Ricordando Alan Rickman: l'ultimo saluto al Principe Mezzosangue

Straordinario interprete al cinema, eclettico attore teatrale e attento regista: Alan Rickman, scomparso in questi giorni, ha accompagnato grazie alla sua interpretazione di Severus Snape un'intera generazione. Il nostro ricordo.

Ricordando Alan Rickman: l'ultimo saluto al Principe Mezzosangue
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La prima volta che vidi Alan Rickman sullo schermo avevo undici anni e un pacco di popcorn tra le mani. Come in tanti della mia generazione (la famosa Harry Potter Generation) il mio primo incontro con quello che era già un immenso attore è stato infantile, acerbo ma pieno di magia. Per anni l'ho conosciuto soltanto con lunghi capelli neri e tunica da mago, e da appassionata Potteriana identificavo istantaneamente la sua gestualità secca, rigida ed essenziale, e il suo modo di parlare arricciando leggermente le labbra, con gli occhi che si assottigliavano. Rickman era solo Piton, composto e sempre in bilico tra giusto o sbagliato, segretamente custode di una verità che J.K. Rowling aveva rivelato solo a lui - e che ha tenuto per sé per quasi dieci anni lasciandola trapelare solo dai suoi occhi: erano quelli a raccontarmi tutta la sua storia. Il professor Piton non aveva segreti per me, ed è per questo che ricordo distintamente il primo momento in cui Alan Rickman è diventato davanti ai miei occhi altro da lui, spogliandosi di quelle tuniche per entrare nei panni di un marito infedele in Love Actually: Harry, che guardava la "sua" Karen/Emma Thompson con gli occhi dell'abitudine distratto da delle intrepide orecchie da diavolo. La me ragazzina fece fatica ad accettare che uno dei più grandi compagni della sua infanzia potesse andare oltre il mondo in cui l'aveva segregato. Eppure, qualcosa mi spinse a superare il gelido capocasa Serpeverde e a lasciare indietro per un attimo la mia magica infanzia, in favore di una nuova consapevolezza.

"Sempre"

La prima volta che decisi di esplorare la sua carriera fu grazie a quella decisione, e in quel momento Alan Rickman divenne non solo un personaggio ma un attore: lo scoprii in Robin Hood Principe dei ladri, in opposto ai determinati occhi azzurri di Kevin Costner, mi sorpresi del suo background teatrale al fianco di attrici del calibro di Helen Mirren, l'Antonio di una meravigliosa Cleopatra. Alan Rickman divenne l'uomo dai mille volti, capace di lasciare un segno davanti e dietro la macchina da presa, dove aveva dato ordine a Le Regole del Caos dirigendo attori come Kate Winslet e Stanley Tucci. Una carriera variegata e mai banale, che con grazia ed eleganza ad omaggio ed eredità delle sue origini britanniche scivolava dalla pellicola al palco senza mai fallire. Crescendo e scegliendo la mia professione l'ho riscoperto ogni volta su schermo con la calda sensazione di chi ritrova un vecchio zio durante le feste di famiglia, il lontano parente che non vedi spesso ma di cui ricordi sempre con piacere il ruolo nella tua vita. Quello che con un sorriso o uno sguardo, riesce a farti sentire a casa. Il suo talento ha illuminato molte delle mie esperienze, e la me adulta ha imparato a riconoscerlo non più grazie ad una tunica da mago, ma soprattutto grazie alla sua voce - una delle caratteristiche più peculiari di Alan Rickman, la cui tonalità estremamente profonda mescolava i toni scuri dell'accento British creando una melodia cupa ma avvolgente, impossibile da non notare.

La prima volta che vidi Alan Rickman di persona lo riconobbi proprio grazie alla sua voce. Era a Venezia per la presentazione di Una Promessa di Patrice Leconte, melodramma dell'attesa di cui ricordo i suoi occhi gelidi e i baffi imbianchiti dall'età. Nella hall dell'Hotel Excelsior, a pochi passi dalla Mostra del Cinema, c'era un uomo intento a bere un caffè e a parlare con alcuni presenti - e fu proprio quel parlare, quella voce a renderlo riconoscibile. Lo rividi di nuovo in Conferenza Stampa quello stesso giorno, ed entrambe le volte ricordo di aver avuto l'impressione di viaggiare tra illusioni parallele: l'uomo e l'immagine, l'attore e l'aspettativa - e al centro io che, timidamente, mi affacciavo verso un nuovo modo di conoscerlo, privilegiata dalla mia posizione. Quel giorno Alan Rickman divenne più di un personaggio, più di un attore: divenne ai miei occhi un uomo, la personificazione del gran talento che aveva accompagnato la mia vita in punta di piedi. Antoine De Saint-Exupéry scriveva che tutti gli uomini sono stati bambini, ma pochi di essi se ne ricordano: io oggi, davanti a quel cambio di tempo verbale sulla sua pagina Wikipedia, ho cambiato tempo e mi sono trovata di nuovo in quella sala cinematografica, ritrovando la stessa ragazzina undicenne che con lui nonostante tutto è cresciuta. Per questo la prima cosa che ho visto, e quella con cui ricorderò Alan Rickman, è stata la tunica del professor Piton. E per questo, in barba alla banalità, lo ricorderò sempre con un Sempre.

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