Quando Hollywood è spietata: il caso George A. Romero

George A. Romero ha reinventato la figura dello zombie al cinema. Uno dei più grandi maestri dell'horror è stato però messo da parte. Perché?

Quando Hollywood è spietata: il caso George A. Romero
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Per quanto alle volte possa essere leggermente destabilizzante osservare nel dettaglio il modo in cui Hollywood ha trattato vari talenti del cinema, sia che fossero registi, attori e/o sceneggiatori, fa sempre male constatare come uno dei più grandi maestri dell'horror cinematografico sia di fatto stato dimenticato durante l'ultima parte della sua carriera.
Quello che forse più colpisce riguardo il caso di George A. Romero è l'influenza che l'artista ha avuto per un intero genere, l'horror, rielaborando la figura dello zombie in una maniera mai fatta fino a quel momento. Eppure non ha trovato spazio in produzioni filmiche recenti.
Nonostante il creativo sia riuscito a spaziare anche in altri generi con risultati assolutamente soddisfacenti, basti pensare a film come Knightriders - I cavalieri, George A. Romero rimane indissolubilmente legato alla sua trilogia per eccellenza, quella di La notte dei morti viventi, Zombi e Il giorno degli zombie.
In questo speciale proveremo così a elencare gli elementi maggiormente d'impatto dei tre film e dei motivi per i quali un autore di tale portata sia stato di fatto accantonato dall'industria hollywoodiana.

Morti che camminano

Il primo film della trilogia, datato 1968, non perde tempo nel trascinarci nel vivo della storia, mostrandoci in un primo momento due fratelli che, recatisi in un cimitero per far visita al defunto padre, si ritrovano attaccati da una strana creatura che non riescono a identificare.
Barbra, una delle protagoniste, vede così suo fratello morire ucciso proprio dalla creatura che li ha sorpresi nel cimitero: l'unica cosa che la ragazza può fare è cercare di mettersi in salvo, trovando rifugio in una casa isolata dove non sembra esserci nessuno.
L'opera, che nei primi minuti si focalizza proprio sul personaggio di Barbra, muta nel corso del tempo avvicinandosi sempre di più a un'impostazione corale, con il personaggio di Ben a irrompere nella scena per far fronte a una minaccia fin lì solo immaginabile negli incubi più terrorizzanti: i morti sono tornati a vivere.
Romero, attraverso un singolo film, è riuscito a modernizzare l'intero genere horror, grazie all'intuizione sul concetto dei morti che camminano, non più esclusivamente legati a influenze di tipo magico/esoterico, approcciandosi invece al genere provando a dare un altro tipo di spiegazione.

Nel film infatti viene più volte fatto riferimento a una fantomatica sonda spaziale le cui radiazioni avrebbero portato i morti a tornare in vita, seppur in realtà le reali cause del disastro rimangano non del tutto chiare.
L'unica cosa certa è che i morti, affamati di carne umana, hanno iniziato all'improvviso a riversarsi nelle strade, provocando una serie di disastri che hanno spinto l'intera umanità a reagire di conseguenza.
Seppur proprio con i film successivi il concetto stesso di apocalisse zombie sia stato decodificato a livello mainstream, proprio con La notte dei morti viventi si è in realtà posta la prima pietra per questo specifico tipo di immaginario, mostrando un'umanità sì sull'orlo del baratro ma non ancora completamente sopraffatta dai morti viventi.
Il primo film risulta un grande capolavoro non solo per l'idea alla base degli zombie moderni (intuizione poi ripresa in innumerevoli opere successive con protagoniste le mostruose creature, fra cui la celebre saga di videogame Resident Evil) ma anche per la cura riposta da Romero nelle dinamiche personali tra i vari personaggi.
La componente profondamente umana, legata in primis alla natura spesso violenta e intransigente delle persone poste in una situazione di rischio, è un altro dei punti cardine dell'autore.

In Zombi (Dawn of the Dead), secondo capitolo della trilogia, vediamo l'intero universo dell'autore espandersi, cementificando nell'immaginario pop collettivo l'idea di apocalisse zombie, con i morti viventi ormai in grado di spadroneggiare ovunque.
Nel sequel è riproposta la formula della prima opera, cioè un gruppo di personaggi che tenta in ogni modo di sopravvivere, cambiando però la location da una casa di campagna a un supermercato, luogo capace ancora di più che in passato di prestarsi alla critica sociale di Romero fatta al vivere quotidiano, in special modo schierandosi apertamente contro il consumismo sfrenato.
L'opera è ancora una volta gestita in maniera ottimale sotto tutti i punti di vista, capace anche grazie alle scene splatter in cui vediamo gli zombie divorare avidamente carne umana (marchio di fabbrica del primo capitolo ma anche dei successivi) di destabilizzare in maniera soddisfacente lo spettatore.
Il clima in cui infatti sono immersi i personaggi di Romero risulta sempre disperato, privo di qualsivoglia forma di speranza, quasi come se il destino di tutti fosse in realtà già segnato da tempo.

