Resident Evil, tutta la saga al cinema spiegata bene

Ripercorriamo insieme le origini, lo sviluppo e poi il rilancio dell'intera produzione filmica dedicata all'IP targata Capcom.

Resident Evil, tutta la saga al cinema spiegata bene
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Nientemeno che George Romero avrebbe dovuto trasporre sul grande schermo Resident Evil, che nell'ormai lontano 1997 contava un solo capitolo videoludico all'attivo. Inizialmente, in verità, il progetto venne affidato allo sceneggiatore Alan B. McElroy (Halloween 4, Spawn, Wrong Turn), il cui script venne bocciato dal capo della produzione targata Constantin Film, Robert Kulzer, che giudicò il risultato "troppo datato a fronte dell'uscita del sequel del videogioco".

È qui che entrò in campo il padre degli zombie cinematografici, un maestro innamorato dell'orrore da cui lo stesso Shinji Mikami, creatore di Resident Evil, trasse ispirazione per la sua opera. Proprio Romero diresse nel 1998 uno spot promozionale giapponese per il lancio di Resident Evil 2, commercial che impressionò davvero molto Sony, spingendola a chiedere all'autore di scrivere la sceneggiatura dell'adattamento filmico ed eventualmente dirigerlo.

A differenza della trasposizione di McElroy, quella di Romero prevedeva tutti i personaggi apparsi nel primo videogioco e riferimenti di ogni tipo all'Umbrella o al Virus T, ma lo script venne infine scartato come quello del suo predecessore. Fu sempre Kulzer a spiegare i motivi di tale scelta, interamente basata sulla paura di ricevere un divieto ai minori di 17 anni e minare il risultato economico del progetto, nonostante lo scottante dispiacere nel dover scartare per mere esigenze di botteghino il lavoro di Romero, voltando intanto lo sguardo al giovane e lanciatissimo Paul W.S. Anderson.

La prima trilogia di Resident Evil

Prima di Anderson, in realtà, la Constantin FIlm considerò Jamie Blanks (Urban Legends) per la regia del progetto, ma anche questa versione venne accantonata. Oltre al fatto di aver diretto nel 1995 Mortal Kombat, rivelatosi il primo vero successo commerciale tratto da un videogioco, Anderson aveva notato immediatamente il potenziale cinematografico di Resident Evil, tanto da scrivere senza alcuna commissione un ripoff dell'opera intitolato Undead.

A restare colpito della cosa fu soprattutto Bernd Elchinger, capo di Constantin Film, che propose con entusiasmo ad Anderson di sviluppare il suo ripoff come sceneggiatura per l'adattamento di Resident Evil, scegliendolo infine come regista della trasposizione, che all'inizio del nuovo millennio tornò alle prime fasi pre-produttive. In una sua dichiarazione iniziale, l'autore disse immediatamente di voler eliminare quanti più possibili legami col videogioco, spiegando come "i tie-in di poco successo fossero fin troppo comuni, mentre Resident Evil meritava un'ottima rappresentazione su celluloide". Forse per questo, proprio in fase di riscrittura, il film venne sottotitolato Ground Zero, aggiunta poi rimossa a causa degli attacchi terroristici del 11 settembre 2001. Venne comunque scelta una protagonista femminile totalmente inedita nel franchise, Alice, ruolo che Anderson scelse di affidare a Milla Jovovich, all'epoca molto amata grazie alla sua performance ne Il Quinto Elemento di Luc Besson. Attorno a lei, una serie di personaggi che richiamavano il videogioco (come Albert Wesker) e altri invece inventati di sana pianta. Al netto di un cambio effettivamente radicale nella narrazione dell'adattamento cinematografico, Resident Evil si rivelò un titolo di genere abbastanza ispirato e godibile incentrato sulla missione segreta di uno squadrone d'assalto.

Quest'ultimo ha infatti il compito di introdursi nell'Alveare, laboratorio segreto dell'Umbrella Academy situato nel sottosuolo di Raccoon City, e disattivare la Regina Rossa, un super computer che ha sigillato l'intera struttura e intrappolato tutti gli scienziati al suo interno. Il gruppo scopre molto presto come nell'Alveare sia stato diffuso un virus in grado di tramutare gli esseri umani in zombie. Sarà la sola Alice a sopravvivere alla missione, con il compagno Matt Addison (Eric Mabius) che verrà infettato e diventerà poi Nemesis nel secondo capitolo della saga uscito nel 2004, Resident Evil: Apocalypse (intitolato così a causa dell'uscita di Star Trek: Nemesis appena due anni prima).

