Speciale Rango - Conferenza Stampa

Il regista Gore Verbinski a Roma per presentare il suo Rango.

Speciale Rango - Conferenza Stampa
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Complesso, articolato ed estremamente affascinante: il regista Gore Verbinski è la personificazione biologica dei suoi lavori cinematografici, sempre posti su duplici livelli. Da un lato abbiamo un professionista del settore, attento ai lati commercializzabili dei propri prodotti e alla spettacolarità degli stessi; dall'altro un sottotesto suggestivo e intimista, volto ad analizzare la personalità umana nelle sue problematiche più comuni con metodi sempre originali. Proprio come in Rango (in uscita l'11 Marzo in 450 copie su distribuzione Universal Pictures), il film che lo stesso regista, accompagnato dalla giovane Abigail Breslin, ha presentato a Roma in questi giorni. Il passaggio dai mari dei Carabi all'arido West non è stato certo facile, ma i risultati non sembrano affatto male.

Dalla live action all'animazione

Dopo tanti disparati progetti, cosa l'ha portata alla decisione di realizzare un film d'animazione?
GV:
Personalmente non vedo l'animazione come un genere, più che altro come una tecnica che spesso usiamo anche quando giriamo in live action. Non si tratta solo di animazione generata dal computer. Fondamentalmente si trattava di una bella storia da raccontare e ci sembrava essere arrivato il momento di realizzare un cartoon.

Molto importante in questo film è la musica. Da dove viene il tema principale di Rango?
GV:
La musica è stata realizzata da alcuni miei vecchi amici che avevano scritto la canzone di Rango. Sono ex compagni di scuola che mi sono venuti in mente quando è sorta la necessità di dare un nome al nostro personaggio. Ho pensato a questa canzone che loro avevano scritto e ho chiesto di poterla usare per il mio film.

Il film mescola due mondi apparentemente opposti: quello attuale e quello del vecchio west. Quanto è stato difficile metterli insieme? E, nel processo creativo, hanno preso più il sopravvento i grandi dell'animazione o quelli del western?
GV:
Il film ci fa, in un certo senso, autoriflettere. Abbiamo i nostri protagonisti e il concetto dell'erore, ma più che altro Rango si crede un eroe. Non si tratta però del senso classico, come Omero, ma piuttosto al modo di Sergio Leone. Anche Priscilla si rende conto di essere entrata in un meccanismo di genere molto particolare. Sono tutti a loro modo degli eroi, ai quali Rango si adatta molto velocemente. Il mio film è una celebrazione a questo genere di linguaggio. È l'archetipo di un genere, anche grazie alla colonna sonora. Come si può rendere contemporaneo un genere così consolidato? Certamente è necessario essere innovativi e contemporanei nello stesso momento. L'influenza più interessante in questo lavoro è quella di Tex Avery. Quando si pensa alla sua animazione non vengono in mente i cartoni animati, ma il concetto di gioia, qualcosa di esilarante celebrato dai personaggi. Il genere western, invece, ha sempre avuto dei protagonisti che sembravano più personaggi secondari. E invece dietro ognuno di loro c'è qualcosa: non diciamo come il coniglio abbia perso l'orecchio, ma capiamo che dietro c'è davvero un vissuto.

Come si è trovata nei panni di Priscilla? In qualche modo le assomiglia?
AB:
Ho pensato si trattasse di un personaggio diverso. Non si tratta certo di una bellezza e l'ho interpretata come pensavo fosse. All'inizio si trattava di un personaggio anche piuttosto oscuro. Non si lasciava ben comprendere. È molto diversa da come sono io, ma sono riuscita a entrare nel personaggio, anche grazie all'accento meridionale. Si, Priscilla è una tipica meridionale, ma è anche molto affascinante.

Una delle cose più interessanti di Rango è il modo in cui è stato girato. Generalmente ci si chiude sepraratamente in sala di registrazione: voi invece avete recitato tutti insieme, come in una sorta di teatro, interagendo tra di voi. Recitare in questo modo, scorporandosi da se stessi, come cambia il mestiere? Cosa cambia tecnicamente nel dare l'emozione in questa maniera?
AB:
Effettivamente abbiamo recitato in maniera diversa dal solito e questo ci ha fatto sentire tutti parte del film, dell'azione. In qualche modo è stato più naturale recitare così. Vedevamo costa stavano facendo i nostri colleghi, come interagivano con il personaggio, il loro linguaggio del corpo. A un certo punto mi sono dimenticata che si trattasse di un film d'animazione.

