Nope vs Scappa vs Noi: è il miglior film di Jordan Peele?

L'ultimo sforzo del regista americano ci ha regalato sicuramente la sua pellicola più spettacolare, ma è molto diversa dalle due precedenti.

Nope vs Scappa vs Noi: è il miglior film di Jordan Peele?
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L'abbiamo atteso con educata pazienza il terzo film di Jordan Peele, osservandone le forme confusionarie che si palesavano attraverso indiscrezioni, trailer e locandine, tenendo lo sguardo fisso su quella stramba nuvola fissa nel cielo che trasmetteva emozioni contrastanti. Dopo il folgorante esordio di Scappa - Get Out, vincitore di un premio Oscar per la migliore sceneggiatura , e la solidissima conferma di Us - Noi, le aspettative verso l'ennesimo bis di originalità e critica sociale erano altissime e, come potete leggere nella recensione di Nope, possiamo infine ritenerle soddisfatte.

L'attacco alieno al ranch di Daniel Kaluyya e Keke Palmer tiene gli occhi del pubblico incollati al grande schermo con una storia dal ritmo sostenuto, spinto da un abbrivio fortemente hollywoodiano che si palesa come una nuova freccia nella faretra del giovane regista americano, il quale costruisce in questo modo un film lontano dalle atmosfere horror e più affine all'azione, ma sempre pregno di una critica sociale che si dimostra inscindibile dalla storia raccontata in superficie.

Il pericolo della professione

Non è affatto un mistero che il successo commerciale e di critica incassato dalle due pellicole precedenti di Peele sia da ricercare nella durissima denuncia che si manifesta come colonna fondamentale delle opere, perché la critica mossa alle istituzioni e ai difetti storici della popolazione americana non è mai subdola o silenziosa nei lavori dell'ex comico, ma viene urlata a pieni polmoni da una trama che viene esaltata proprio dal sottotesto politico e sociale.

Non fa eccezione questo terzo film, in cui il disgusto verso la costante spettacolarizzazione che spoglia ogni evento del suo significato, facendolo diventare una squallida messinscena da dare in pasto alle masse, si affianca alle manie fondamentali della stessa arte cinematografica creando un dittico difficile da sbrogliare. A differenza dei due film precedenti, però, questa volta Peele non si pone nella posizione di chi conosce la differenza tra giusto e sbagliato, perché in quanto regista è egli stesso fautore di quelle modalità demonizzate nella pellicola: il cineasta abbraccia quindi la sua condizione di "carnefice" per regalare allo spettatore in sala una pellicola strabordante di azione, velocissima sul piano del ritmo e abbacinante su quello visivo, un vero e proprio blockbuster hollywoodiano che utilizza lo spettacolo per denunciare lo spettacolo, un rumorosissimo campanello d'allarme che risuona dalla macchina da presa alla persona consapevole di cosa sta accadendo sullo schermo.

Un messaggio universale

Non è solo una critica alle mega produzioni americane quella che Nope dipinge su pellicola, ma anche una bacchettata per tutti coloro che sono assuefatti alle loro piccole macchina da presa.

La smania di condivisione ha trovato un validissimo alleato nei social network, i quali spingono ogni singolo utente a ricercare i suoi proverbiali cinque minuti di fama inquadrando costantemente la realtà che lo circonda, registrando qualsiasi cosa stia accadendo non solo a se stesso, ma anche a chi gli sta intorno. Violenze, calamità e drammi personali vengono trasmessi di continuo su internet come in televisione, alimentando quella morbosa e malsana voglia di "guardare" che Peele denuncia con Nope, un film che si dimostra in questo senso diretto all'intera platea in quanto portatore di un messaggio universale. Il regista si slega quindi dal contesto decisamente afroamericano che aveva fatto brillare le sue opere precedenti - trovate qui l'analisi del cinema di Jordan Peele - per muovere una critica più generale, ma non per questo meno sentita o importante. Questo cambio di paradigma si riflette in una modalità di rappresentazione che si distacca dalle tonalità del thriller-horror per trovare la sua essenza nell'action movie, creando in questo modo un'opera molto diversa dalle due precedenti, ma allo stesso modo legata profondamente ad esse dal medesimo utilizzo del formato cinematografico.

La scelta tra quale delle tre pellicole sia la migliore, in quanto a stile o formalità, non può che ricollegarsi alla sintonia del tutto personale che risuona nel messaggio lanciato da Peele, proprio perché il sottotesto sociale è inscindibile dalla riuscita complessiva dell'opera. In maniera del tutto oggettiva bisogna però ammettere che, ancora una volta, il regista si dimostra un esperto creatore di mondi immaginifici che rimangono a lungo nella mente dello spettatore, in veste di sobillatore e fomentatore di riflessioni indispensabili per la socialità umana: si può dunque considerare decisamente riuscito questo spettacolo che denuncia tutti e anche se stesso, perché Peele ci ha costretti di nuovo ad analizzare situazioni importantissime rimaste troppo a lungo sottotraccia.

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