Il 14 ottobre 1994 usciva nelle sale statunitensi Pulp Fiction, un film destinato a incontrare in egual misura amore e odio da parte del pubblico, ingrossando quindi le fila degli affezionati al cinema di Quentin Tarantino, così come dei suoi detrattori. Tuttavia, sul (doppio) piano della forma-contenuto, Pulp Fiction, ancor più che Le iene, ha contribuito a ringiovanire un linguaggio cinematografico che dagli anni Sessanta in poi aveva visto nella citazione - diretta o indiretta - il modo per rimodulare i codici del genere di riferimento. Che si trattasse di una commedia, di un gangster, o di un thriller, il postmodernismo cinematografico aveva ormai, per sua stessa natura, contaminato ogni registro narrativo, grazie alla proverbiale rivoluzione apportata dai "profeti" della Nouvelle Vogue.
Genesi di un cult
La sequenza presa in esame è quella celebre del dialogo tra Jules Winnfield e Vincent Vega, in cui i due discutono se un massaggio ai piedi fatto a una donna sposata equivalga oppure no a un effettivo tradimento. Il caso è presentato da Jules in riferimento al comportamento del suo boss, Marcellus Wallace, e sottintende certamente un timore del killer verso l'irrazionalità esagerata del proprio capo, salvo poi scoprire che il collega Vincent non lo trova poi così impulsivo come sembrerebbe. "Now look, maybe your method of massage defers from mine. Touching his wife's feet and sticking your tongue in the holiest of holies ain't the same fuckin' ballpark. It ain't the same league, it ain't even the same fuckin' sport. Foot massages don't mean shit."
Tornando al postmodernismo cinematografico, in relazione alla sopracitata sequenza, Quentin Tarantino non fa altro che delineare due figure stereotipate come possono esserle quelle di due semplici killer-scagnozzi e dotarli di un'umanità quotidiana (nonostante il dialogo faccia più volte riferimento a un'esecuzione) che riempie questi stereotipi e li rende tridimensionali. Per intenderci, lo schema rimane fisso (rapina, esecuzione), ma la cornice è molto più variopinta (chiacchiere, prediche, dibattiti); i personaggi sono palesemente falsi, ma i loro dialoghi - che dalla semplice forma aneddotica diventano un vero e proprio ragionamento - trasudano verità. Un binomio che si ripresenterà in quasi tutte le macro-sequenze del film: dal dialogo tra Marcellus Wallace e Butch alla "situazione Bonnie", con gli stessi due killer alle prese con il personaggio normale di Jimmy, che ha il volto dello stesso Tarantino, ma in cui l'unico fantasma di realtà è rappresentato proprio dalla Bonnie del titolo (mai in campo).
"I ain't saying it's right. But you're saying a foot massage don't mean nothing, and I'm saying it does. Now, look, I've given a million ladies a million foot massages, and they all meant something. We act like they don't, but they do, and that's what's so fucking cool about them. There's a sensuous thing going on where you don't talk about it, but you know it, she knows it, fucking Marsellus knew it, and Antoine should have fucking better known better. I mean, that's his fucking wife, man. He ain't gonna have no sense of humor about that shit. You know what I'm saying?"
Lo fa per rendere credibile una realtà che ha tutti gli elementi per essere rifiutata dal pubblico, una realtà in cui un elemento cardine come quello della morte è affrontato con una naturalezza sconcertante (e spesso scambiata per violenza proprio a causa di questa molla impazzita). Sempre nella sequenza presa in analisi, Tarantino si diverte con le aspettative del proprio pubblico: facendo fare a Jules l'avvocato del diavolo, si penserà che il suo personaggio sia il più calmo e razionale, quando invece nella sequenza successiva sarà lui l'esecutore che utilizzerà in maniera teatrale la fittizia citazione di Ezechiele 25:17 per eliminare il proprio obiettivo; e sarà ancora lui ad indicare la provvidenza divina come responsabile della loro miracolosa sopravvivenza subito dopo. Questo, ci dice Tarantino, non esclude che nelle scelte di vita quotidiana l'assassino che ci troviamo di fronte non possa operare spinto da una moralità condivisibile dalla stragrande maggioranza del pubblico. Per trovarlo, a loro volta, esilarante. Quella presa in esame è solo una delle innumerevoli sequenze che hanno fatto la storia del cinema e che ci proporremo di affrontare spesso d'ora in avanti. Se siete arrivati fin qui e vi è piaciuto quanto letto finora, non esitate a dichiarare la vostra sequenza preferita di sempre nei commenti e magari, un giorno, parleremo proprio di quella.
Pulp Fiction e il massaggio ai piedi: come nasce una scena cult
Una semplice scena, il dialogo affiatato tra due killer, che però ci dice già tutto sul cinema di Tarantino e sul post-modernismo cinematografico.
