Speciale RoboCop - Io, RoboCop

Rispolveriamo la saga del robo-agente Alex Murphy

Speciale RoboCop - Io, RoboCop
Articolo a cura di

Tra rifacimenti di Non aprite quella porta e reboot di saghe quali Nightmare e Star Trek, tutto si sarebbe potuto pensare, tranne che la sempre più povera di idee Hollywood d’inizio terzo millennio sarebbe arrivata a tentare di rispolverare la figura del poliziotto cibernetico Robocop, protagonista dell’omonima trilogia fanta-poliziesca concepita tra la seconda metà degli anni Ottanta e la prima dei Novanta.
Sì, gli anni Ottanta, il decennio in cui, grazie in particolar modo al capolavoro cameroniano Terminator, le immagini di letali esseri metà uomo e metà macchina spopolarono non poco sullo schermo, tra il pilota caduto nella giungla e trasformato nell’armatissimo androide di Eliminators di Peter Manoogian e il Cyborg di Albert Pyun, che vide il colosso belga Jean-Claude Van Damme impegnato a proteggere una donna robot nel corso di in un viaggio attraverso una post-apocalittica America del Nord del XXI secolo.
Un contesto storico-cinematografico in cui, appunto, tutt’altro che male si inserì il corazzatissimo tutore della legge dal grilletto facile, del quale andiamo a rispolverare le imprese su celluloide nell’attesa di visionare questo nuovo RoboCop a firma di José Padilha, autore nel 2007 di Tropa de elite - Gli squadroni della morte e del suo sequel, risalente a tre anni dopo.
Imprese che, oltre a generare videogiochi, serie televisive e, addirittura, a cartoni animati, non hanno potuto fare a meno neppure di dare vita ad imitazioni come la trilogia Cyborg cop, risalente al biennio 1993-1995, o il nostro Robowar che, messo in piedi nel 1988 da Bruno Mattei (ma sotto pseudonimo Vincent Dawn), fornì proprio di connotati alla Robocop il malvagio androide inserito in una vicenda proto-Predator.
E ci chiediamo anche cosa sarebbe venuto fuori se il compianto Joe D’Amato alias Aristide Massaccesi avesse portato a compimento l’annunciato ma mai iniziato a girare Androfighting W7 - Last generation, dichiaratamente ispirato alle gesta del robo-sbirro.

Robocop

In una Detroit del futuro, penalizzata dalla sempre più dilagante delinquenza e dalle precarie condizioni economiche del municipio, l’agente di polizia Alex Murphy, ovvero Peter Weller, prima viene ucciso dalla spietata banda di rapinatori capitanata dall’ammazza-sbirri Clarence Boddicker alias Kurtwood Smith, poi si ritrova utilizzato dalla potentissima multinazionale OCP (Omni Consumer Product) per la realizzazione di Robocop, cyborg di pattuglia che rappresenterebbe uno dei primi passi verso il concepimento della innovativa megalopoli Delta City, da costruire al posto della città.
Con la depalmiana Nancy Allen nei panni dell’ufficiale Anne Lewis, partner del protagonista, l’olandese Paul Verhoeven fa nel 1987 il suo ingresso nell’ambito della fantascienza a stelle e strisce con una pellicola che sembra essere - per quanto riguarda tematiche e messa in scena - almeno trent’anni avanti coi tempi, tanta è la sua capacità di distaccarsi dai decisamente più rassicuranti esempi sfornati all’interno del genere dai contemporanei Steven Spielberg, George Lucas e Robert Zemeckis.
Impreziosito sia dall’ottima colonna sonora per mano di Basil Poledouris che dagli eccellenti effetti speciali di trucco ad opera di Rob Bottin, infatti, Robocop non solo non risparmia splatter ed esagerazioni di cruda violenza atipiche per la mecca del cinema di allora, ma inscena con notevole senso del ritmo quasi un’ora e quaranta di visione che, pur racchiudendo in sé il sentimento di giustizialismo reaganiano grazie alla loro seconda parte incentrata sulla vendetta attuata da Murphy, non sembrano risparmiare, allo stesso tempo, una certa critica ad un sistema corrotto e manipolato come di consueto dall’alto (basta pensare al fatto che, al di là della coppia principale, un po’ tutti i personaggi risultano ambigui).

Robocop 2

Mentre la OCP, afflitta da problemi finanziari in quanto non è ancora iniziata la costruzione di Delta City, attende da parte del sindaco la restituzione di una grossa cifra, a Detroit, sempre più in preda alla delinquenza e agli scioperi messi in atto dalla polizia, prende piede la famigerata sostanza stupefacente chiamata Nuke, diffusa dal pericoloso criminale Cain, con le fattezze del Tom Noonan di Scuola di mostri.
Tre anni dopo il capolavoro di Verhoeven, la regia passa nelle mani di Irvin Kershner, autore de L’impero colpisce ancora e del bondiano Mai dire mai, il quale, su sceneggiatura scritta da Walon Green insieme al fumettista Frank Miller, sembra riallacciarsi in parte allo stile del regista di Atto di forza per quanto riguarda la descrizione degli intrallazzi tra politici e baroni della droga e la non indifferenze dosa di violenza presente.
Eppure, tra scenario apocalittico e abbondanza d’azione orchestrata in mezzo a distruzione di Robocop, sua ricostruzione con riprogrammazione dagli esiti grotteschi e atteso scontro finale con quello che viene chiamato Robocop II, ricavato proprio dal citato Cain, l’oltre ora e cinquanta di visione rimane dalle parti di un appena sufficiente sequel tendente in diverse occasioni all’infiacchimento.

Robocop 3

Detroit è divenuta proprietà privata dopo che la OCP è stata acquistata da una potentissima multinazionale giapponese, la quale assolda un gruppo di mercenari guidati dal perfido capitano Paul McDaggett alias John Castle per cacciare con violenza le persone dalle loro case e iniziare a demolire la città in favore della costruzione di Delta City.
È in questo scenario ancora più apocalittico dei due capitoli precedenti che il robo-agente Murphy - stavolta interpretato da Robert John Burke e non da Peter Weller - si schiera, sempre affiancato da Lewis, dalla parte di un gruppo di sfollati comprendente anche una bambina separata dai genitori e particolarmente portata per l’elettronica e l’informatica.
Ed è a cominciare da questo elemento che è facilmente intuibile l’intenzione di strizzare maggiormente l’occhio al pubblico dei ragazzi da parte di un sequel firmato nel 1993 da Fred Dekker, responsabile anche dello script insieme a Frank Miller, nuovamente coinvolto.
Non a caso, la descrizione dei momenti di violenza è decisamente più edulcorata e, mentre non mancano neppure ninja cyborg nel probabile tentativo di cavalcare la moda dei film d’arti marziali in voga nei primi anni Novanta, le novità sembrano puntare principalmente ai nuovi gadget di cui gode il protagonista, qui capace di volare e di ricorrere a un braccio-protesi fornito all’occorrenza di mitragliatore, lanciafiamme e lanciarazzi.
Ma la noia regna sovrana ed è un vero peccato che a dirigere il tassello meno riuscito dei tre sia stato colui che ci regalò due gioiellini come lo zombie-movie Dimensione terrore e il succitato Scuola di mostri.

Che voto dai a: RoboCop

Media Voto Utenti
Voti: 11
5.9
nd