Nel sequel il campo d'azione si espande e comprende questa volta l'intera Raccoon City. Il Virus T è infatti fuoriuscito dall'Alveare e ha cominciato a diffondersi per tutta la città, posta sotto quarantena dal Governo degli Stati Uniti d'America e in fase d'evacuazione controllata. La storia mima più o meno gli eventi di Resident Evil 2 e Resident Evil 3, seguendo però il tracciato posto in essere da Anderson, che troviamo alla sceneggiatura ma non alla regia, affidata ad Alexander Witt. Apocalypse si dimostra un film meno ispirato ma più spettacolare del suo predecessore, soprattutto con richiami più significativi alla controparte videoludica, considerando non solo la presenza di Nemesis ma anche degli Ashford, del perfido Dottor. Alexander Isaac (Iain Glenn) e dell'eroina Jill Valentine (Sienna Guillory).

Protagonista assoluta del racconto e centro della narrazione resta comunque la Alice della Jovovich, attrice che nella vita reale ha nel frattempo sposato proprio Anderson, divorziando per amore da Luc Besson. Al termine del film, Raccoon City viene distrutta da un ordigno nucleare e Alice catturata da Isaac e poi salvata da Jill, Angela Ashford e dal fidato Carlos Oliveira (una delle aggiunte inedite più importanti del franchise).

Il capitolo successivo, Resident Evil: Extinction, è ancora sceneggiato e prodotto da Anderson ma diretto da Russell Mulcahy. La storia tende ad allontanarsi nuovamente e sempre di più dai videogiochi, prendendo in verità una piega molto particolare al netto dell'introduzione di personaggi centrali come Claire Redfield (Ali Larter) e Albert Wesker. Il virus T ha ormai causato una Pandemia Globale e scopriamo come il sangue di Alice sia la chiave per fermare l'infezione, essendo lei portatrice sana. L'eroina nel corso dell'avventura tenterà di arrivare ai livelli inferiori di un altro laboratorio dell'Umbrella in quel di una Las Vegas ormai completamente divorata dalle sabbie del deserto, riuscendo a sconfiggere il Dottor. Isaac tramutatosi in Tyrant e a riunire sotto il suo comando un esercito di suoi stessi cloni, decisa a distruggere l'Umbrella una volta per tutte.

Sempre meno Resident Evil

Nel 2010, a distanza di 8 anni dal primo capitolo del franchise, Paul W.S. Anderson torna alla regia del quarto film della saga, Resident Evil: Afterlife, deciso a concludere la storia di Alice nel miglior modo possibile, secondo quello che è nelle sue corde. Il titolo è in effetti un concentrato di ritmo e azione che si muove veloce tra Tokyo, Alaska e Los Angeles, ma la storia e lo sviluppo narrativo - con plot twist annessi - lasciano ancora una volta a desiderare.

In Afterlife vediamo innanzitutto per la prima volta sul grande schermo il personaggio di Chris Redflied (Wentwort Miller), declassato a pericoloso prigioniero di un drappello di sopravvissuti rintanati in una palazzina di LA. Il quarto capitolo è anche importante per mostrare finalmente in azione Albert Wesker, ma al netto di un paio di sequenze spettacolari e qualche trovata divertente, siamo ancora di fronte a un prodotto che dello spirito di Resident Evil ha ben poco.

Gli ultimi due titoli della serie, Retribution e The Final Chapter, risultano essere i meno riusciti e significativi nello sfruttare nome e potenziale economico della ben più apprezzata controparte videoludica.

Retribution confonde eventi e personaggi: si combattono zombie di ogni tipo in ricostruzioni parziali ma perfette di città come Tokyo, Mosca, Los Angeles; vengono introdotti senza cognizione di causa figure cardine come Ada Wong o Leon Scott Kennedy, combattute le Plagas di Resident Evil 4 senza dare una reale spiegazione della loro presenza. Un'opera votata interamente al sensazionalismo, che sacrifica l'aspetto concettuale al mero tecnicismo, all'iperbole come unica via d'intrattenimento, priva d'elaborazione e ricerca, passione o rispetto. Al contempo, The Final Chapter appare come un susseguirsi azzardato di rimandi ai vecchi capitoli del franchise, un progetto che vorrebbe quasi suscitare nello spettatore l'effetto nostalgia per siglare la fine di un viaggio lungo 13 anni, senza però riuscirci, apparendo invece sproporzionato e pretestuoso soprattutto nel giustificare le soluzioni adottate nell'intreccio del racconto, tra i meno riusciti e i più esasperanti dell'intera filmografia andersoniana.

Alla fine, questo primo, lungo e corposo tentativo di adattamento di Resident Evil è riuscito a generare introiti fruttuosi e a realizzare solo parzialmente le aspettative di una fetta di fan e di audience innamorata del cinema di serie B; aspettative che sembrano però essere state soddisfatte dall'uscita del nuovo film, come scrivevamo nella nostra recensione di Resident Evil Welcome to Raccoon City, un reboot cinematografico più fedele ai videogame in cui i fan dell'IP Capcom hanno riposto sogni e speranze per un rilancio che possa dirsi definitivamente riuscito (vi basti leggere le somiglianze tra Welcome to Raccoon City e i videogiochi).

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