vero che la sceneggiatura è il cuore pulsante di ogni singola storia (se ovviamente consideriamo l'opera d'intrattenimento nella sua forma classica senza puntare lo sguardo verso sperimentalismi estremi), il rimuoverla dall'equazione in maniera scientifica non ha fatto altro che generare nel corso del tempo un enorme numero di film "vuoti", capaci di rimanere impressi nella memoria dello spettatore solo e soltanto durante il momento della visione al cinema.
Paradossalmente, infatti, numerosissimi blockbuster, nonostante un comparto tecnico di tutto rispetto (con reparti quali fotografia, scenografia, trucco, costumi, regia, effetti speciali, montaggio e audio al top) presentano delle trame a dir poco sconclusionate, talvolta semplicemente inconcludenti o addirittura senza senso.

Questo anche perché spesso gli script non vengono affidati a una singola persona, ma passati di mano in mano a distanza di mesi o anni (se non decenni) nel tentativo disperato da parte degli studios di trovare la formula perfetta riguardo la vendibilità trasversale dell'opera, arrivando però spessissimo a un risultato finale molto lontano dalle origini, talvolta caotico, pieno di buchi narrativi o di sequenze senza alcun tipo di coerenza logica.
Uno degli esempi più clamorosi di questa vera e propria schizofrenia contenutistica è probabilmente la trilogia sequel di Star Wars, creata cercando di stare un po' troppo dietro ai gusti del pubblico adattandosi di conseguenza (addirittura in corso d'opera tra un film e l'altro) per cercare di accontentare tutti in maniera però eccessivamente autoreferenziale.
La sceneggiatura continuerà quindi a essere per ancora molto tempo l'elemento più sottovalutato di qualsiasi film semplicemente perché, almeno per il momento, non è quello che il pubblico sembra volere davvero, intenzionato invece a ricercare la qualità sotto altri aspetti.
Allo stesso modo, trattare argomenti spinosi e difficili (o semplicemente critici verso un determinato sistema di potere) potrebbe creare più di qualche grattacapo anche a livello di distribuzione, vista anche l'intransigenza imperante che negli ultimi anni è esplosa a livello social, variabile che ovviamente gli stessi studios tengono ormai in grande considerazione.

È bastato infatti mandare nelle sale Joker di Todd Phillips per far infiammare il popolo di internet in numerosi dibattiti relativi alla nostra società individualista o al concetto stesso di rivolta, sintomo forse che determinati messaggi possono essere veicolati al pubblico di massa solo attraverso un registro eccessivamente didascalico (spesso neppure sufficiente a essere compreso appieno), sintomo di quanto ormai un po' tutti siano scivolati velocemente verso una desensibilizzazione generale data proprio dalla volontà dell'industria cinematografica di non calcare in nessun modo la mano su argomenti particolarmente scomodi a livello di blockbuster, cercando appunto di presentare con il contagocce opere un minimo più profonde della media, puntando così sempre più spesso su sceneggiature eccessivamente annacquate o, semplicemente, prive di mordente.

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