Per essere un film d'intrattenimento, non crede ci siano un po' troppe citazioni dirette invece a un pubblico di cinefili con una memoria storica?
GV:
Si tratta di una lasagna, con tutti i suoi strati. È bello vedere i ragazzi che, pur non riconoscendo le citazioni, provano piacere nel vedere la pellicola, senza problemi esistenziali. Se poi siete cinefili, allora ci troverete qualcosa in più, anche un certo humor irriverente. Nella sala cinematografica ci sono diversi tipi di persone ed è interessante vedere come si celebra la narrazione da diverse prospettive. In più Rango è un camaleonte e un attore e penso che questo senso referenziale conduca molto lo spettatore nella storia.

L'aver avuto tutti gli attori contemporaneamente sul set ha migliorato l'animazione finale?
GV:
Più che altro è un prodotto dell'intero processo. Volevamo una colonna sonora molto vivace e troviamo il suo boom in ogni ripresa. Si tratta di creare un suono accattivante. Ci sono molti momenti importanti nell'animazione e io stesso guardo le riprese migliaia di volte. Averli fisicamente in live action ha permesso un'orchestrazione dei personaggi che sono poi stati realizzati nel loro insieme. In tre anni e mezzo di lavoro, i venti giorni di registrazione sono stati la vera performance artistica del film, per Abigail e per tutti gli altri che hanno collaborato. Si sono uniti tutti insieme ed è particolare vedere questi attori nelle loro performance e nelle loro emozioni.

Ritorno al vecchio west

Lei ha lavorato più volte con Johnny Depp, prima in live action e poi l'ha trasformato in cartoon, un po' come già fatto da Tim Burton prima di lei. Cosa c'è il lui che vi porta a desiderare di trasformalo in un personaggio animato?
GV:
Io e Johnny siamo amici e quindi è bello lavorare con un vecchio amico. Il regista e l'attore devono avere un rapporto e in questo caso si tratta di un rapporto singolare. Mi fa piacere lavorare con lui ed è divertente scoprire qualcosa di inaspettato in un attore. Sperimentare cose insieme diventa coraggioso. E poi si testano altre cose, per vedere se possono attrarre e sorprendere l'attore nel contempo. Queste sono le sfide che ci poniamo in quanto registi. Fin dall'inizio avevamo questo film su un camaleonte e, in tre anni e mezzo, il personaggio è stato forgiato in tutte le sue sfumature su Johnny, disegnato su misura per lui.

Si parla già di un futuro progetto tra voi due, un film su un ranger solitario...
GV:
Si, ma al momento siamo solo alle fasi preliminari. Stiamo ancora lavorando sulla sceneggiatura.

Nel film si vede questo simbolismo che riconduce a una ricerca interiore spirituale (l'acqua, il pesciolino): si tratta di una scelta casuale è tutto voluto?
GV:
Quando si realizza una storia, ci vuole un certo tempo per trovare il volante, le marce e mettersi in carreggiata. Anche nel western, con le creature del deserto, pian piano ci siamo resi conto che avevamo bisogno di un uomo senza nome. Ci serviva letteralmente un pesce fuor d'acqua e questo camaleonte doveva essere anche un attore, così da avere diverse sfaccettature e poter attraversare diverse fasi. È lui il nostro timone che ci conduce nella direzione giusta della storia. Si tratta certamente di una ricerca di identità ed è attorno a questo che abbiamo costruito l'intero film. molto dipende da quale viaggio esistenziale si vuole analizzare: può trattarsi dell'esilio o semplicemente della voglia di essere amato, dell'appartenere a qualcosa. Ci sono delle complessità tematiche, ma anche molto interesse.

Si potrebbe dire che Rango è uno dei primi film d'animazione in cui non c'è il desiderio di creare dei personaggi carini, cute. Per una giovane attrice che effetto fa essere mostrizzati in questo modo? Ti piace entrare in questo tipo di ruoli?
AB:
Veramente credo di non essere mai stata così bella! (ride) Questa è la cosa meravigliosa di questi personaggi. È vero, di solito si tratta di coniglietti, orsacchiotti... tutti animaletti molto carini. Io non ho mai pensato di fare un personaggio così brutto... ma loro sono buffi, bizzarri e hanno tutti un lato oscuro. Sono un po' ruvidi, ma in qualche modo anche loro sono molto dolci.

Ultimamente Roger Deakins si dedica molto alla consulenza per l'animazione. Che tipo di lavoro avete svolto insieme?
GV:
Sin dall'inizio del nostro progetto volevo dare la sensazione che fosse un complesso ben costruito e non ci fosse solo il camaleonte. Non volevamo dare questo approccio da preconcetto. Il nostro punto di vista è stato principalmente quello della live action, lavorando sulle luci, sulle riprese, sul suono. Abbiamo studiato insieme alla ILM tutte le possibilità che la live action offriva, e abbiamo spiegato loro trucchi e segreti della macchina da presa.