In Il giorno degli zombie si verifica un'ulteriore evoluzione della figura degli stessi, immettendo di prepotenza nel calderone la variabile legata alla coscienza dei non morti, intesi ora (anche se forse Romero non l'ha mai fatto) non come semplici esseri divoratori di carne umana ma come una sorta di mutazione degli umani.
Il terzo film, al pari dei suoi predecessori, non risulta così un semplice more of the same ma un vero e proprio capitolo conclusivo di una tra le trilogie cinematografiche meglio concepite della storia del cinema, a cui sono seguiti anche La terra dei morti viventi, Le cronache dei morti viventi e Survival of the Dead.

Un orrore sociologico

La grande ferocia con cui Romero ha deciso di scagliarsi contro alcune storture della nostra società ha letteralmente fatto scuola all'interno del mondo del cinema di genere.
Gli zombie si sono così tramutati in una vera e propria critica alla collettività, mostrati nella loro forma più implacabile, un'orda senza emozioni mossa esclusivamente da una forza atavica, forse ancestrale, probabilmente generata da tecnologie umane o semplicemente dal caso, in cui il singolo è sì pericoloso ma comunque arginabile, mentre l'orda no.
Lo sciame di creature mostruose diviene così una sorta di specchio deformato dell'intera collettività umana, troppo impegnata nel dibattere sulle cause del disastro per riuscire a trovare la forza di arginarlo in maniera definitiva.
Gli zombie diventiamo quindi noi, schiavi delle nostre ideologie talvolta estremiste in grado di sfociare nel razzismo e in qualsiasi altra forma d'intolleranza, rendendoci di fatto incapaci di pensare.
Nonostante comunque l'idea di massa implacabile e senza pensieri sia proprio caratteristica degli zombie (difficilmente infatti altre creature mostruose come i vampiri o i lupi mannari hanno trovato la loro cifra caratteristica nel concetto legato alla componenete numerica), è nell'aspetto sociale che i film di Romero trovano un'altra grande forza intrinseca. L'autore infatti descrive un'umanità allo sbando, peggiore degli stessi mostri che combatte.
Sarà infatti proprio il confronto tra i personaggi umani presenti ne La notte dei morti viventi a generare un'escalation di tensione a cui la minaccia zombie va semplicemente ad aggiungersi, senza contare il tragico finale, amaro e senza speranza.

Allo stesso modo, nel sequel, sono i numerosi criminali che irrompono in scena da un certo punto in poi a distruggere la stabilità (per quanto precaria) ottenuta dai protagonisti nel sopravvivere agli zombie, senza contare l'enorme critica al consumismo che viene fatta durante tutto il film, in cui lo stesso supermercato diviene una vera e propria prigione da cui risulta sempre più difficile uscire.
Ancora una volta, nel terzo film, sono gli esseri umani a mostrare i lati più crudeli e bestiali, con la figura dello zombie che qui viene addirittura fatta evolvere e, in uno specifico caso, ammantata quasi di un ruolo positivo.
Impossibile quindi parlare di Romero senza trattare della sua componente sociale per comprendere in realtà come proprio questa sua attitudine nel descrivere le storture del quotidiano lo abbia di fatto allontanato dalle dinamiche hollywoodiane soprattutto a fine carriera.
Da sempre un autore controcorrente, gli studios hanno evidentemente fatto fatica a investire milioni di dollari per produrre film di zombie non solo splatter, ma anche fortemente ancorati a una dimensione legata alla critica sociale.
Questa attitudine dei grandi studios nel ricercare la spettacolarità (a volte fine a se stessa), ha inevitabilmente portato Romero a cercare altre strade rispetto alle dimensioni maggiormente mainstream del mercato per realizzare i suoi film.

Non è infatti un caso che film come il remake diretto da Zack Snider, L'alba dei morti viventi o il World War Z di Marc Forster non siano riusciti a recuperare quella componente sociale tanto cara a Romero.
Il problema forse più grande è che l'intero genere horror recente ha fatto fatica a sfruttare le creature orrorifiche per puntare il dito contro le numerose storture del vivere quotidiano, particolare che ha portato lo stesso compianto Romero a sparire dalle scene filmiche con Survival of the Dead, datato 2009.
Le dinamiche di mercato che hanno così toccato anche uno dei più grandi maestri dell'horror non possono, purtroppo, che gettare nuovamente una luce tutt'altro che idilliaca sul modus operandi dell'intera industria hollywoodiana, che proprio con il caso Romero ha toccato forse uno dei punti più bassi di sempre.
La speranza rimane quella, in un futuro non troppo lontano, di trovare qualche produttore illuminato capace di investire, anche alte somme, su film horror a tema zombie (ma ovviamente non solo) capaci sì di spaventare e sconvolgere mediante lo splatter, ma allo stesso modo di colpire lo spettatore attraverso l'arma della critica sociale, così da spingere le platee di utenti a sviluppare, oggi più che mai, un proprio stratificato spirito di ragionamento.

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