Il 14 ottobre 1994 usciva nelle sale statunitensi Pulp Fiction, un film destinato a incontrare in egual misura amore e odio da parte del pubblico, ingrossando quindi le fila degli affezionati al cinema di Quentin Tarantino, così come dei suoi detrattori. Tuttavia, sul (doppio) piano della forma-contenuto, Pulp Fiction, ancor più che Le iene, ha contribuito a ringiovanire un linguaggio cinematografico che dagli anni Sessanta in poi aveva visto nella citazione - diretta o indiretta - il modo per rimodulare i codici del genere di riferimento.
Che si trattasse di una commedia, di un gangster, o di un thriller, il postmodernismo cinematografico aveva ormai, per sua stessa natura, contaminato ogni registro narrativo, grazie alla proverbiale rivoluzione apportata dai "profeti" della Nouvelle Vogue.
Genesi di un cult
La sequenza presa in esame è quella celebre del dialogo tra Jules Winnfield e Vincent Vega, in cui i due discutono se un massaggio ai piedi fatto a una donna sposata equivalga oppure no a un effettivo tradimento. Il caso è presentato da Jules in riferimento al comportamento del suo boss, Marcellus Wallace, e sottintende certamente un timore del killer verso l'irrazionalità esagerata del proprio capo, salvo poi scoprire che il collega Vincent non lo trova poi così impulsivo come sembrerebbe.
"Now look, maybe your method of massage defers from mine. Touching his wife's feet and sticking your tongue in the holiest of holies ain't the same fuckin' ballpark. It ain't the same league, it ain't even the same fuckin' sport. Foot massages don't mean shit."
Tornando al postmodernismo cinematografico, in relazione alla sopracitata sequenza, Quentin Tarantino non fa altro che delineare due figure stereotipate come possono esserle quelle di due semplici killer-scagnozzi e dotarli di un'umanità quotidiana (nonostante il dialogo faccia più volte riferimento a un'esecuzione) che riempie questi stereotipi e li rende tridimensionali. Per intenderci, lo schema rimane fisso (rapina, esecuzione), ma la cornice è molto più variopinta (chiacchiere, prediche, dibattiti); i personaggi sono palesemente falsi, ma i loro dialoghi - che dalla semplice forma aneddotica diventano un vero e proprio ragionamento - trasudano verità. Un binomio che si ripresenterà in quasi tutte le macro-sequenze del film: dal dialogo tra Marcellus Wallace e Butch alla "situazione Bonnie", con gli stessi due killer alle prese con il personaggio normale di Jimmy, che ha il volto dello stesso Tarantino, ma in cui l'unico fantasma di realtà è rappresentato proprio dalla Bonnie del titolo (mai in campo).
"I ain't saying it's right. But you're saying a foot massage don't mean nothing, and I'm saying it does. Now, look, I've given a million ladies a million foot massages, and they all meant something. We act like they don't, but they do, and that's what's so fucking cool about them. There's a sensuous thing going on where you don't talk about it, but you know it, she knows it, fucking Marsellus knew it, and Antoine should have fucking better known better. I mean, that's his fucking wife, man. He ain't gonna have no sense of humor about that shit. You know what I'm saying?"
Lo fa per rendere credibile una realtà che ha tutti gli elementi per essere rifiutata dal pubblico, una realtà in cui un elemento cardine come quello della morte è affrontato con una naturalezza sconcertante (e spesso scambiata per violenza proprio a causa di questa molla impazzita). Sempre nella sequenza presa in analisi, Tarantino si diverte con le aspettative del proprio pubblico: facendo fare a Jules l'avvocato del diavolo, si penserà che il suo personaggio sia il più calmo e razionale, quando invece nella sequenza successiva sarà lui l'esecutore che utilizzerà in maniera teatrale la fittizia citazione di Ezechiele 25:17 per eliminare il proprio obiettivo; e sarà ancora lui ad indicare la provvidenza divina come responsabile della loro miracolosa sopravvivenza subito dopo.
Questo, ci dice Tarantino, non esclude che nelle scelte di vita quotidiana l'assassino che ci troviamo di fronte non possa operare spinto da una moralità condivisibile dalla stragrande maggioranza del pubblico. Per trovarlo, a loro volta, esilarante.
Quella presa in esame è solo una delle innumerevoli sequenze che hanno fatto la storia del cinema e che ci proporremo di affrontare spesso d'ora in avanti. Se siete arrivati fin qui e vi è piaciuto quanto letto finora, non esitate a dichiarare la vostra sequenza preferita di sempre nei commenti e magari, un giorno, parleremo proprio di quella.
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