La mancanza d'acqua può essere vista anche come una metafora sulla crisi economica...
GV:
In realtà tutto nasce dalla necessità di avere una storia. Eravamo pur sempre all'interno di un film western e avevamo bisogno di una storia che funzionasse. Abbiamo pensato all'acqua come alla moneta sonante di questa città. Rango porta con sé, nel suo essere così donchisciottesco, il desiderio dell'acqua. Io sono un fan del western post-moderno, dove sparisce la figura del pistolero e l'eroe diventa il progresso. Mi piace esplorare tutti i genere, ma nel western è tutto molto essenziale e l'acqua si prestava al meglio per simboleggiare questa lotta alla corruzione e al potere, perché per il personaggio è un bisogno primario, qualcosa che gli viene sottratto. Ma il tutto è nato da un bisogno di storia.

Parla di animazione non come un mezzo. Lei ha attraversato diversi generi utilizzando diversi mezzi. E il 3D: è uno dei mezzi previsti tra i suoi progetti futuri?
GV:
Per Rango si è parlato anche del 3D a un certo punto e non mi sembrava che mancasse una dimensione al film. forse poteva essere no stratagemma per spendere di più e per richiedere più fondi, ma è stato deciso che non avremmo perso nulla non utilizzando gli occhialini. Forse in futuro. In questa cosa non ci è sembrato pertinente alla narrativa. Per me è più che altro un trucchetto, uno stratagemma. Credo che nell'intrattenimento attivo il segreto sia nello spostare la macchina da presa come se fosse un protagonista.

All'interno della sceneggiatura convivono da un lato elementi tipicamente cartooneschi, mentre dall'altro aspetti che non si notano spesso, come la morte. C'è molta morte... che i bambini non sono abituati a vedere. E se non sono morti, sono sfigurati. Come si conciliano questi due elementi opposti?
GV:
Questa è effettivamente l'assurdità. Capovolgere qualcosa e metterlo a testa sotto. Mi sembra un contrasto giusto. Non sono dell'idea che la performance cinematografica per bambini si debba adeguare in tutto e per tutto con la componente cartoonesca. La mamma di Bambi, il bambino che deve uccidere il suo cane: abbiamo spesso esperienze che possono creare un trauma nel bambino. Anche nelle storie dei fratelli Grimm si parla della sconfitta dell'eroe o della scomparsa. Io ero molto giovane quando guardavo i western, ma avevo l'impressione di essermi immerso in un mondo affascinante e un po' proibito. È bello vedere i ragazzi che reagiscono al film in un certo modo, a un mondo che è pertinente ai loro sogni. Credo sia adeguato trattare la vita e la morte in questa modalità assurda. Non è il Santo Graal: sono cose che sono attorno a noi, nel nostro mondo, e non è necessario che ci sia contrasto.

In qualità di spettatori, quali sono stati i cartoon della vostra infanzia?
AB:
Mi piacciono molto i film d'animazione. Amavo La Sirenetta: mi sembrava di essere Ariel, sognavo di essere lei. Credo che l'animazione abbia fatto molti progressi. Mi è piaciuto molto Fantasia, Toy Story 3, ho cominciato a vedere Rapunzel ma non sono riuscita a finirlo e non ricordo nemmeno perché. Citando un mio amico più grande, lui ha già ventiquattro anni, i film d'animazione sono quello che mantengono le persone giovani.
GV: Quando penso all'animazione mi vengono in mente gli anni Settanta. È affascinante e ha una logica un po' fantasiosa, da sogno. Vediamo lo contro della live action nell'animazione ed è un modo di andare oltre quel confine. Si può fare qualsiasi cosa: posso avere davanti a me un piatto di vongole e queste possono iniziare a psicoanalizzarmi, a interagire con me.

In Italia è da poco uscito Il Grinta, dei fratelli Coen. C'è una tendenza negli States nello riscoprire il western rivisitandolo e riadattandolo alla situazione odierna o è solo uno spunto come un altro?
GV:
Credo si tratti di una coincidenza interessante. Stiamo lavorando a Rango da tre anni e mezzo. Non so se siamo consapevoli l'uno dell'altro. Anche Star Wars secondo me può essere visto come un western e anche Pirati dei Carabi può esserlo. Ancora una volta viene proposto invece il Far West: la fame di spazio, un orizzonte semplice per ciascun individuo, la scelta ultima. Si può effettivamente raccontare una fiaba in maniera pulita nel deserto. Forse le nostre vite sono così piene, così complesse che abbiamo bisogno di questo. E poi la morte è il progredire e il progredire della morte che si avvicina al mondo occidentale. Quando abbiamo abbandonato la nostra individualità a favore del progresso e delle sviluppo siamo un po' morti. Guardando un western forse ognuno di noi torna un po' indietro, a quando tutto era più semplice.

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