Old, la recensione del nuovo film di M. Night Shyamalan

Il visionario regista di Split e The Village torna in sala con un racconto assurdo e inquietante sul tempo e sulla morte, non sempre centrando il tiro.

Old, la recensione del nuovo film di M. Night Shyamalan
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Quelli di M. Night Shyamalan non sono film ma "trip", dei viaggi concettuali assurdi, tortuosi, fuori dalla realtà; un po' come quelli di Spike Lee sono "joint", degli spinelli cinematografici da condividere in sala. Per quest'ultimo Old, poi, non poteva esistere termine migliore di trip, inteso comunque anche come viaggio vero e proprio, anzi, una vacanza. È infatti così che inizia la storia dell'ultima fatica del regista di Glass e The Village, con una famiglia composta da padre, madre e due bambini che si recano in un fantastico resort sperduto nel verde di una non meglio specificata località esotica. È tutto meraviglioso e accattivante nonostante Guy (Gael Garcia Bernal) e Prisca (Vicky Krieps) sembrino voler nascondere qualcosa ai due figli, Trent e Maddox.

Un giorno, insieme ad altri ospiti della struttura, la famiglia si convince a raggiungere una spiaggia isolata circondata da stupendi scogli naturali, ed è proprio qui che le cose si fanno "shyamalaiane", dato che sembra che il tempo, in questo luogo, subisca qualche strano effetto, lasciando invecchiare tutti più velocemente del previsto. In preda al panico e alla voglia di sopravvivere, tutti i presenti tenteranno in ogni modo possibile di capire cosa stia realmente accadendo su quella spiaggia, cercando di scappare e lottare contro il ticchettio dell'orologio, sia fisicamente che mentalmente, in uno scenario angosciante all'interno del quale le loro vite si sfaldano letteralmente tra le mani come delicati castelli di sabbia.

Un paradiso infernale

Castello di Sabbia è anche il titolo della graphic novel francese da cui Old è tratto, scritta e disegnata da Pierre-Oscar Levy e da Frederick Peeters. Al netto di alcuni accorgimenti e di sostanziali modifiche al tessuto dell'intreccio, reso da Shyamalan più vicino alle sue corde e meno "metafisico" rispetto al fumetto, il film si può tranquillamente definire un adattamento cinematografico dell'opera, condividendo con la stessa un meccanismo narrativo identico e situazioni in pratica trasposte page to screen.

Gli artifici ideati dall'autore in fase di scrittura sono comunque essenziali per la curiosità di chi conosce bene il fumetto, andando a creare un importante discostamento dal percorso originale soprattutto in fase conclusiva, che come in ogni opera di Shyamalan risulta l'atto della risoluzione.
Quello che riesce sempre a sorprendere del regista è la sua innata capacità di lavorare per sottrazione, cioè sfruttando pochi espedienti artificiosi. Nonostante sia ambientato in un paradiso verde e rigoglioso, Shyamalan chiude i suoi protagonisti nell'unico angolo infernale del luogo, negandogli troppi spostamenti e azioni esagerate e impalcando il tutto quasi fosse una pièce teatrale, seguendoli da vicino con primi piani, riprese alle spalle e movimenti di macchina attenti e virtuosi che vogliono stringere e descrivere le loro angosce.
Un film che si fa quasi snervante, a più riprese, perché dilata spesso e volentieri il tempo "della sorpresa" (quando crescono i bambini) sfruttando obiettivi sfocati e close up che hanno il solo scopo di ritardare una risposta che in verità conosciamo già. Non lo fa per noi, comunque, ma per mantenere vivo l'effetto sbalordito dei personaggi davanti a qualcosa che non riescono a capire, creando effettivamente inquietudine e tensione. Tutto è comunque giocato per dare risalto alle interpretazioni del cast e alle relazioni (e alle reazioni) dei protagonisti, ognuno lì per una ragione, tutti diversi e con caratteri anche dissimili.

Old è un po' Il Signore delle Mosche dell'autore di Split ma con un obiettivo differente, anche se pure nell'opera di Shyamalan riesce a emergere la barbarie dell'uomo, emozioni primitive che maturano e invecchiano però velocemente proprio come i corpi dei poveri malcapitati, in un continuo susseguirsi di paura, violenza, riflessione e azione che si fa purtroppo lungo e quasi ciclico.

La visione della regia riesce solo in parte a mascherare la ripetitività degli eventi, che spalmati lungo 1 ora e 55 minuti di durata non riescono sempre a tenere vivo e acceso il barlume di suspense e curiosità del pubblico. È un po' prerogativa del cinema shyamalaiano, comunque, questa prolissi narrativa e cinematografica che tenta in ogni modo di estendere quanto più possibile situazioni e sequenze in realtà banalmente più brevi, e dunque suo marchio di fabbrica, una firma d'autore chiara e autentica quasi consapevole di essere più vizio che virtù, soprattutto se sfruttata in un titolo come Old.

Come dicevamo, il film trova il suo "cappello" nella conclusione, dove esplode in tutta la sua veemenza l'ingegno del regista e il lungometraggio si fa terribilmente attuale e spietato, una lettura cinica e sicuramente divisiva sulle necessità esistenziali dell'Uomo e sul valore della vita, spiazzante e addirittura sarcastico. Non ci fosse stata, Old non sarebbe effettivamente stato ciò che è, esattamente come accaduto in passato per il bellissimo The Village, The Visit, Signs e praticamente quasi ogni altro titolo di M. Night Shyamalan. Il fatto è che non basta questo a premiare in toto e a testa bassa un film che pecca formalmente in ritmo e dialoghi e la cui struttura è retta quasi interamente dalla necessità di chiudere la visione per avere la chiave di volta della storia. L'inquietudine scema infatti velocemente a metà durata e si vanno ad affastellare uno su l'altro siparietti interpretativi che sanno spesso di grottesco senza però avere sempre il gusto di essere grotteschi in modo corretto. Ed è paradossale dirlo, ma Old invecchia velocemente davanti ai nostri occhi quasi fosse un'intenzione diegetica al senso stesso del racconto, regalandoci fugaci emozioni e repentini sprazzi di stile che non bastano però a salvare un corpo avviato troppo celermente verso la fine. Che poi secondo molti è il modo di morire a definire chi si è stati in vita, e guardando al suo cinema e soprattutto a questo ultimo lavoro, sembra proprio che Shyamalan condivida senza esitazioni questa massima.

Old Old è l'ennesimo "trip" cinematografico di M. Night Shyamalan, dove è però la sua consapevole firma d'autore a viziare più che valorizzare l'intero arco narrativo della vicenda. È un film in cui ogni singola sensazione o emozione che l'autore è in grado di creare o suscitare con la sua attenta regia (ovviamente sfruttando anche il cast corale composto tra gli altri da Vicky Krieps e Gael Garcia Bernal) invecchia troppo velocemente come i corpi dei protagonisti, creando un effetto ridondante per cui le situazioni messe in scena risultano alla lunga sfiancanti e ripetitive. È certamente la conclusione a dare la chiave di volta della storia, a far esplodere tematiche attuali anche care al regista che spiazzano, dividono e sanno infiltrarsi a dovere nei meandri della coscienza del pubblico. È in pratica la morte, intesa come fine, a definire la vita del film, che qui non è però sufficiente a giustificare in toto mancanze o prolissi formali dello stesso, in definitiva buono ma resistente come il castello di sabbia che dà il titolo alla graphic novel a cui è ispirato.

6.5

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